Archivi categoria: False citazioni

“Vuoi la verità o la tua bugia preferita?” Le “fake quotes”

Le false citazioni non smettono di imperversare. A corto di argomenti, cosa c’è di meglio che piazzare una bella citazione falsa? E allora continuiamo a smentirle, togliendo, a chi le utilizza, la fatica di controllare le fonti.

Il noto storico anti-sionista Ilan Pappè,  riporta, nel 2006, sul “Journal of Palestine Studies” e nel suo libro “The Ethnic Cleansing of Palestine” (Oneworld Publications) una frase di una lettera che Ben Gurion avrebbe scritto nel 1937 a suo figlio:

Gli arabi se e dovranno andare, ma abbiamo bisogno del momento opportuno, come una guerra.”

Lo storico Benny Morris dichiara la frase “un’invenzione” nel 2006. La citazione non compare in nessuno dei riferimenti che Pappé cita. Nel suo “The Ethnic Cleansing of Palestine una pulizia etnica, Pappé cita il 12 luglio 1937 dal diario di Ben-Gurion e la pagina 220 del numero di agosto-settembre di New Judea, una newsletter pubblicata dalla Organizzazione Mondiale Sionista. La citazione non compare in nessuna parte di questi testi, né in nessuna fonte di riferimenti nell’ articolo sul Journal of Palestine Studies, un libro di Charles D. Smith.

Dobbiamo espellere gli arabi e prendere il loro posto “.

Attribuita a David Ben Gurion, futuro primo ministro di Israele, 1937, Ben Gurion e gli arabi della Palestina, Oxford University Press, 1985.

La citazione è falsificata, e non appropriata. Proviene  da “The Birth of the Palestinian Refugee Problem 1947-1949 di Benny Morris che cita sempre la lettera di Ben Gurion del 1937. In realtà si legge:

 “Noi non vogliamo e non abbiamo bisogno di espellere gli arabi e prendere il loro posto. Tutte le nostre aspirazioni sono costruite sul presupposto – confermato da tutta la nostra attività in Eretz – che ci sia abbastanza spazio nel paese per noi e gli arabi. ”

“Dobbiamo uccidere tutti i palestinesi a meno che non si rassegnano a vivere qui come schiavi “.  Heilbrun presidente del comitato per la rielezione del generale Shlomo Lahat, il sindaco di Tel Aviv, ottobre 1983.

La fonte unica per questa citazione falsa è il libro The Hidden History of Zionism, di Ralph Schoenman, che cita una conversazione privata con Fouzi El-Asmar e Salih Baransi nel mese di ottobre 1983. L’ex sindaco Lahat dichiaro’ di non aver mai assunto, non aver mai conosciuto o sentito parlare di un qualsiasi “Presidente Heilbrun”. Il sindaco dichiaro’ anche che non avrebbe mai permesso ad uno dei suoi dipendenti di fare una tale osservazione, che contraddiceva i suoi sforzi a favore della pace tra israeliani e palestinesi. Heilbrun semplicemente non è mai esistito.

“Sarebbe la mia più grande tristezza vedere che i sionisti fanno agli arabi palestinesi molto di quello che i nazisti fecero agli ebrei.

Non ci sono prove registrate che Einstein abbia mai detto questa frase. La motivazione per questa citazione falsa appare essere evidente: un Ebreo intelligente deve essere anti-sionista e pro-palestinese. Einstein era un sostenitore del sionismo laburista. Tuttavia, Einstein ha firmato una lettera aperta da intellettuali ebrei nel 1948, nella quale diceva:

“Tra i fenomeni politici più inquietanti del nostro tempo è l’emergere nel nuovo stato di Israele, del” Partito della Libertà “(Tnuat Haherut), un partito politico strettamente affine nella sua organizzazione, nei metodi, nella filosofia politica e sociale ai partiti nazisti e fascisti.” La citazione falsa potrebbe essere stata ispirata da questa lettera aperta.

E’ essenziale colpire e schiacciare i pakistani, i nemici degli ebrei e del sionismo in tutti i modi e piani segreti” – David Ben Gurion, primo ministro dell’entità sionista.

