Archivio mensile:ottobre 2013

La Gazzetta del Mezzogiorno e il Paese che non c’è

C’era una volta un Paese incantato…. le favole cominciano cosi’. E’ nelle favole che si evocano Paesi fantastici, nei quali i re e le regine vivono, regnano, fanno le guerre, odiano ed amano.

Ma che le favole le sponsorizzassero gli Assessorati alle Politiche giovanili dei Comuni e le pubblicizzassero i quotidiani, questo non era mai capitato. Eppure, leggendo la Gazzetta del Mezzogiorno del 25/10/2013, troviamo che il Comune di Bari, Assessorato alle Politiche giovanili, sponsorizza – dal 29 ottobre al 3 novembre  –  una mostra fotografica, al Fortino Sant’Antonio, dal titolo: La Palestina della convivenza, “testimonianze di un passato ricordato con nostalgia”.

Nell’articolo si legge: “Palestina, una mostra sul periodo dal 1880 al 1948, quando la Palestina era uno Stato autonomo e non parte dello Stato di israele.”!!!!!!!!!  Cosi’ la Palestina è stata per un lungo periodo Stato autonomo, ci informa la Gazzetta del Mezzogiorno! E come mai non se ne è saputo mai nulla? Ma questa è una lacuna terribile! Ma non solo! Sempre l’articolo ci dice che “prima della cancellazione, da parte di Israele, sia dalle cartine geografiche che dalla memoria collettiva”, la Palestina era “uno dei Paesi più sviluppati di tutta l’area medio orientale“!!! Non è fantastico?

Ma questa mostra assume allora un’importanza capitale! Ci svela una storia mai conosciuta prima! Eravamo rimasti indietro! “Viaggio in Palestina“, è il titolo di un’opera scritta nel 1695, da Hadrian Reland (o Relandi), cartografo, geografo, filologo e professore di filosofia olandese. Il sotto titolo dell’opera, redatta in Latino, recita: “Monumentis Veteribus Illustrata”, editata nel 1714 dalle Editions Brodelet. L’autore di questa opera, uno dei primi orientalisti, conosceva l’ebraico, l’arabo e il greco antico. Nel 1695, Relandi (o Reland) è inviato in viaggio di studi in Israele, la Palestina d’allora, con un obiettivo specifico: recensire più di 2500 luoghi (città e villaggi) figuranti nel Tanakh e nella Mishnah, con i loro nomi originari.

Ogni volta Reland menziona il nome ebraico così come appare nel testo e il versetto esatto al quale si riferisce. Reland a questo, accosta l’equivalente in latino o greco antico. Oltre questo notevole lavoro linguistico, l’autore opera soprattutto una recensione dell’epoca, per ogni località visitata: prima una considerazione di ordine generale, che specifica che la terra di Israele d’allora era praticamente deserta, pochissimo popolata.

La maggioranza dei suoi abitanti si concentrava nelle città di Gerusalemme, Acco (Acre), Tsfat (Safed), Yafo (Jaffa), Tveria (Tiberiade) e Aza (Gaza).

Qualche passaggio di quest’opera appassionante:

• Nessuna località di allora proponeva nomi o origini arabe

• La grande maggioranza delle città o villaggi possiedeva un nome ebraico, qualcuno greco o latino

• Praticamente nessuna città che oggi porta un nome arabo ne possedeva all’epoca: né Yafo, né Napluse (Shehem), Gaza o Jenine.

• Nessuna traccia nelle ricerche di Reland di fonti storiche o filologiche stabilite con i nomi arabi, più tardi, di Ramallah, Al Halil (Hebron) o Al Quds (Gerusalemme).

• Nel 1696, Ramallah si chiamava Bete’ile (dal nome ebraico Bet El), Hebron e Me’arat Hamahpélah (Grotta dei Patriarchi): Al Halil, dal nome dato a Avraham Avinu in arabo.

• La maggior parte delle città erano composte da ebrei, ad eccezione di Napluse (Shehem) che contava 120 persone, provenienti dalla stessa famiglia musulmana, i Natashe, e 70 Samaritani.

• Nazareth, in Galilea, una città interamente cristiana: 700 cristiani.

