Archivio mensile:gennaio 2013

Chi finanzia la stampa antisemita? Analisi di un articolo

Chi finanzia la stampa antisemita? Analizziamo un articolo pubblicato dalla rivista Palestinese Ma’an News (MNA), finanziata dal Fondo Europeo, per scoprire come gli antichi stereotipi antisemiti, lungi dall’essere tramontati sono invece ancora intatti, vivi e vegeti. L’articolo scritto da Sawsan Najib Abd Al-Halim appare sul sito web Ma’an, e descrive gli ebrei come “la radice del conflitto nel mondo,” maledetti da Allah, e “fuori casta in ogni angolo della terra.”  Palestinian Media Watch ha documentato come la demonizzazione degli ebrei e degli israeliani è stata parte integrante dell’ideologia PA per anni.

L’articolo su Ma’an “spiega” che gli ebrei sono ostili, sono il male, brutali, complottisti e astuti e che “Allah ha decretato” che gli ebrei siano destinati ad essere “umiliati”. Alcuni dei donatori a Ma’an Network: La Commissione Europea, UNDP, UNESCO, il governo della Danimarca,il governo dei Paesi Bassi e UKaid.  Ma’an News Agency è “parte integrante della rete Ma’an”, ed  “è stato lanciato con generosi finanziamenti dalla Rappresentanza danese all’Autorità palestinese.

“Mai scoraggiato nella sua missione di trasmettere la verità”, dice uno slogan tra quelli che compaiono sul sito Ma’an. L’articolo sul sito antisemita Ma’an esprime disprezzo per gli ebrei, definendoli “figli della morte”, “troppo codardi per affrontare un nemico faccia a faccia” e “preda di timore e tremore” se ” le loro fortezze” vengono violate, e descrive come ” i loro cuori si riempiono di orrore” se “un missile cade” o “un proiettile passa sopra di loro.” Questo perché:

“Allah ha colpito la paura nei loro cuori e ha decretato l’umiliazione e la degradazione su di loro fino al giorno del giudizio.”

Esempio di demonizzazione

Gli Ebrei causano “conflitti e complotti in tutto il mondo ovunque sono.” L’articolo sostiene che per questo “sono stati emarginati in ogni angolo della terra, e non una nazione in tutto il mondo li rispetta.” Di conseguenza, “la vita degli ebrei è sempre stata guerra e lotta.”  Tuttavia, “a causa della ostilità e del male crescenti nei loro cuori e per i loro piani e complotti contro le nazioni,” gli ebrei “sono stati sconfitti nel corso dei secoli e si sentono inferiori nelle nazioni e nelle società in cui vivono”, spiega l’articolista. Queste nazioni, afferma: “Sanno con certezza che gli ebrei sono la radice dei conflitti nel mondo, ovunque siano.”

L’articolo si conclude con lo slogan di Fatah: “Rivoluzione fino alla vittoria”. Gli editori di Ma’an non si sono dissociati dal contenuto di questo articolo antisemita in alcun modo. L’ articolo è apparso sul sito in arabo di Ma’an e non sul ​​suo sito in inglese. E’ stato pubblicato il 18 novembre 2012 ed è ancora lì. Questo è quanto  la Comunità Europea finanzia con i contributi di tutti i cittadini.

Le mappe bugiarde

 

Questa serie di cartine l’ho trovata in ogni pagina e sito di propaganda pro-palestinese. Dovrebbe “dimostrare” quanto territorio “palestinese” Israele ha fagocitato nel corso degli anni. In realtà queste cartine sono una BUGIA.  E proprio partendo dalla prima a sinistra.

Presumendo che le sezioni bianche siano state davvero terre di proprietà privata di ebrei, la terra in verde non è stata mai proprietà privata di di arabi. Solo una piccola percentuale di terra, in Palestina, era di proprietà privata. Le varie categorie di proprietà della terra includono:

– Mulk: proprietà privata nel senso occidentale.

– Miri: Terreno di proprietà del governo (in origine della corona ottomana) e adatto per uso agricolo. E’ possibile l’acquisto di un atto che autorizza a coltivare questa terra e pagarne la decima al governo. La proprietà può essere trasferita solo con l’approvazione dello Stato. I diritti delle terre che ricadono nella tipologia Miri possono essere trasferiti agli eredi, e la terra puo’ essere sub-locata a inquilini. Se il proprietario è morto senza un erede o il terreno non è stato coltivato per tre anni, la terra torna allo Stato.

– Mahlul: terre incolte della tipologia Miri, che ritornano allo Stato, in teoria, dopo tre anni.

– Mawat (o Mewat): la cosiddetta terra ”morta”, che nessuno, cioè, ha reclamato. Essa costituiva circa il 50/ 60% della terra in Palestina. Apparteneva al governo. … Se il terreno fosse stato coltivato con il permesso obbligatorio, sarebbe stata registrata, almeno nell’ambito del mandato, a titolo gratuito.

