C’era una volta un Paese incantato…. le favole cominciano cosi’. E’ nelle favole che si evocano Paesi fantastici, nei quali i re e le regine vivono, regnano, fanno le guerre, odiano ed amano.
Ma che le favole le sponsorizzassero gli Assessorati alle Politiche giovanili dei Comuni e le pubblicizzassero i quotidiani, questo non era mai capitato. Eppure, leggendo la Gazzetta del Mezzogiorno del 25/10/2013, troviamo che il Comune di Bari, Assessorato alle Politiche giovanili, sponsorizza – dal 29 ottobre al 3 novembre – una mostra fotografica, al Fortino Sant’Antonio, dal titolo: La Palestina della convivenza, “testimonianze di un passato ricordato con nostalgia”.
Nell’articolo si legge: “Palestina, una mostra sul periodo dal 1880 al 1948, quando la Palestina era uno Stato autonomo e non parte dello Stato di israele.”!!!!!!!!! Cosi’ la Palestina è stata per un lungo periodo Stato autonomo, ci informa la Gazzetta del Mezzogiorno! E come mai non se ne è saputo mai nulla? Ma questa è una lacuna terribile! Ma non solo! Sempre l’articolo ci dice che “prima della cancellazione, da parte di Israele, sia dalle cartine geografiche che dalla memoria collettiva”, la Palestina era “uno dei Paesi più sviluppati di tutta l’area medio orientale“!!! Non è fantastico?
Ma questa mostra assume allora un’importanza capitale! Ci svela una storia mai conosciuta prima! Eravamo rimasti indietro! “Viaggio in Palestina“, è il titolo di un’opera scritta nel 1695, da Hadrian Reland (o Relandi), cartografo, geografo, filologo e professore di filosofia olandese. Il sotto titolo dell’opera, redatta in Latino, recita: “Monumentis Veteribus Illustrata”, editata nel 1714 dalle Editions Brodelet. L’autore di questa opera, uno dei primi orientalisti, conosceva l’ebraico, l’arabo e il greco antico. Nel 1695, Relandi (o Reland) è inviato in viaggio di studi in Israele, la Palestina d’allora, con un obiettivo specifico: recensire più di 2500 luoghi (città e villaggi) figuranti nel Tanakh e nella Mishnah, con i loro nomi originari.
Ogni volta Reland menziona il nome ebraico così come appare nel testo e il versetto esatto al quale si riferisce. Reland a questo, accosta l’equivalente in latino o greco antico. Oltre questo notevole lavoro linguistico, l’autore opera soprattutto una recensione dell’epoca, per ogni località visitata: prima una considerazione di ordine generale, che specifica che la terra di Israele d’allora era praticamente deserta, pochissimo popolata.
La maggioranza dei suoi abitanti si concentrava nelle città di Gerusalemme, Acco (Acre), Tsfat (Safed), Yafo (Jaffa), Tveria (Tiberiade) e Aza (Gaza).
Qualche passaggio di quest’opera appassionante:
• Nessuna località di allora proponeva nomi o origini arabe
• La grande maggioranza delle città o villaggi possiedeva un nome ebraico, qualcuno greco o latino
• Praticamente nessuna città che oggi porta un nome arabo ne possedeva all’epoca: né Yafo, né Napluse (Shehem), Gaza o Jenine.
• Nessuna traccia nelle ricerche di Reland di fonti storiche o filologiche stabilite con i nomi arabi, più tardi, di Ramallah, Al Halil (Hebron) o Al Quds (Gerusalemme).
• Nel 1696, Ramallah si chiamava Bete’ile (dal nome ebraico Bet El), Hebron e Me’arat Hamahpélah (Grotta dei Patriarchi): Al Halil, dal nome dato a Avraham Avinu in arabo.
• La maggior parte delle città erano composte da ebrei, ad eccezione di Napluse (Shehem) che contava 120 persone, provenienti dalla stessa famiglia musulmana, i Natashe, e 70 Samaritani.
• Nazareth, in Galilea, una città interamente cristiana: 700 cristiani.
• A Gerusalemme più di 5000 abitanti, in maggioranza ebrei e qualche cristiano. Reland non evoca che qualche famiglia beduina musulmana, isolata, composta da operai stagionali, impegnati nel campo dell’agricoltura o della costruzione.
• A Gaza, circa 550 persone, 50% ebrei e 50% cristiani. Gli ebrei erano essenzialmente specializzati nell’agricoltura: vigna, olivi e grano (Gush Katif). I cristiani si occupavano principalmente del commercio e del trasporto dei differenti prodotti nella regione.
• Tiberiade e Safed erano località ebree. Sappiamo soprattutto che la pesca nel lago di Tiberiade costituiva il principale impiego dell’epoca.
• Una città come Um El Fahem per esempio, era completamente cristiana, 10 famiglie.
Ma forse il ‘700 non è il periodo preso in considerazione? Forse dopo è davvero esistito uno Stato autonomo di Palestina? Pero’, sappiamo che all’arrivo dei primi pionieri Ebrei, alla metà del IXX secolo, la Palestina geografica era da 400 anni ininterrottamente soggetta all’Impero Ottomano. E fu dalla Corona turca e dagli efendi, i possidenti turchi, siriani, libanesi, che gli Ebrei acquistarono le terre.
Tra il 1514 e il 1850, la popolazione araba di questa regione dell’Impero turco era rimasta più o meno stazionaria e approssimativamente di circa 340.000 abitanti. Essa cominciò improvvisamente ad aumentare all’incirca dopo il 1855. Nel 1947 la popolazione araba si attestava a circa 1.300.000 unità, pressoché quadruplicata in meno di 100 anni. Dopo i Turchi, alla dissoluzione dell’Impero Ottomano, subentrarono gli Inglesi.

Scuola della Missione Inglese, a Nablus. 1900-1920
Dunque, riepiloghiamo: dal 1517 al 1917 la zona intesa modernamente con il nome di Palestina, chiamata invece “Siria del sud”, fu dominata dall’impero Ottomano. Mai considerata territorio a se stante, ma inclusa in quella che era chiamata la “Grande Siria”. Fu dopo la I Guerra Mondiale che comincio’ a essere circoscritta una zona denominata Palestina, soggetta al Mandato Britannico. Quando questa regione fu Stato autonomo?
Chiediamolo alla Gazzetta del Mezzogiorno! Rendiamo nota questa straordinaria scoperta! La fantasia diventa realtà!