• A Gerusalemme più di 5000 abitanti, in maggioranza ebrei e qualche cristiano. Reland non evoca che qualche famiglia beduina musulmana, isolata, composta da operai stagionali, impegnati nel campo dell’agricoltura o della costruzione.

• A Gaza, circa 550 persone, 50% ebrei e 50% cristiani. Gli ebrei erano essenzialmente specializzati nell’agricoltura: vigna, olivi e grano (Gush Katif). I cristiani si occupavano principalmente del commercio e del trasporto dei differenti prodotti nella regione.

• Tiberiade e Safed erano località ebree. Sappiamo soprattutto che la pesca nel lago di Tiberiade costituiva il principale impiego dell’epoca.

• Una città come Um El Fahem per esempio, era completamente cristiana, 10 famiglie.

Ma forse il ‘700 non è il periodo preso in considerazione? Forse dopo è davvero esistito uno Stato autonomo di Palestina? Pero’, sappiamo che all’arrivo dei primi pionieri Ebrei, alla metà del IXX secolo, la Palestina geografica era da 400 anni ininterrottamente soggetta all’Impero Ottomano. E fu dalla Corona turca e dagli efendi, i possidenti turchi, siriani, libanesi, che gli Ebrei acquistarono le terre.

Tra il 1514 e il 1850, la popolazione araba di questa regione dell’Impero turco era rimasta più o meno stazionaria e approssimativamente di circa 340.000 abitanti. Essa cominciò improvvisamente ad aumentare all’incirca dopo il 1855. Nel 1947 la popolazione araba si attestava a circa 1.300.000 unità, pressoché quadruplicata in meno di 100 anni. Dopo i Turchi, alla dissoluzione dell’Impero Ottomano, subentrarono gli Inglesi.

Scuola della Missione Inglese, a Nablus. 1900-1920

Dunque, riepiloghiamo: dal 1517 al 1917 la zona intesa modernamente con il nome di Palestina, chiamata invece “Siria del sud”, fu dominata dall’impero Ottomano. Mai considerata territorio a se stante, ma inclusa in quella che era chiamata la “Grande Siria”. Fu dopo la I Guerra Mondiale che comincio’ a essere circoscritta una zona denominata Palestina, soggetta al Mandato Britannico. Quando questa regione fu Stato autonomo?

Chiediamolo alla Gazzetta del Mezzogiorno! Rendiamo nota questa straordinaria scoperta! La fantasia diventa realtà!

Antisemitismo: meno se ne parla meglio è?

L’antisemitismo è in crescita ovuque, in Europa e nel mondo. Sono molte le voci che imputano questa recrudescenza alla crisi economica che attanaglia, anche se in misura diversa, quasi tutti i Paesi. La solita tesi che si rifà all’antico bisogno, in momenti di crisi, di un “capro espiatorio”, un gruppo sociale sul quale far ricadere la “colpa”. Gli Ebrei sono tradizionalmente i più esposti a questo genere di rischio. Oggi, nel 2013, come nella Germania del 1933, l’Ebreo che regge le sorti della finanza, che “succhia il sangue” ai “veri” cittadini, quelli non contaminati da strane ascendenze “straniere”, è un discorso del quale si vergognano in pochi.

Vignetta del 1938, Germania: la classe operaia nutre l’insaziabile Ebreo

Sono centinaia, migliaia, centinaia di migliaia, le pagine internet che ci raccontano di come le Banche (per definizione di proprietà ebraica) tengano in mano il mondo, di come poche famiglie Ebree siano proprietarie dei destini di milioni di uomini. Poco importa se nell’elenco dei più ricchi non figurino nomi ebraici. La “percezione” popolare è questa e ovviamente qualcuno che politicamente la cavalchi si trova sempre. Quindi è a causa della crisi che l’avversione e i complottismi contro gli Ebrei rinverdiscono e prolificano?

Ma nel 2004 la crisi economica non faceva ancora cosi’ paura, vero? Eppure George Bensoussan, in un’intervista che rilascio’ a Primo Info, ci diceva qualcosa che potrebbe essere stato scritto un’ora fa. L’intervista, che fece molto discutere, fu poi rimessa on line da Debriefing, nel 2009. Diamo uno sguardo, dato che la Francia – nel rapporto annuale sull’antisemitismo – è risultata essere il Paese nel quale si sono registrati maggiormente episodi violenti.