All’inizio degli anni 1940, gli ebrei possedevano circa un terzo della terra della tipologia Mulk, in Palestina e gli arabi circa i due terzi. La stragrande maggioranza della superficie totale, invece, apparteneva al governo, il che significa che quando lo stato di Israele fu fondato, essa divenne giuridicamente Israele. (Circa il 77% della terra era di proprietà del governo. In totale, 6 milioni di dunam di terreno furono registrati come tassabili, da Ebrei e Arabi nel 1936, escluso il distretto di Beershiba, come mostrato in questo sito prezioso, dedicato al tema da cui ho attinto molte di queste informazioni.) Dire che le aree verdi erano terra “palestinese” è semplicemente una menzogna.

La seconda:

Sebbene questa sia una rappresentazione accurata del piano di spartizione, non ha nulla a che fare con la proprietà della terra. Il solo scopo di questa mappa è quello di fungere da ponte tra le mappe 1 e 3. Ciò che non è detto, naturalmente, è che Israele accetto’ la partizione e gli arabi non lo fecero, così come risultato sembra che Israele nel 1949 fosse come nella mappa 3.

La Mappa 3 è un’altra bugia, però, perché in nessun modo la terra in verde era, in quel momento, ”palestinese” . Gaza era amministrata dall’Egitto e la Cisgiordania annessa dalla Giordania. Nessuno, in quel momento, parlava di uno stato arabo palestinese sulle zone controllate dagli stati arabi. In altre parole, questa progressione di mappe è una serie di bugie destinate a creare una menzogna più grande, ed è tragico che un sacco di gente creda che siano la verità. Ecco un piccolo tentativo da parte mia per mostrare un quadro più preciso del territorio che Israele controllava dal 1967:

Questa mappa mostra che Israele aveva il controllo del Sinai, Gaza, Libano meridionale e gran parte della Cisgiordania. Invece di accusare falsamente Israele di stato canaglia, mostra come Israele sia forse l’unico stato nella storia che ha volontariamente rinunciato a più di due terzi delle aree che controllava, in cambio di niente di più che un accordo firmato – o a volte nemmeno quello. Mettendo a rischio la sicurezza del suo popolo. Questo perché Israele vuole, disperatamente, vivere in pace con i suoi vicini. Desiderio non ricambiato da quei vicini di casa, purtroppo. La vera mappa mostra le concessioni che Israele ha fatto nella speranza, spesso vana, di pace.

Già pubblicato QUI

L’occhio dei media

Siamo stati bombardati per settimane dalla copertura internazionale della campagna elettorale israeliana da parte dei media. Il filo rosso comune era: spostamento a destra e morte del processo di pace e perfino della democrazia israeliana stessa. I media hanno cioè cercato di adattare le previsioni elettorali al loro proprio quadro.

Così la storia si è dipanata unicamente intorno alla lotta all’interno della destra, ignorando gli sviluppi al centro e a sinistra. I mezzi di comunicazione hanno una gioia particolare nel cercare di dimostrare che gli israeliani sono, nel complesso, fanatici politici, determinati a seppellire le possibili prospettive di pace in Medio Oriente.  Troppi commentatori della stampa internazionale hanno guardato alle elezioni solo attraverso il prisma delle relazioni di Israele con i palestinesi. Troppi commentatori hanno trattato le preferenze percepite degli elettori israeliani con scherno o disprezzo.

Alcuni esempi:

Il Daily Telegraph, dove figurava un commento di Peter Oborne, uno che crede nell’esistenza di una onnipotente lobby israeliana nel Regno Unito:

“Le voci israeliane moderate non si sono sentite in queste elezioni” ; beh Oborne, hai sbagliato. Ma non contento, il Daily Telegraph ha pubblicato questo: quale sarebbe la “linea dura del sionismo”???

E la “linea dura” appare anche sul sito web Salon, che si aspettava la vittoria di un governo tra i più duri addirittura “della storia”!

Sky News ha parlato di “destra estremista”

Certo, nemmeno i sondaggisti israeliani avevano predetto i risultati a sorpresa che hanno visto il partito centrista Yesh Atid, guidato dall’ex personaggio televisivo Yair Lapid, emergere come il secondo partito, dietro a un indebolito Likud-Beitenu di Benjamin Netanyahu. E questo quando le previsioni davano  l’aumento di Naftali Bennett di Ha-bayit Ha-yehudi (Casa ebraica), un partito a destra del Likud. L’ossessione per la destra ha impedito ai mezzi di comunicazione una visione equilibrata degli sviluppi politici. L’8 gennaio, Michael Singh del Foreign Policy  ha visto gli stessi sondaggi che hanno visto i media, ma ha tratto conclusioni molto diverse che si sono poi rivelate molto vicine alla realtà:

Cio’ che si nota meno spesso, tuttavia, è che i partiti di sinistra hanno guadagnato. Lo stesso sondaggio mostra aumenti non solo per il partito laburista, ma per il partito di estrema sinistra Meretz e per il partito focalizzato sulla giustizia sociale, Yesh Atid (che non esisteva), così come per il partito di Tzipi Livni. I perdenti sono la coalizione Likud-Israel Beitenu, proiettato a perdere nove seggi, ed i partiti di centro – Kadima, che aveva 21 seggi, e cesserà di esistere, e il partito di Ehud Barak  che non avrà rappresentanza alla Knesset. Non ci saranno rivoluzioni o eclatanti spostamenti; il “peso” di Netanyahu in una coalizione sarà solo minore. Dove i media internazionali hanno visto estremismo, c’è stata invece solo moderazione.