Falso apparso sul Pakistan Daily, nel 2009. La “citazione” intera sembra aver avuto origine da un articolo del Rense.com un sito antisemita, il 1 ° aprile 2001:

“Se c’è ancora qualche dubbio sulle reali intenzioni di Israele, si prega di consultare questa dichiarazione rilasciata da David Ben Gurion, il primo premier israeliano. Le sue parole, come pubblicato nel Jewish Chronicle, del 9 agosto 1967, non lasciano nulla all’immaginazione:

“Il movimento sionista mondiale non deve essere negligente dei pericoli del Pakistan contro di esso. Ed ora il Pakistan dovrebbe essere il suo primo obiettivo, per questo Stato ideologico è una minaccia alla nostra esistenza. E il Pakistan, tutto, odia gli ebrei e ama gli arabi. “Questo amante degli arabi è più pericoloso per noi che per gli arabi stessi. Per questo è essenziale per il sionismo mondiale prendere misure immediate contro il Pakistan.” “Mentre gli abitanti della penisola indiana sono hindu dal cuore pieno di odio verso i musulmani, quindi, l’India è la base più importante per noi per lavorare contro il Pakistan.” “E ‘essenziale che sfruttiamo questa base per colpire e schiacciare i pakistani, i nemici degli ebrei e del sionismo, con tutti i modi e i piani segreti.”

Ora non ci resta che trovare il Jewish Chronicle. Mentre ci sono un sacco di piccoli giornali chiamati The Jewish Chronicle, sembra improbabile che Ben Gurion abbia concesso un’intervista a un giornale di Pittsburgh o del Wisconsin. L’unico candidato ragionevole sarebbe il London Jewish Chronicle, che pubblica dal 1841.  Ogni Venerdì dal 1841. Purtroppo, il 9 Agosto 1967 era un Mercoledì.

“Non conosco qualcosa chiamato “principi internazionali”. Giuro che brucerò ogni bambino palestinese (che) nascerà in questa zona. La donna palestinese e il bambino sono più pericolosi di un uomo, perché dall’esistenza del bambino palestinese le generazioni andranno avanti,  l’uomo provoca pericolo limitato. Giuro che se fossi solo un civile israeliano e incontrassi un palestinese lo brucerei e lo vorrei far soffrire prima di ucciderlo. Con un colpo ho ucciso 750 palestinesi (a Rafah nel 1956). Ho incoraggiato i miei soldati a violentare le ragazze arabe che come la donna palestinese sono schiave per gli ebrei, e noi faremo quello che vogliamo di lei e nessuno puo’ dirci cosa fare, ma siamo noi che diremo agli altri cosa devono fare”. Attribuita a Ariel Sharon in un’intervista con il Generale Ouze Merham, 1956.

Questa citazione è stata trovata su centinaia di siti web arabi ma non esiste un’intervista del genere in nessun libro di testo, articolo di giornale, o registrazione, né vi è alcuna menzione o registrazione di un generale Ouze Merham altrove. (Fra l’altro il termine “palestinese” non era in uso nel 1956. Esso è entrato in voga solo nel 1960.) La studentessa blogger, Mariam Sobh, ha usato la citazione nel suo December 11, 2003 Daily Illinicolumn, ma poi ha dovuto chiedere scusa.  

Dichiariamo apertamente che gli arabi non hanno alcun diritto di stabilirsi su nemmeno un centimetro di Eretz Israel … Useremo la forza massima fino a che i palestinesi verranno strisciando da noi, a quattro zampe.”

Attribuita a Rafael Eitan, Chief of Staff of the Israeli Defense Forces, in un articolo di Gad Becker, Yediot Ahronot Aprile 13, 1983 e sul New York Times, Aprile 14, 1983. La citazione non appare nell’articolo citato come fonte. Mentre entrambe le fonti discutono commenti fatti dall’allora capo uscente del Eitan, non c’è nulla di lontanamente simile a questa citazione. Una ricerca più ampia degli archivi del New York Times, rivela uno zero assoluto.

Sono alcuni esempi tra milioni. A costruire una falsa citazione ci vuole molto poco; smontarla purtroppo richiede lavoro.

Strumentalizzare le immagini: la specialità del “giornalismo” on line

Il Ku Klux Klan in America era dato per spacciato, morto, finito solo alcuni anni fa. Invece è bastato loro “spostare” di poco l’obiettivo per godersi una seconda vita: dal “negro”, semplicemente colpevole del colore della sua pelle, ai matrimoni gay, al “pericolo immigrazione”, alla delinquenza ed ogni altro allarme sociale, vero o percepito. L’attività del Ku Klux Klan in America è in aumento, di pari passo alla nascita di gruppi suprematisti bianchi e neo nazisti, con i quali collaborano. Naturalmente, l’elezione di un presidente Afro-Americano è stato un motivo ulteriore di indignazione e di mobilitazione per questi gruppi.