Vignetta tedesca nazista: l’Ebreo corrompe la gioventù tedesca

Primo : Qual è la vostra opinione circa le manifestazioni di questo inverno, durante le quali si sono sentiti discorsi d’odio, impunemente urlati in pubblico? 

Georges Bensoussan : Cio’ che mi ha colpito in queste manifestazioni è stata, intanto, la vicinanza tra l’estrema sinistra francese e gli imam. Abbiamo una volta di più constatato che l’ultra sinistra non guarda per il sottile in merito alle sue alleanze, ed è pronta ad allearsi con quanto di peggio si trova tra la reazione clericale. Cioè, un movimento anti femminista, omofobo e ostracista. Se la sinistra è antifascista, diceva Georges Orwell, non è pero’ anti-totalitaria.

E’ cio’ che la storia del XX° secolo ci ha abbondantemente mostrato, dall’URSS fino alla Cina per arrivare alla Cambogia dei primi tempi del regime dei Kmer rossi. Fino ad allearsi, oggi, almeno per il tempo di una manifestazione, con l’islamismo. Un secondo punto: la focalizzazione quasi nevrotica dell’estrema sinistra nei confronti di Israele, che abbiamo in molti denunciato, appare oggi in tutta la sua crudezza, la sua violenza, mentre tace silenziosa sulla crudeltà del regime islamista iraniano.

Aspettiamo invano di ascoltare i suoi appelli in sostegno della resistenza iraniana contro il fascismo dei bassiji.

Manifestazione in Scozia, 10 gennaio 2009

Primo : Avete percepito un’evoluzione nei “discorsi” di queste manifestazioni?

Georges Bensoussan : A Metz e a Strasburgo, nel gennaio scorso, nel momento della dispersione di una manifestazione, si è levato un grido: “Alla sinagoga!” Duecento manifestanti, si sono allora precipitati per circondare la sinagoga. Si sono contentati di intimidire. I quattro poliziotti di guardia non sono dovuti intervenire. Questa azione ha fatto suoi gli slogan antisemiti, urlati in strada durante l’Affaire Dreyfus nel 1898-1899. Non avevamo più visto scene simili in Francia da quell’epoca. 

Primo : Ma c’è stato un silenzio totale da parte della stampa!

Georges Bensoussan : Si’ e questo è inquietante. Perché questa azione presenta come verità incontestabile la confusione tra l’azione militare israeliana, della quale ognuno è libero di pensare cio’ che vuole, e la comunità Ebraica di Francia. Gli Ebrei sono assimilati allo Stato d’Israele, e la sinagoga di Metz alla sua ambasciata. Questo slittamento che esclude gli Ebrei dalla comunità nazionale, non è stato rilevato. Il silenzio prudente su questi fatti la dice lunga sullo stato della società francese. Non si vuole soprattutto stigmatizzare, come se una paura non detta paralizzasse questo paese.  Ci rifiutiamo di affrontare il pericolo, sperando che cosi’ facendo si possa fargli fronte, che sparirà da se.  Eppure sappiamo cosa fu negli anni 30 e anche il seguito, il giugno 40 e la dittatura dello Stato francese.

Primo : A proposito delle banlieues, che ne pensate degli scontri del 2005 ?

G.B. : Un gran numero di osservatori si sono stupiti che non sia successo prima. in certe banlieues, che somigliano a volte a zone relegate, prevale in effetti una situazione socialmente pre-esplosiva.  Più di cento auto bruciano ogni notte in Francia, non ci facciamo nemmeno più caso. Questo abituarsi costituisce un segno inquietante, come se facesse parte di un quotidiano banale. Certi territori sono quasi abbandonati (vedere le forze di polizia a Seine Saint Denis), e sempre più spesso la polizia non ci entra. E’ la realtà quotidiana di migliaia di Francesi che hanno il sentimento di essere cittadini di serie B.

Primo. : La violenza è perpetrata da una popolazione sempre più giovane

G.B. : La violenza descritta nel  2002 in “I Territori perduti della Repubblica” impallidisce di fronte a quella vissuta oggi in alcune scuole. Molti insegnanti raccontano ben di peggio di quanto raccontammo nel 2002.  Le scene di violenza armi in pugno sono ormai frequenti.