 

 

La delusione del canadese Globe&mail è stata cosi’ grande che nonostante tutto ha pubblicato ancora la “teoria della linea dura”, quando già i primi exit-polls dicevano tutt’altro:

E che dire di MSNBC, che addirittuta parla di “minaccia all’identità ebraica di Israele”!

E alcuni commenti dell’articolista del MSNBC, Rula Jebreal, suonano come “E se poi critichi il governo israeliano ti accusano di anti-semitismo”!  Con questo credendo di mettere a tacere le critiche ai detrattori di Israele.

Ma è l‘Indipendent a mostrare il grado di incomprensione dei media:

Soluzione “due-stati”: una nazione decide. Non se ne è accorto il giornalista come queste elezioni abbiano relegato sullo sfondo le questioni diplomatiche per mettere in primo piano le questioni interne e sociali? E questo non significa di certo mostrare una non volontà alla pace o indiferenza in merito ai razzi che piovono sulle teste degli israeliani; tutti i tre partiti in testa alle elezioni sostengono la soluzione a due stati. E’ forse difficile prendere atto della vitale democrazia israeliana?

 

QUI

Più realisti del Re

Harriet Sherwood, corrispondente del The Guardian, è ben conosciuta per i suoi articoli costantemente sbilanciati in sfavore di Israele. Il 13 Gennaio, la Sherwood ha scritto in merito alle proteste di un gruppo di palestinesi che hanno eretto, nel “corridoio” che va da Ma’ale Adumim a Gerusalemme, il famoso “E1”,  una tendopoli che è stata chiamata “Bab El Shams – La porta del sole”, per manifestare contro la decisione del governo israeliano di costruire nella zona stessa. Il suo articolo comincia cosi’:

“Lo Stato di Israele è entrato in azione, nelle prime ore di domenica mattina,  contro un gruppo di attivisti palestinesi che hanno eretto un villaggio-tenda su una collina rocciosa, a est di Gerusalemme. Centinaia di funzionari della sicurezza sono stati inacaricati dello sgombero su ordine del primo ministro, Benjamin Netanyahu. Secondo gli attivisti, una grande forza militare ha circondato l’accampamento, intorno alle 3 del mattino. Tutti i manifestanti sono stati arrestati e sei sono rimasti feriti, ha detto Abir Kopty”.

Ed ha aggiunto: Il legislatore palestinese Mustafa Barghouti, tra gli arrestati, ha detto che lo sfratto era “la prova che il governo israeliano opera un sistema di apartheid

Naturalmente il “popolo del web” ha sposato immediatamente questa tesi ed ovunque sono apparsi articoli che titolavano “Israele stato di apartheid”.

Tuttavia, secondo il portavoce della polizia, Micky Rosenfeld, non ci sono stati arresti – dichiarazione che è stata accuratamente riportata da diversi media arabi e che Rosenfeld ha confermato oggi su CAMERA. Secondo Rosenfeld, alcuni attivisti sono stati fermati per breve tempo, poi rilasciati.

CAMERA ha chiesto alla CNN di correggere prontamente la falsa notizia secondo la quale c’erano stati arresti nell’operazione. Come CAMERA osserva nel suo post in merito all’errore della CNN, anche Al Jazeera, ” fonte nota per il suo sbilanciamento nei confronti di Israele”, ha riferito la storia con precisione, scrivendo quanto segue:

“Molti attivisti sono stati arrestati durante lo sgombero, domenica mattina, tra i quali Mustafa Barghouti, segretario generale dell’Iniziativa nazionale palestinese (Al Mubadara), ha detto il corrispondente di Al Jazeera da Gerusalemme. La reporter di Al Jazeera da Gerusalemme , Jane Ferguson, ha detto che gli attivisti che sono stati arrestati sono stati condotti al checkpoint di Qalandiya e poi rilasciati. ”

Arab news riporta:

“Centinaia di poliziotti israeliani sono arrivati ​​da tutte le direzioni, circondando le tende e arrestandoli uno ad uno” ha detto il legislatore palestinese Mustafa Barghouti alla AFP. Ma il portavoce della polizia Micky Rosenfeld ha detto alla AFP che nessun arresto era stato fatto.”

E l’egiziano Al Ahram online:

“Centinaia di poliziotti israeliani sono arrivati ​​da tutte le direzioni,  circondando tutti quelli che erano nelle tende e arrestandoli uno ad uno,” ha detto il legislatore palestinese Mustafa Barghouti alla AFP. Ma il portavoce della polizia Micky Rosenfeld ha detto alla AFP che nessun arresto era stato fatto. “E’ stato detto loro che avevano sconfinato e sono stati scortati con cura dal luogo, uno per uno”, ha detto. “Nessun ferito da entrambe le parti.”