Albany è la capitale dello Stato di New York e capoluogo dell’omonima contea. A metà giugno, un affiliato a uno dei gruppi KU Klux Klan della zona è salito alle cronache per aver “inventato” un “raggio della morte”,  capace di “distruggere i musulmani e i nemici di Israele” ed aver cercato di venderlo nelle sinagoghe della città. E’ stato arrestato.

Il giornale on line “Salon“, riporta la notizia utilizzando questa immagine:

Nessuna didascalia, nessuna spiegazione accompagna la foto. Quale potrebbe essere l’associazione di idee di un lettore, magari distratto e mediamente informato, messo di fronte a questa foto? Israele e il Ku Klux Klan sono in stretta connessione! Israele e il Ku Klux Klan marciano insieme! Mentre invece la foto si riferisce a una manifestazione avvenuta a Tel Aviv, nel dicembre 2011, dove gruppi di attivisti arabo-israeliani, africani ed ebrei, inscenarono una protesta contro il governo allora in carica, in occasione dell’anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani.

Il potere delle immagini e il loro uso strumentale non finisce mai di sorprendere! La redazione di “Salon” non aveva esitato a scegliere una foto simile per raccontare le gesta di un folle. Imperizia? Malafede? Come sempre difficile stabilirlo; “Salon” ha porto le sue scuse e cambiato la foto. DOPO.

QUI

Acc..! Anche Stephen Hawking ci è sfuggito…

Sappiamo che il movimento per il boicottaggio dei prodotti israeliani, siano essi pomodori, pompelmi o balletti e spettacoli musicali, è sempre a caccia di nuovi testimonial che possano far dire al mondo: “Hai visto? Anche lui boicotta! Allora deve essere proprio cosa giusta!”

Poco tempo fa fu la volta di Roger Waters, ex Pink Floyd, che con un battage pubblicitario enorme, annuncio’ al mondo la sua intenzione di boicottare Israele, invitando a fare altrettanto tutti i suoi amici musicisti. Ovazioni dai sostenitori dell’odio culturale per Israele. Poi, con somma delusione, Waters ci ha ripensato e ha deciso che forse non era proprio il caso.  Oh delusione! Ce ne voleva subito un altro, prestigioso. Chi? Chi? Eccolo! Stephen Hawking, fisico e matematico di fama mondiale, noto soprattutto per i suoi studi sui “buchi neri”.

Perfetto! Non un artista decaduto che tenta di farsi pubblicità per restare a galla come Waters, ma una personalità stimata nel mondo. Oh gioia! Oh gaudio! Immediatamente le pagine specializzate nella diffusione dell’odio contro Israele si impossessano della notizia e ci ricamano, la raffinano, la condiscono di “approvazione morale”. Come Nena news, per esempio:

“Gerusalemme, 8 maggio 2013, Nena News – La notizia sta facendo il giro del mondo. Stephen Hawking, uno degli scienziati più famosi, ha aderito alle iniziative di boicottaggio di Israele promosse da accademici e personaggi internazionali in segno di protesta contro il trattamento dei palestinesi da parte dello Stato ebraico. E lo ha fatto annunciando il ritiro della sua partecipazione ad un evento promosso dal presidente israeliano Shimon Peres a Gerusalemme. Lo riferisce il quotidiano britannico The Guardian…. Lo scienziato non ha spiegato le motivazioni della sua decisione ma una dichiarazione pubblicata dal “British Committee for the Universities of Palestine”, spiega che la scelta fatta dallo scienziato è «indipendente, volta ad aderire al boicottaggio (di Israele) e presa sulla base della sua conoscenza della Palestina e su consiglio unanime dei suoi contatti accademici sul posto».

E già ci sarebbe molto da obiettare no? Lo scienziato non motiva il ritiro della sua partecipazione, e allora da chi informarsi per saperne di più? Ma ovviamente dal British Committee for the Universities of Palestine! E’ normale! E il Guardian che fa? La prende per buona, anzi per buonissima, la pubblica senza indugio. E il Guardian si sa, nonostate tutto mantiene ancora una certa fama; la notizia fa il giro del mondo. La solita Harriet Sherwood è sicura di aver messo a segno un colpaccio e il Guardian chiede anche ai lettori di esprimere il loro parere in merito alla decisione dello scienziato, cosi’, tanto per animare un po’.