All’inizio dell’anno, nelle terze classi, si presenta un poliziotto in uniforme per sensibilizzare gli allievi sul ruolo civico della polizia. Un allievo chiede cortesemente: “Perché voi avete diritto alle armi e noi no?” Ingenuità a parte, questo parla della de-istituzionalizzazione della società. L’affondamento del simbolico e della Legge,  quindi delle istituzioni che le rappresentano, è la genesi della violenza. Il giurista e psicoanalista Pierre Legendre dice delle nostre società che sono post-naziste. Che la parte del simbolico distrutta dal nazismo non ha mai più potuto essere ricostruita. … Chi è chi? Chi fa cosa? Chi ha fatto cosa? Quando le tracce della filiazione sono rimescolate, si è nella follia e nella violenza. Solo la Legge istituzionalizza e umanizza.

Occupy Wall Street

Primo : Il risveglio sarà doloroso?

G.B.: Possiamo ingannarci per un po’; come diceva Churchill, possiamo ingannare « un po’, e un momento ma non tutti e non sempre». Ci sarà il risveglio. Ma a che prezzo? E alla fine dei conti quanto costerà il disastro? La tattica che consiste nel pensare che tacere sotterrerà il pericolo è ingenua e vigliacca come se non parlare di un problema gli impedisse di esistere. Prima dell’aprile 2002 il Partito Socialista pensava che meno si fosse parlato di violenze antisemite nelle banlieues e meglio sarebbe stato. La situazione, invece di calmarsi si è aggravata.

A che punto siamo con l’antisemitismo in Europa?

I numeri, le statistiche, le ricerche sono sempre un po’ noiosi. Il freddo elenco di fatti, magari drammatici, ridotti a cifre non appassiona. Pero’ ci sono utili per inquadrare un fenomeno, comprenderne -almeno in parte – la portata. Cosi’ forse non sarà vano dare un’occhiata al Rapporto 2012 in merito all’antisemitismo nel mondo, redatto da The Lester and Sally Entin Faculty of Humanities Kantor Center for the Study of Contemporary European Jewry, Moshe Kantor Database for the Study of Contemporary Antisemitism and Racism, dell’Università di Tel Aviv.

Intanto il rapporto ci dice che gli atti antisemiti, in un anno, sono aumentati del 30% in tutto il mondo. Il rapporto, che è stato presentato alla vigilia del Giorno della Memoria, ha mostrato che vi sono stati 686 atti di violenza e vandalismo , contro i 526 del 2011. Essi comprendono 273 attacchi contro persone, tra cui 50 a mano armata , 166 minacce dirette alla vita e la profanazione di 190 tra sinagoghe, cimiteri e monumenti .

In Francia si sono registrati il maggior numero di attacchi con 200 , contro i 114 del 2011. Poi nell’ordine Stati Uniti con 99 , il Regno Unito , 84 , Canada 74 , e Australia , 53 . Il rapporto afferma che l’aumento è dovuto in parte all’attacco terroristico alla scuola Hatorah Otzar a Tolosa nel mese di marzo, che ha ucciso un rabbino e tre figli e ha portato a una serie di incidenti “copia” contro la comunità ebraica in Francia . Inoltre , l’operazione Pillar of Defence a Gaza , ha portato ad un aumento di breve durata di atti di antisemitismo , e ad una escalation nelle attività dell’ estrema destra, con il rafforzamento di partiti con una chiara agenda antisemita , in particolare in Ungheria e Grecia , così come in Ucraina .

Esempio di vignetta “classica” antisemita, spacciata per anti sionista

Vediamo alcuni esempi:

Argentina: 19 ott 2012 – Concordia, Entre Rios – Un messaggio discriminatorio e antisemita, che includeva riferimenti nazisti, è stato dipinto sulla facciata di una scuola pubblica.

6 settembre 2012 – Cordoba – Il cantante Miguel Vilanova afferma durante una performance: “io sono antisemita, ma non anti-ebraico” e “il piano sionista per comprare la Patagonia dura da più di 150 anni”.