Ma evidentemente per la Sherwood basta e avanza il resoconto degli attivisti palestinesi. Non ha ritenuto di dover prendere in considerazione nemmeno le versioni dei giornali arabi. Eh, quando si dice “più realisti del Re”!

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No, non siamo antisemiti

“Abbiamo commesso un terribile errore con una delle nostre foto del 18 aprile 2012, mal traducendo la didascalia che ci aveva fornito l’AFP, in merito alla “ricostruzione”, avvenuta in un campo di rifugiati in Libano, dell’arresto di un palestinese da parte di falsi militari israeliani. Abbiamo omesso d’indicare che si trattava di una messa in scena, che questi “soldati” recitavano una parte e che si trattava di pura e semplice propaganda. E’ una colpa, attenuata appena dalla fretta e dalla cattiva rilettura che l’hanno provocata. Lo sarebbe in ogni caso, tanto più in questo: dare adito alla benché minima ambiguità riguardo a un soggetto cosi’ sensibile, quando sappiamo che le immagini possono essere utilizzate come armi da guerra, dare credito a uno stratagemma cosi’ grossolano, che può’ contribuire ad alimentare l’esasperazione anti sionista proprio dove essa si infiamma anche senza bisogno di combustibile, non è scusabile in alcun modo. Abbiamo sbagliato, in modo grave. Ho sbagliato, in modo grave: sono responsabile del sito dell’Express e quindi della scivolata. Per questo faccio ammenda, a capo basso, verso gli internauti offesi, verso tutti quelli feriti da questa soperchieria e verso l’AFP che non è in NESSUN caso responsabile delle nostre stupidaggini. Detto questo, e in modo chiaro, ciò’ che ho scritto qui non sminuisce in nulla ciò’ che avevo scritto all’inizio”.

La didascalia originale dell’AFP recitava:

”LEBANON, AIN EL-HELWEH: Palestinian refugees pose as Israeli soldiers arresting and beating a Palestinian activist during celebrations of Prisoners’ Day at the refugee camp of Ain el-Helweh near the coastal Lebanese city of Sidon on April 17, 2012 in solidarity with the 4,700 Palestinian inmates of Israeli jails. Some 1,200 Palestinian prisoners held in Israeli jails have begun a hunger strike and another 2,300 are refusing food for one day, a spokeswoman for the Israel Prisons Service (IPS) said.“

E come ha fatto a diventare:

“Prigioniero palestinese 18/04/2012. Martedi’, durante la Giornata dei Prigionieri, centinaia di detenuti palestinesi hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le loro condizioni di detenzione”

Eh, quando si dice le “involontarie sviste”!

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Antisemitismo: il nuovo sonno della ragione

di Stefano Gatti

“Cinesi, ebrei, stessa vita, stesso forno”. Questo graffito antisemita, corredato da due svastiche, è comparso a Vercelli agli inizi dello scorso dicembre, e costituisce l’ennesimo episodio di scritte antisemite in Italia. L’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC, per il 2012, ha registrato un’ottantina di atti antisemiti, mentre nel 2011 invece erano stati 50. È dal 2002 – da quando, in seguito allo scatenamento della Seconda Intifada si ebbe un’ondata di antisemitismo che colpì violentemente tutto il mondo ed in particolare l’Europa-, che forme di intolleranza e violenza antiebraica hanno assunto la forma di un fenomeno consolidato, quasi sempre connesso al tema di Israele.

Ormai, infatti, i più alti indici di violenze antisemitiche vengono raggiunti durante momenti che vedono Israele al centro dell’attenzione: nel 2002, la Seconda Intifada; nel 2006, la Guerra nel Libano; nel 2008/09 l’operazione Piombo fuso a Gaza; nel 2010, l’assalto alla nave turca Mavi Marmara da parte delle forze speciali israeliane; e nel 2012, l’azione Pilastro di difesa, nella striscia di Gaza. Tuttavia, anche in mancanza di chiari eventi ‘scatenanti’, il numero di episodi di antisemitismo, specie nel Vecchio Continente, rimane elevato. Questo fenomeno, ribattezzato dallo studioso francese Pierre-André Taguieff, Nouvelle judeophobie, si connota per un modus operandi molto violento nei confronti degli individui, e per l’impiego di un linguaggio antisemita caratterizzato da una marcata aggressività verbale e visiva.

Nel corso dell’ultimo decennio -a livello globale- si è chiuso il cerchio: ovvero si è compiuta la sovrapposizione dell’antisemitismo all’antisionismo, nonché una sempre maggiore diffusione e legittimazione del parallelismo Israele-Sionismo equiparato al nazionalsocialismo, cui fa da corollario la tendenza ad attaccare le Comunità della Diaspora in quanto ritenute corresponsabili dei ‘genocidi’ compiuti dallo stato ‘nazisionista’. L’antisemitismo aperto e dichiarato viene generalmente considerato socialmente non accettabile e quindi talvolta punito anche dalla legge, e la visione del mondo strettamente antisemitica rimane confinata all’interno di frange estremistiche.