Radio Irib, il giornale ufficiale della repubblica islamica d’Iran in Italia, pagina attraverso la quale i movimenti degli odiatori di Israele italiani si “informano”, va ancora un po’ oltre:

Secondo il quotidiano, Hawking ha inviato la scorsa settimana una breve lettera a Peres per comunicargli la sua disdetta. In un comunicato diffuso dal Comitato britannico per le Universita’ della Palestina, approvato dal fisico, si precisa che si e’ trattato di “una sua decisione indipendente di rispettare il boicottaggio, basata sulla sua conoscenza della Palestina, e sul consiglio unanime dei suoi contatti accademici qui”

Quindi, si’ è vero che Hawking non ha motivato ma ha approvato il comunicato per le Universita’ della Palestina. Benissimo! Hawking è entrato a far parte del “popolo dei giusti”!

E invece no! Hawking ha rinunciato all’incontro per motivi di salute. Il portavoce dell’Università di Cambridge

“Il professor Hawking non sarà presente alla conferenza in Israele nel mese di giugno per motivi di salute – i medici gli hanno sconsigliato di volare.”

Era già successo in gennaio, quando il 71enne scienziato, gravemente ammalato, aveva rinunciato ad una conferenza in Sud America su consiglio dei suoi medici. Hawking, che soffre di sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come malattia di Lou Gehrig, riceve cure continue e può comunicare solo con contrazioni della guancia, e per mezzo di un computer montato sullaa sua sedia a rotelle.

Forse adesso sarà il momento delle ritrattazioni imbarazzate e in sordina. Acc..! Un altro sfuggito!

Grazie a Cif Watch

Ultime notizie: La faccenda sta diventando grottesca! Lo stesso portavoce dell’Università che ieri aveva confermato l’assenza di Hawking per motivi di salute, oggi ha fatto marcia indietro e ha confermato l’adesione di Hawking al boicottaggio: avevamo capito male!!!!

http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/167846#.UYqylHLrYvG

Lo strano caso di Tzipora Menache

Sparsi per il web si trovano numerose pagine di “Citazioni sioniste” che mostrano il sionismo come un male, una cospirazione razzista. Molte delle citazioni sono false, bufale e invenzioni. Le citazioni sono realizzate per screditare Israele, il sionismo e gli ebrei. Non informano o illuminano nessuno. L’intento delle citazioni manipolate è quello di “dimostrare” che “il sionismo è razzismo”. e che i ‘sionisti’ avevano previsto il trasferimento degli arabi dalla Palestina fin dall’inizio.

Come si fabbrica una falsa citazione?

In vari modi:

Presentare un falso come fatto –

Una  “intervista” satirica e immaginaria  con un generale israeliano è stata presentata come una vera e propria intervista rilasciata da Ariel Sharon a Amos Oz.

Supposizione –

Secondo Benny Morris, Ben Gurion scrisse a suo figlio  “Dobbiamo espellere gli arabi.” Queste parole non sono mai state trovate nel testo ebraico delle sue lettere, ma a quanto pare in una versione in lingua inglese.

Citando fuori contesto –

Una parte di un discorso o una lettera, una frase detta ironicamente o con un intento evidentemente innocente è citata come a sé stante .

Tralasciando frasi chiave –

ad esempio la frase “Abbiamo comprato le terre dagli arabi” è stata omessa da una citazione Moshe Dayan per far sembrare che avesse ammesso che i sionisti avevano rubato tutto il paese.

 Un esempio: il caso di Tziporah Menache

Questa citazione fabbricata è egregia, perfino i nazisti ammettono che è un falso. Potete cercarlo sul sito Web di Stormfront, dove è anche smascherata.  Non c’è mai stata evidentemente nessuna persona a nome “Tziporah Menache” nel ruolo di portavoce israeliano. Non era di sicuro portavoce nel 2009.

“Sai molto bene, e gli americani stupidi sanno altrettanto bene, che controlliamo il loro governo, a prescindere da chi siede alla Casa Bianca. Vedi, io lo so e tu lo sai che nessun presidente americano può essere in grado di sfidarci anche se facesse l’impensabile. Che cosa possono (gli americani) fare contro di noi? Controlliamo il Congresso, controlliamo i media, abbiamo il controllo dello spettacolo, e controlliamo tutto in America. In America si può criticare Dio, ma non si puo’ criticare Israele. ” Portavoce israeliano, Tzipora Menache 2009

E’ apparso per la prima volta presumibilmente in un sito Web pakistano, ma non è più rintracciabile. Non è stato smascherato da sionisti, ma da antisemiti e siti web anti israeliani, a quanto pare perché la pagina Web conteneva un virus.