6 settembre 2012 – Mendoza – Nel corso di una partita di basket, il padre del giocatore Andres Berman è stato aggredito fisicamente, dopo aver criticato le dichiarazioni antisemite dei tifosi di una squadra avversaria.

31 agosto 2012 – Santiago – Il presidente della Federazione Palestinese  cilena, Mauricio Abu Ghosh, ha detto alla stazione  radio “Cooperativa” che “i nazisti erano pesci piccoli rispetto ai sionisti di oggi, che costituiscono lo Stato di Israele.” Ha anche detto, “I nazisti erano bambini rispetto ai sionisti di oggi, per come si sono incarnati nello Stato di Israele “.

In Australia:

1 febbraio 2012 – Melbourne – “Il miglior Ebreo è un Ebreo morto” e il disegno di un impiccato, tracciato con vernice spray, in un bagno pubblico del mercato situato nel sobborgo di Melbourne Wantirna.

Esempio di “hate speech”

FRANCIA

11 Dicembre 2012 – Istres – Un insegnante di scuola superiore , quotidianamente insultato con epiteti antisemiti da alcuni dei suoi studenti è stato centrato da una bomba all’acido muriatico . Una bottiglia contenente acido cloridrico è stata gettata nella stanza alle 8.30, all’inizio di una lezione. Uno studente dette l’allarme in tempo per far uscire gli studenti prima dell’esplosione . Uno studente rimase comunque ferito . La polizia arresto’ un 19enne .

3 dicembre 2012 – Sarcelles – Grandi svastiche scarabocchiata sui muri di una pizzeria kasher nella periferia di Parigi .

29 novembre 2012 – Aix en Provence – Un uomo ebreo sente delle grida provenire dall’esterno del suo appartamento: “Sporco Ebreo ! Sporco Ebreo ! Ti daremo uno Shabbat shalom ! ” Uscendo, si trova davanti tre giovani di origine Nord africana che lo colpiscono , lo prendono a calci , strappano la mezuzah dalla porta, gli sputano e gli urinano addosso.

17 novembre 2012 – Sarcelles – In questo sobborgo di Parigi , un giovane ebreo esce dalla sinagoga ed è aggredito da tre giovani uomini Norda-africani, che gli urlano: “Hey sporco Ebreo ! Fotto Israele , ti ammazziamo! ” Due degli assalitori lo accoltellano e lo prendono a calci , mentre il terzo lo colpisce al braccio con una mazza da baseball .

28 Ottobre 2012 – Aix – les – Bains – volantini antisemiti con riferimento agli ebrei come ” i principali responsabili per la decadenza dei bianchi e l’invasione delle razze inferiori” sono spediti ai residenti della città.

22 Ottobre 2012 – Parigi – Un ragazzo ebreo di 12 anni, mentre stava alla fermata del bus della scuola , è assalito da due uomini intorno ai 40 anni , che parlando arabo , cominciano a insultarlo e poi lo colpiscono con le loro cinture . I passanti intervengo e mettono in fuga gli aggressori .

9 Ottobre 2012 – Avignone – La lapide all’ingresso del cimitero ebraico , con una stella di Davide e la scritta ” Cimitero ebraico ” , è distrutta .

9 Ottobre 2012 – Parigi – 9 anni, è colpito al braccio da colpi di pistola mentre sta lasciando la sinagoga .

5 ottobre 2012 – Seine Saint Denis – Una famiglia sta cenando nella sua sukkah, quando un gruppo di persone inizia a cantare, sbeffeggiandoli . Pochi minuti dopo, ciottoli e pezzi di asfalto arrivano sul tetto della sukkah . La famiglia ha riferito di aver udito : “Sporchi ebrei , vi acchiappiamo – ebrei avremo la vostra pelle – Fuori di qui – Tornate a casa “. Una donna della famiglia è ferita da un sasso alla schiena .

19 Settembre 2012 – Sarcelles – Una bomba incendiaria è gettata in un supermercato Kasher da due assalitori mascherati , causando almeno un ferito .

4 settembre 2012 – Montreuil – “Fotti gli ebrei. Fotti la scuola . ” Scritto a caratteri cubitali, all’ingresso del liceo pubblico Paul Eluard , nel sobborgo parigino di Montreuil . La scuola si trova vicino a una scuola ebraica di commercio , l’ORT Daniel Mayer .