Tuttavia, gode di sempre maggiore accettabilità e legittimazione il cosiddetto ‘Secondary antisemitism’, ovvero l’impiego di stereotipi antisemiti coniugati ad episodi di politica nazionale o internazionale, basti pensare al fatto che il famigerato falso antisemita dei Protocolli dei savi di Sion, viene sempre più utilizzato come chiave di lettura dei problemi del mondo, come ad esempio ha fatto a maggio il noto professore norvegese Johan Galtung, raccomandandone la lettura, o l’italiana Radio Padania Libera che in un intervento di Pierluigi Pellegrin, del 22 novembre, ha sottolineato tra l’altro che «I Protocolli di Sion sono stati smentiti e smascherati, ma io li ho letti e sono pieni di spunti interessanti»; o ancora un professore, dirigente di un istituto superiore dell’Italia del Sud, che in una lettera inviata all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha scritto: «Come può l’uomo non diventare, col tempo, antisemita? Qualche giorno fa facevo una riflessione, sempre scritta, indirizzata al vostro ambasciatore in Italia dove rappresentavo la veridicità dei Protocolli di Sion, altro che falso! E pezzo dopo pezzo si ricostruisce il mosaico del futuro dominio del mondo da parte dell’ebraismo».

Altri caratteri ed elementi comuni dell’antisemitismo globale? Innanzitutto la vittoria degli stereotipi: le principali vittime delle violenze antisemitiche sono gli ebrei identificabili come tali, dalle apparenze. Secondo: la negazione e banalizzazione della Shoah, convinzioni in continua crescita. Infine la “dittatura informativa” del Web (spesso l’unica fonte di conoscenza per molta gente): ovvero che il maggiore strumento per la diffusione, amplificazione e sdoganamento dei paradigmi antisemiti è diventata la Rete.

Esempi emblematici del fatto che l’antisemitismo nel 2012 continua a mantenersi sopra il livello di guardia e, in certi paesi, a configurarsi persino come allarme sociale e di ordine pubblico, sono rappresentati dal massacro di Tolosa, del rabbino Sandler e di tre bambini, a marzo, ad opera dell’estremista islamico Mohamed Merah; dalla brutale uccisione di una donna ebrea il cui corpo è stato smembrato in Iran a novembre; e, sempre a novembre, dall’assalto alla sinagoga centrale di Caracas da parte di un gruppo di attivisti filopalestinesi. E che dire del consenso, in fatto di voti, raccolto da partiti apertamente antisemiti e razzisti come Alba dorata in Grecia o Jobbik in Ungheria?

È IL WEB CHE BANALIZZA

Ma veniamo all’Italia. L’Osservatorio antisemitismo del Cdec ha registrato in casa nostra 53 episodi di antisemitismo nel 2007, 69 nel 2008, 53 nel 2009, 40 nel 2010 e 50 nel 2011. L’anno 2012 sta registrando invece uno dei più alti picchi di antisemitismo dell’ultimo trentennio (circa 80). Da un lato questo aumento è dovuto in parte ad una raccolta dati più efficiente e capillare, ma dall’altro perché c’è stata una crescita effettiva. L’Italia, beninteso, continua a rimanere distante dall’antisemitismo dei paesi del Nord-Europa, dove accoltellamenti, pestaggi e gravi minacce sono all’ordine del giorno.

I nostri dati fattuali consistono principalmente in aggressioni verbali, atti di vandalismo ai danni di proprietà ebraiche, graffiti e scritte. Il principale collettore di antisemitismo è ormai diventato il cyberspazio che, specie attraverso le piattaforme sociali, ha creato un ambiente all’interno del quale l’antisemitismo è stato banalizzato e non viene più avvertito come una minaccia o un’aberrazione. A tal proposito, basti pensare alle frequenti sortite antisemite su Facebook da parte di personaggi pubblici anche di un certo spessore culturale. Il pregiudizio antisemitico in Italia è trasversale, ed è presente in circuiti di destra, di sinistra, laici, religiosi e persino esoterici, spesso è connesso al tema Isrele ed in questo modo ottiene più ampia legittimazione e diffusione. I pregiudizi e i paradigmi antisemiti continuano ad essere presenti nei discorsi di senso comune, e talvolta perfino nei discorsi pubblici di uomini politici, dirigenti, docenti universitari e giornalisti. Inoltre, si è ulteriormente rafforzato un clima che sembra rendere possibili atteggiamenti ed affermazioni inammissibili sino a pochi anni fa.

Tra i tanti esempi, un noto politico ha scritto sul suo profilo Facebook che la lobby ebraica è la più influente del pianeta; un dirigente Asl, in un incontro pubblico, ha raccontato la seguente barzelletta: “La differenza tra le torte e gli ebrei? Che le torte quando le metti nel forno non gridano”; mentre a Cagliari, un docente universitario scorrazza indisturbato sul web, prolifico e impunito diffusore di lunghi post antisemiti, razzisti e triviali. Il maggior numero di episodi si verificano in coincidenza di date che celebrano eventi storici significativi per le comunità ebraiche, connessi ad Israele, ovvero che pongono al centro dell’attenzione gli ebrei.