Su “Above top secret” troviamo

Dopo una attenta ricerca condotta da molti membri della comunità ATS si è concluso senza ombra di dubbio che questo thread è una bufala. La stessa citazione proviene da una singola fonte che ha dimostrato di essere di fantasia. Inoltre, un’attenta ricerca ha dimostrato che la sola menzione del nome del portavoce, non appare mai in articoli relativi a questa dichiarazione presunta. In breve, non siamo nemmeno in grado di stabilire se la donna esiste davvero.

Su “Rense.com”  il paranoico razzista Dick Eastman scrive:

Oggetto: E’ una bufala, una trappola Fw: israeliana Tzipora Menache: “Noi controlliamo gli americani stupidi” La citazione dell’inesistente “Menache Tzipora” – fa cadere chi cerca con la parola-chiave:  Israele in una ricerca dove trova un download di virus. E’ roba fabbricata apposta per noi. L’obiettivo è quello di convincere la gente a cercare con Google “Tzipora” -per far trovare un link che scarica un virus. La citazione è come una bambola finta usata come esca, attaccata al grilletto di una mina – chi indaga l’influenza di Israele tenterà di dare la caccia a Manache Tzipora e cadrà nella trappola.

Anche gli antisemiti si vergognano di questa fabbricazione grezza.

QUI

Allora funziona!

Avevamo raccontato un’esperienza di mistificazione della realtà, un piccolo esempio tra milioni, che aveva riguardato la pagina Facebook “Ti Amo”, nella quale la foto di due bambini siriani era stata spacciata per quella di due bimbi palestinesi e di come la redazione aveva reagito alla smentita pubblica, cancellando le prove del falso e impedendo a chi le aveva postate di commentare ancora. Ora rendiamo noto un piccolo ma significativo successo: la pagina Ti Amo ha rettificato la sua didascalia, scrivendo al posto di “palestinesi”, “siriani”. Allora funziona!

La nuova didascalia alla foto: Questo è l’ospedale di Houla, in Siria, dopo il bombardamento della città di Homs: il fratello maggiore prende in braccio il fratellino minore dopo aver saputo della scomparsa dei genitori. Impossibile far finta di nulla…Vi prego condividete nella vostra bacheca se avete un cuore, o almeno mettete un mi piace!! 😥

Come diffamare un’intera nazione: calunniare un celebre scrittore che non può più difendersi

Ogni anno, all’avvicinarsi della Giornata della Memoria, il 27 gennaio, il web sembra impazzire, intasato da milioni di commenti anti ebraici, di false citazioni, di accuse degne della Spagna del XV° secolo. In quell’occasione i parallelismi tra i nazisti e lo Stato d’israele toccano il parossismo.

Uno dei mezzi più “eleganti” utilizzati il 27 gennaio, è mettere in bocca a personaggi illustri, meglio se Ebrei, ancora meglio se morti, frasi che confermano l’accostamento Ebrei ieri/Palestinesi oggi. La memoria di Primo Levi ne ha fatto le spese. A lui è stata attribuita la falsa citazione “Ognuno è l’Ebreo di qualcun altro; oggi i Palestinesi sono gli Ebrei degli Israeliani”. Questa bugia l’abbiamo vista ripetersi e ripetersi in tutte le pagine pro palestinesi, “pacifiste”, cattoliche terzo-mondiste…. Eppure la verifica sarebbe stata facile, il libro nel quale sarebbe pronunciata la fatidica frase esiste, non è affatto arduo consultarlo, eppure….

Pubblichiamo una nota di Vanni Frediani in proposito, scritta il 3 febbraio 2011:

Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987)

Premessa.

Da ‘Se non ora, quando?’, di Primo Levi – Einaudi

«Mendel trovò parole scarabocchiate col carbone su una parete, e chiamò Edek perché le decifrasse.

– Sono tre versi di un nostro poeta, – disse Edek. – Dicono così:

Maria, non partorire in Polonia, Se non vuoi vedere tuo figlio Inchiodato alla croce appena nato.

– Quando li ha scritti, questo poeta? – chiese Gedale.