Esempio di vignetta antisemita, spacciata come in sostegno ai Palestinesi

7 Agosto 2012 – Parigi – Una ragazza ebrea di 17 anni è duramente picchiata da un’araba di 18 anni, in un centro commerciale in un sobborgo di Parigi . L’attaccante si lascia andare a insulti antisemiti durante l’aggressione “Sporca ebrea, ti sotterro” La polizia  l’arresta .

20 luglio 2012 – Parigi – Una sinagoga è profanata per la terza volta in 10 giorni; i vandali gettano i libri di preghiera e i tallit a terra e mandano in frantumi le finestre dell’edificio .

5 Luglio 2012 – Toulouse – Uno studente di 17 anni, della scuola ebraica Ozar Hatorah, è aggredito su un treno che va da Tolosa a Lione . I due giovani responsabili dell’attacco sono arrestati .

8 giu 2012 – Sarcelles – Un ragazzo Ebreo di 18 anni è aggredito fisicamente da uomini che gridano insulti antisemiti e gli rubano il telefono .

2 giugno 2012 – Lione – Tre giovani ebrei con le kippot in testa, sono aggrediti mentre camminano verso una scuola ebraica, per Shabbat . Un gruppo di più di 10 assalitori, dopo averli circondati, canta ” sporchi Ebrei “, colpendoli poi con martelli e sbarre di ferro e ferendone due alla testa e al braccio .

Esempio di vignetta antisemita: gli Ebrei comandano il mondo

26 marzo 2012 – Paris – Un ragazzo ebreo di 12 anni  è  picchiato fuori dalla scuola ebraica Ozar  Hatorah a Parigi, da giovani che recitano slogan antisemiti. Il ragazzo è colpito e ferito nella parte posteriore della testa.

19 marzo 2012 – Toulouse – Quattro ebrei sono uccisi alla scuola ebraica Ozar Hatorah da un terrorista armato, in seguito identificato dalle autorità come Mohammed Merah . Rabbi Jonathan Sandler , 30 , ed i suoi due figli Aryeh 6 anni e Gabriel , 3 , sono uccisi mentre stavano entrando nei locali della scuola . Merah poi, entrato nella scuola , continuando a sparare a studenti e docenti, corre dietro Miriam Monsonego , 8 anni, figlia del preside della scuola , l’afferra per i capelli e le spara un colpo in testa . Merah è responsabile anche per l’uccisione di tre soldati francesi. In una telefonata a una stazione televisiva francese , Merah ha dichiarato di aver preso di mira la scuola ebraica per vendicare l’uccisione dei bambini a Gaza. Merah era potuto andare ad addestrarsi in Pakistan e in Afghanistan e si era legato all’ organizzazione terroristica di Al Qaeda . Forse puo’ anche aver avuto legami con Forsane Alizza , un’organizzazione di ultra destra, messa fuorilegge dal governo francese nel mese di gennaio per sostegno al terrorismo . Il 22 marzo , dopo 32 ore di assedio da parte della polizia , Merah è ucciso.

Vignetta antisemita, spacciata per “pro palestinese”

E poi la Germania, con tre attacchi fisici a distanza di un mese l’uno dall’altro; l’Italia, con deturpazioni oltraggiose di sinagoghe e contrasto della celebrazione pubblica di Hanukkah; l’Ungheria, con una lunga sequenza di vandalismi, dalla bandiera di Israele bruciata, ai cimiteri ebraici e le sinagoghe imbrattate, alle aggressioni fisiche.

Nel corso di una conferenza stampa che annunciava i risultati del rapporto, Moshe Kantor , presidente del Congresso ebraico europeo , ha indicato l’Ungheria come “modello” per valutare le tendenze razziste e antisemite più preoccupanti in Europa .