IL FANGO INFORMATIVO

Anche nel 2012, a gennaio, in coincidenza con la Giornata della Memoria, ci sono stati una ventina di atti antisemitici, spesso di stampo negazionista e quasi tutti riconducibili alla destra radicale. A Cadorago, in provincia di Como, rav Moshè Lazar invitato ad un incontro dedicato alla Giornata della Memoria, è stato accolto dalle scritte “La vostra falsa memoria oscura il vero olocausto palestinese” e “Fuori i sionisti dall’Europa”, suggellate dalla Croce Celtica; ed a Como, il 27 gennaio è stato organizzato un meeting negazionista in cui è stato mostrato “Wissen Macht Frei”, primo documentario negazionista prodotto in Italia, a cura dagli estremisti del sito web Stormfront.

A novembre 2012 invece, la ventina di episodi di antisemitismo prodotti dall’operazione Pilastro di difesa a Gaza, si sono contraddistinti per la sovrapposizione dell’antisemitismo all’antisionismo, come ad esempio il post scritto da un famoso studioso (Pierluigi Oddifreddi, ndr), per uno dei principali giornali italiani (il suo blog su repubblica.it, ndr) in cui lo stato di Israele viene accusato di essere “dieci volte peggio dei nazisti”. O, ancora, i numerosi commenti antisemiti postati sulla pagina Facebook legata a Beppe Grillo; a tweet come quello pubblicato dal noto sito di satira e informazione Spinoza.it , il 20 novembre scorso: “L’attacco israeliano è talmente massiccio che Hitler verrà ricordato come l’uomo che voleva salvare i palestinesi”.

E infine, che dire delle numerose mail che hanno intasato le caselle di posta comunitarie, con messaggi di questo stampo: “Vi ricordo che se siete sionisti siete per una potenza straniera e quindi ostili alla mia nazione. Ricordo agli ebrei italiani, che siete italici… quindi dovete fedeltà all’Italia, non dovete avere relazioni con Israele… dichiariamo morte ai sionisti nel mondo!”. Oppure alla scritta “Israele stato nazista”, tracciata nella notte tra il 23 ed il 24 novembre sul portone della sinagoga di Genova. A parte queste esternazioni verbali, l’antisemitismo italiano si caratterizza comunque per un basso tasso di violenza. Cionostante, a gennaio 2012, il professor Renato Pallavidini, -titolare di una cattedra al prestigioso liceo d’Azeglio di Torino e già noto per certi suoi atteggiamenti antisemiti-, è stato indagato dalle forze dell’ordine in seguito alla pubblicazione di messaggi di questo genere: “Avviso ai luridi bastardi ebrei che ci controllano in quella terra di merda e di froci chiamata California.

Se mi togliete questa foto, vado con la mia pistola, alla sinagoga vicinissima a casa mia e stendo un po’ di parassiti ebrei che la frequentano”.

A marzo 2012 è stato arrestato l’italiano di origine marocchina Mohamed Jarmoune: voleva compiere un attentato dinamitardo alla sinagoga di via Guastalla a Milano. Un’aggressiva campagna diffamatoria attraverso il Web, ha costretto il giornalista Enrico Sassoon a dimettersi da una società di cui faceva parte: degli estremisti di destra hanno gettato dell’acido sul portone di casa di una coppia di ebrei del centro-Italia, ed un famoso rabbino è stato volgarmente insultato su un mezzo pubblico di una grande città del Nord. Il 2012 s’è caratterizzato anche per le numerosissime campagne antisemite promosse dalla sezione Italia del sito ‘suprematista bianco’ Stormfront, i cui principali gestori sono stati recentemente arrestati dalla polizia italiana, dopo una difficile indagine durata due anni.

Questi estremisti neonazisti, attraverso il loro spazio online, da anni attaccavano in modo violento e triviale l’ebraismo italiano, rimettendo in circolo tutta una serie di temi caratteristici del nazionalsocialismo. In una delle ultime liste di discussione, aperte prima dell’oscuramento da parte della polizia, suggerivano di compiere un attentato nel nuovo ristorante kasher di Torino.

LE CONTROMOSSE

Fortunatamente, il pericolo della grave recrudescenza dell’antisemitismo in Italia è stata colta da magistrati come Giuseppe Corasaniti, e dal ‘padre’ della Polizia postale, Domenico Vulpiani. Entrambi, da anni, si impegnano per far ratificare il Protocollo di Budapest, studiato apposta per contrastare il cyberhate, l’odio razziale che dilaga sul web. Anche molte forze politiche presenti nel Parlamento italiano si stanno dando da fare per far approvare due Decreti legge contro il negazionismo, l’antisemitismo e il razzismo nel Web. Motore di tutto è la proposta della senatrice del PD Silvana Amati e del Ministro per l’integrazione, Andrea Riccardi, ampiamente sostenuti in modo ‘bipartisan’. Ahimè, la caduta del governo Monti ha bloccato sino alla prossima legislatura questi importanti strumenti di lotta all’antisemitismo.