– Non lo so. Ma per il mio paese, qualunque secolo sarebbe stato buono.

Mendel taceva, e si sentiva invadere da pensieri smisurati e confusi. Non noi soltanto. Il mare del dolore non ha sponde, non ha fondo, nessuno lo può scandagliare. Eccoli qui, i polacchi, i fanatici della Croce, quelli che hanno accoltellato i nostri padri, e hanno invaso la Russia per soffocare la rivoluzione. E anche Edek è polacco. E adesso muoiono come noi, insieme con noi. Hanno pagato, non sei contento? No, non sono contento, il debito non si è ridotto, è cresciuto, nessuno lo potrà pagare più. Vorrei che non morisse più nessuno. Neppure i tedeschi? Non lo so. Ci penserò dopo, quando tutto sarà finito. Forse ammazzare i tedeschi è come quando il chirurgo fa un’operazione: tagliare un braccio è orribile, ma va fatto e si fa. Che la guerra finisca, Signore a cui non credo. Se ci sei, fa’ finire la guerra. Presto e dappertutto. Hitler è già vinto, questi morti non servono più a nessuno.

Accanto a lui, in piedi come lui nell’erica sporca di sangue e fradicia di pioggia, Edek terreo in viso lo stava guardando.- Preghi, ebreo? – gli chiese:

ma in bocca a Edek la parola “ebreo” non aveva veleno. Perché? Perché ognuno è l’ebreo di qualcuno, perché i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi. Perché Edek è un uomo mite che ha imparato a combattere; ha scelto come me ed è mio fratello, anche se lui è polacco e ha studiato, e io sono un russo di villaggio e un orologiaio ebreo. Mendel non rispose alla domanda di Edek, e Edek continuò: – Dovresti. Dovrei anch’io, e non sono più capace. Non credo che serva, né a me né ad altri. Forse tu vivrai ed io morrò, e allora racconta quello che hai visto sui monti della Santa Croce. Cerca di capire, racconta e cerca di far capire. Questi che sono morti con noi sono russi, ma sono russi anche quelli che ci strappano il fucile dalle mani. Racconta, tu che aspetti ancora il Messia; forse verrà per voi, ma per i polacchi è venuto invano.

Sembrava proprio che Edek rispondesse alle domande che Mendel poneva a se stesso, che gli leggesse nel fondo del cervello, nel letto segreto dove nascono i pensieri.

Ma non è così strano, pensò Mendel; due buoni orologi segnano la stessa ora, anche se sono di marche diverse. Basta che partano insieme.»

Istruzioni per riscrive la storia in quattro semplici passi:

1) Prendere la frase che recita: «ognuno è l’ebreo di qualcuno, perchè i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi».

2) Riscriverla nel seguente modo: «ognuno è ebreo di qualcuno, oggi i Palestinesi sono gli Ebrei di Israele».

3) Attribuire la frase così paradossalmente trasformata ad un’intervista a “La Stampa” che sarebbe stata rilasciata da Primo Levi in un imprecisato giorno del 1969.

4) Aspettare il poco tempo necessario affinché si diffonda a macchia d’olio scivolando sull’istintiva e ossessiva avversione a Israele.

Risultato:

L’effetto del clamore e del paradosso si trasforma magicamente in fatto assodato, ovvietà notoria, conoscenza condivisa, luogo comune. L’uomo che morde cane diventa regola universale: gli uomini mordono i cani, si sa. Una leggenda metropolitana entra così a far parte a pieno titolo del senso comune.

Questa frase, in particolare, viene roteata come una clava per zittire chi osi solamente dubitare delle proporzioni che intercorrono realmente tra gli effetti di un genocidio e quelli di un conflitto armato (trascurando con leggiadria sul dettaglio di chi sempre l’abbia voluto e di chi sempre l’abbia subito).

Si ottiene così l’inversione dei ruoli tra perseguitati e persecutori. I discendenti dei sopravvissuti alle persecuzioni sono additati alla riprovazione e al disprezzo a causa degli effetti, veri, presunti o almeno ingigantiti, della loro cocciuta e ostinata propensione alla sopravvivenza, arrivando fino alla diretta invocazione di un odio presentato come doveroso. Contemporaneamente i continuatori delle ideologie e delle pratiche dei carnefici vengono spacciati per innocenti, vittime della “ben nota” perfidia dei primi.