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Lo strano caso di Tzipora Menache

Sparsi per il web si trovano numerose pagine di “Citazioni sioniste” che mostrano il sionismo come un male, una cospirazione razzista. Molte delle citazioni sono false, bufale e invenzioni. Le citazioni sono realizzate per screditare Israele, il sionismo e gli ebrei. Non informano o illuminano nessuno. L’intento delle citazioni manipolate è quello di “dimostrare” che “il sionismo è razzismo”. e che i ‘sionisti’ avevano previsto il trasferimento degli arabi dalla Palestina fin dall’inizio.

Come si fabbrica una falsa citazione?

In vari modi:

Presentare un falso come fatto –

Una  “intervista” satirica e immaginaria  con un generale israeliano è stata presentata come una vera e propria intervista rilasciata da Ariel Sharon a Amos Oz.

Supposizione –

Secondo Benny Morris, Ben Gurion scrisse a suo figlio  “Dobbiamo espellere gli arabi.” Queste parole non sono mai state trovate nel testo ebraico delle sue lettere, ma a quanto pare in una versione in lingua inglese.

Citando fuori contesto –

Una parte di un discorso o una lettera, una frase detta ironicamente o con un intento evidentemente innocente è citata come a sé stante .

Tralasciando frasi chiave –

ad esempio la frase “Abbiamo comprato le terre dagli arabi” è stata omessa da una citazione Moshe Dayan per far sembrare che avesse ammesso che i sionisti avevano rubato tutto il paese.

 Un esempio: il caso di Tziporah Menache

Questa citazione fabbricata è egregia, perfino i nazisti ammettono che è un falso. Potete cercarlo sul sito Web di Stormfront, dove è anche smascherata.  Non c’è mai stata evidentemente nessuna persona a nome “Tziporah Menache” nel ruolo di portavoce israeliano. Non era di sicuro portavoce nel 2009.

“Sai molto bene, e gli americani stupidi sanno altrettanto bene, che controlliamo il loro governo, a prescindere da chi siede alla Casa Bianca. Vedi, io lo so e tu lo sai che nessun presidente americano può essere in grado di sfidarci anche se facesse l’impensabile. Che cosa possono (gli americani) fare contro di noi? Controlliamo il Congresso, controlliamo i media, abbiamo il controllo dello spettacolo, e controlliamo tutto in America. In America si può criticare Dio, ma non si puo’ criticare Israele. ” Portavoce israeliano, Tzipora Menache 2009

E’ apparso per la prima volta presumibilmente in un sito Web pakistano, ma non è più rintracciabile. Non è stato smascherato da sionisti, ma da antisemiti e siti web anti israeliani, a quanto pare perché la pagina Web conteneva un virus.

Su “Above top secret” troviamo

Dopo una attenta ricerca condotta da molti membri della comunità ATS si è concluso senza ombra di dubbio che questo thread è una bufala. La stessa citazione proviene da una singola fonte che ha dimostrato di essere di fantasia. Inoltre, un’attenta ricerca ha dimostrato che la sola menzione del nome del portavoce, non appare mai in articoli relativi a questa dichiarazione presunta. In breve, non siamo nemmeno in grado di stabilire se la donna esiste davvero.

Su “Rense.com”  il paranoico razzista Dick Eastman scrive:

Oggetto: E’ una bufala, una trappola Fw: israeliana Tzipora Menache: “Noi controlliamo gli americani stupidi” La citazione dell’inesistente “Menache Tzipora” – fa cadere chi cerca con la parola-chiave:  Israele in una ricerca dove trova un download di virus. E’ roba fabbricata apposta per noi. L’obiettivo è quello di convincere la gente a cercare con Google “Tzipora” -per far trovare un link che scarica un virus. La citazione è come una bambola finta usata come esca, attaccata al grilletto di una mina – chi indaga l’influenza di Israele tenterà di dare la caccia a Manache Tzipora e cadrà nella trappola.

Anche gli antisemiti si vergognano di questa fabbricazione grezza.

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La verità? Che importa!

Nel marzo 2012, l’IDF rispose ai ripetuti lanci di missili Grad (100 in due giorni) da Gaza sulle città di Asqelon, Ashdod e Ber Sheeva, colpendo Zuhair Qaisi, leader del Lijān al-Muqāwama al-Shaʿbiyya, uno dei più radicali gruppi sul territorio, responsabile diretto del rapimento di Gilad Shalit, e insieme a lui altri 11 terroristi.

L’effetto dei missili Grad

In quei giorni, mentre le condanne dei media internazionali nei confronti di  Israele, naturalmente, infuriavano, il sito dell’IDF smaschero’ una delle tante false accuse: Due foto Twitter, raffiguranti i risultati di attacchi aerei israeliani a Gaza negli ultimi giorni, si dimostrarono false.

1. La prima foto che fu postata su Twitter da Khulood Badawi (@ KhuloodBadawi) prima e poi da Diana Alzeer (@ ManaraRam),  raffigurava una bambina palestinese, apparentemente uccisa da un attacco aereo israeliano. Questo tweet, rilanciato per altre 300 volte è un falso completo. La foto è stato dimostrato risalire al 2006 e non avere nulla a che fare con Gaza e con gli attacchi israeliani.

La foto twittata da Khulood Badai

Il giorno dopo il tweet della Badawi, la stessa notizia fu ripetuta dalla Alzeer

Confutata una prima volta dal blogger Avi Mayer , il falso fu definitivamente smascherato da Arieh Kovler : la foto risaliva al 2006 e riguardava un incidente occorso a una bambina caduta dall’altalena. Diana Alzeer, posta davanti all’evidenza, continuo’ a insistere, sostenendo che la foto risaliva al giorno prima a Gaza. La foto fu scattata dalla Reuters, il 9 agosto 2006, la bambina si chiamava Raja Abu Shaban ed arrivo’ all’ospedale di Shifa insieme ai corpi di uomini armati, per cui in un primo tempo i due fatti furono messi in relazione. La Reuters che tramite il reporter Mohammed Saleh aveva fatto l’accostamento errato, ritratto’ una volta appurata la verità. E si parla del 2006!

A quel punto anche la Alzeer ammise l’errore

Ma, chi è quella che per prima ha fatto circolare la falsa informazione? Khulood Badawi è un funzionario dell’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, ed il suo incarico è coordinatrice di Informazione e Media! Una impiegata delle Nazioni Unite, che lavora per un Ente incaricato della pratica di politiche umanitarie, e che ha avuto più a cuore la manipolazione dell’ opinione pubblica che il vero desiderio di proteggere una vita umana innocente. Badawi si è preoccupata di più della bugia che della vita.  Dopo questo episodio partirono petizioni per il suo allontanamento dall’ufficio Onu. Il portavoce dell’OCHA,  Amanda Pitt, rispose che la Badawi rimaneva pienamente confermata, mentre un’inchiesta interna avrebbe accertato in merito alla necessità di azioni disciplinari. Fox News riferi’ che  diversi siti filo-palestinesi intervennero in difesa della Badawi, tra i quali “Alternative News” che invio’ una petizione per salvare il suo posto di lavoro.

Secondo il rapporto, i difensori di Badawi accusarono il governo israeliano e gli  schieramenti pro-Israele di lanciare una campagna per imbavagliare la voce di Badawi per “i diritti legittimi del popolo palestinese” e la documentazione delle “violazioni dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati.”

“Dove la pace germogli dalla terra….?”

Questa foto è apparsa sulla pagina Facebook “Jasmine Revolution“, il 22 Marzo 2012, con questa didascalia: “PERCHE’ LE MADRI PALESTINESI NON RICEVONO MESSAGGI DI CORDOGLIO DALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE? SONO FIGLIE DI UN DIO MINORE? PERCHE’…PERCHE’….perché”

Ma la foto è del 2007 e figura tra le foto più “forti” dell’anno, pubblicate dall’AFP (Agencia Francesa de Prensa): Wafaa Hussein, una madre iraqena, piange suo figlio di sei anni, morto nel nord est del paese, il 16 settembre 2007, a causa di una pallottola “perduta”, mentre era a bordo di un autobus.

La foto-fake della madre irachena spacciata per palestinese si trova pubblicata in più versioni nel blog dedicato a Vittorio Arrigoni

Il servizio fotografico originale che colloca la foto nella sua giusta realtà è del famoso gruppo fotografico Getty Images .

L’admin della pagina “Jasmine revolution” non contento/a di aver pubblicato una foto iraqena attribuendola a una palestinese, rincara la dose:

“UNITEVI E SCUOTETE IL CUORE DEI POTENTI…non contate sui dirittti umani e’ solo carta straccio che serve ad allietare i salotti occidentali”.

Se fosse stata presentata per quello che è forse avrebbe “scosso” meno? E come mai? La pagina “Jasmine Revolution” ha una sezione intera di foto intitolata “I love Intifada”! Eppure nelle info alla pagina si legge “Cooperazione per creare un mondo di giustizia, dove la pace germogli dalla terra”! Strano modo di intendere la pace!

Allora funziona!

Avevamo raccontato un’esperienza di mistificazione della realtà, un piccolo esempio tra milioni, che aveva riguardato la pagina Facebook “Ti Amo”, nella quale la foto di due bambini siriani era stata spacciata per quella di due bimbi palestinesi e di come la redazione aveva reagito alla smentita pubblica, cancellando le prove del falso e impedendo a chi le aveva postate di commentare ancora. Ora rendiamo noto un piccolo ma significativo successo: la pagina Ti Amo ha rettificato la sua didascalia, scrivendo al posto di “palestinesi”, “siriani”. Allora funziona!

La nuova didascalia alla foto: Questo è l’ospedale di Houla, in Siria, dopo il bombardamento della città di Homs: il fratello maggiore prende in braccio il fratellino minore dopo aver saputo della scomparsa dei genitori. Impossibile far finta di nulla…Vi prego condividete nella vostra bacheca se avete un cuore, o almeno mettete un mi piace!! 😥