Provare per credere:

La frase corretta: 4 distinte pagine web

La calunnia: circa 1600 distinte pagine web

Riassumendo il punteggio, verità-calunnia, uno a 400: questa è internet, oggi. Ma le bugie non hanno solo il naso lungo, hanno anche le gambe corte. Dall’inizio della diffusione di questo hoax ad oggi qualcosa è cambiato: pochi mesi or sono la prestigiosa testata di Torino ha messo on-line tutte le pagine dell’intero archivio storico dal 1867 a oggi.

E’ possibile quindi ricercare parole e frasi nei titoli e nei testi degli articoli. Com’era immaginabile le uniche tracce rinvenibili della frase “ognuno è l’Ebreo di qualcuno” sono solamente due articoli intorno al romanzo, pubblicati nel 1982 e nel 1995, che riportano la frase correttamente, cioè in relazione ai polacchi. Marcia verso l’Eden, La Stampa 19.05.1982 – numero 103 pagina 3

Commemorazione privata per Auschwitz, La Stampa 29.01.1995 – numero 28 pagina 4

Nel 1969 naturalmente di quella frase nessuna traccia. Nessuno stupore: allora del ‘popolo palestinese’, giusto da un paio d’anni, si stava più che altro pensando a come inventarlo. Attribuire quella infame frase a Primo Levi non dimostra solo una spaventosa ignoranza circa il suo reale pensiero (e fino a qui… se il sapere è un diritto, lo è purtroppo anche l’ignoranza).

La sua ossessiva ripetizione è invece un’aperta istigazione all’odio (in questo caso razziale) che non può più rimanere né incontrastata né impunita.

Quando la falsa citazione diventa arma di distruzione di massa

Quando la falsa citazione diventa un’arma! E’ un altro dei mezzi preferiti da quelli che dicono essere “solo antisionisti” e non antisemiti! Vediamone una:

” Chiamatemi come volete….mostro o assassino. . . . Meglio un giudeo-nazista vivo che un santo morto … Anche se mi si provasse che l’attuale guerra in Libano è una sporca guerra immorale, non mi interessa … Anche se la Galilea fosse bombardata nuovamente dai Katiuscia per un anno, non mi interesserebbe. Dobbiamo iniziare un’altra guerra, uccidere e distruggere sempre di più fino a quando non ne avranno avuto abbastanza … Lasciateli tremare, lasciate che ci chiamiamo uno stato folle. Fate loro capire che siamo un paese selvaggio, pericoloso per il nostro ambiente, non normale, che potrebbe impazzire se uno dei nostri figli fosse ucciso, uno solo! Se qualcuno alzerà la sua mano contro di noi ci porteremo via metà della sua terra e bruceremo l’altra metà, petrolio compreso. Potremmo usare le armi nucleari … Ancora oggi sono disposto a fare il lavoro sporco per Israele, a uccidere molti arabi, se necessario, a deportarli, a espellerli e bruciarli, che tutti ci odino …… E non mi importa se dopo mi porteranno al Tribunale di Norimberga e mi condanneranno al carcere a vita. Impiccatemi se volete, come un criminale di guerra … Quello che non capiscono è che il lavoro sporco del sionismo non è ancora finito, anzi, siamo lontani da questo”.

Questa “dichiarazione” è stata attribuita a Ariel Sharon che l’avrebbe pronunciata durante un’intervista con Amos Oz, “Davar”, il 17 dicembre 1982. La si è riscontrata su siti arabi e marxisti. Ha ottenuto visibilità quando l’editore del “Rocky Mountain International News”, Holger Jensen, l’ha pubblicata nell’aprile 2002 per attaccare Sharon. Quattro giorni dopo Jansen fu costretto a ritrattare ammettendo di aver sbagliato a “non verificare 20 anni di citazioni attribuite a Sharon” e a dimettersi. Amos Oz infatti confermo’ di non aver mai intervistato Sharon. Fu spacciato per “intervista” un suo espediente letteraio nel libro “In the Land of Israel”. Nella versione inglese, l’identità dell’intervistato non era rivelata ed era identificato come “Z” (Flamingo/Fontana 1983). La propaganda anti israeliana prese quella parte del libro e individuo’ Sharon con “Z”. Niente faceva pensare a Sharon nella descrizione di “Z” che nel romanzo infatti, a un certo punto, si rivolge a Sharon, Begin e al generale Eitan. Un esempio tra i tanti di come stravolgere la realtà per demonizzare un Paese.