” Ci sono segnali estremamente preoccupanti,  provenienti dall’Ungheria; gli attacchi contro le minoranze e i commenti oltraggiosi da parte di politici di estrema destra, si susseguono ormai ogni settimana “, ha detto Kantor . “Purtroppo , le linee rosse continuano ad essere attraversate e questo richiede una reazione molto decisa , sia da parte del governo ungherese che dell’Unione europea, per respingere questi fenomeni. Kantor ha chiesto “una politica di ‘ tolleranza zero ‘ contro il razzismo . ”  “Stiamo spingendo per un incontro tra i leader ungheresi e l’UE, per l’avvio di audizioni in commissioni competenti, perché questa situazione non può continuare “, ha detto .

Quanto costa il terrorismo ai Palestinesi?

Questa volta non si tratta di smentire nulla, al contrario. Ci sono verità che sembrano non interessare nessuno, perché? Una di queste si basa su una domanda semplice che potrebbe, per logica, venire in mente a chiunque e cosi’ non è: Quanto costa il terrorismo all’economia Palestinese?

Per fortuna la domanda se l’è posta Cifwatch e lo spunto lo ha dato l’intervento di Mona Chalabi, sul blog del The Guardian. Chi è Mona Chalabi? Sulla pagina del The Guardian è presentata cosi’:

Mona Chalabi è una ricercatore e giornalista nel team del Guardian. In precedenza ha lavorato presso la Banca d’Inghilterra, l’Economist Intelligence Unit, Transparency International ed è osservatore permanente delle Nazioni Unite.

Mona Chalabi si interessa ai “profughi”, ma solo a quelli Palestinesi, ovviamente. Non le passa neppure per la testa che ce ne siano stati anche di Ebrei. Dunque, Mona Chalabi è quella che attribuisce i gravi problemi che affliggono l’economia Palestinese, interamente a Israele. Per lei il terrorismo Palestinese è stato ed è completamente irrilevante in proposito.

Non una parola sui costi del terrorismo, sulla corruzione dell’amministrazione Palestinese che ormai non è più un segreto per nessuno, non una parola sull’intervento egiziano che ha cambiato le sorti del contrabbando tra Egitto e Gaza, da quando l’esercito ha fermamente operato in modo da distruggere le centinaia di tunnels abusivi che collegavano i due territori. Nulla. Solo e soltanto “l’occupazione” è responsabile. Insomma, qual è il Chalabi-pensiero? Niente di originale:

L’occupazione israeliana nei territori Palestinesi, la barriera che ha costruito lungo e all’interno della Cisgiordania, così come i suoi blocchi terra, aria e mare nella striscia di Gaza hanno posto severe limitazioni al successo delle politiche economiche Palestinesi. Una complessa rete di checkpoint e blocchi stradali rendono difficile per i Palestinesi spostarsi all’interno del Territori, per affari o commercio. Gli agricoltori la cui terra è ormai alle spalle della barriera, sono costretti a richiedere i “permessi per visitatori ‘, che Israele rifiuta regolarmente – in Akkaba sono state approvate il  49% delle domande nel 2011, e solo il 20% nel 2012. Più di recente, un rapporto della Banca Mondiale ha rilevato che le restrizioni israeliane in Cisgiordania soltanto, costano all’economia Palestinese $ 3,4 miliardi (£ 2,1 miliardi) l’anno, ovvero il 35% del suo PIL.

E via discorrendo. I “dati” della Chalabi sono stati confutati, ma cio’ che sorprende (per modo di dire) è il completo annullamento del “fattore terrorismo” nel rapporto. Come al solito, le misure di difesa che Israele è stato COSTRETTO a mettere in atto sono presentate “nude e crude”, senza nemmeno un accenno alle cause che le hanno provocate. Non c’è traccia nei suoi report di parole come “razzi”, “terrorismo”, “terroristi”.

E invece, nonostante la Chalabi non ne voglia parlare, proviamo ad elencare le “voci di spesa” che il terrorismo ha inflitto all’economia Palestinese :

Il costo che l’economia Palestinese subisce a causa delle misure di sicurezza israeliane, rese necessarie dal terrorismo

Il costo di approvvigionamento, produzione , manutenzione e distribuzione di circa 13.000 razzi lanciati dai terroristi da Gaza

Il costo del tunnel a Gaza , sia per quanto riguarda i fondi del governo utilizzati per la loro costruzione , così come l’impiego dei materiali da costruzione di calcestruzzo e altri che sarebbero altrimenti utilizzati per migliorare le loro infrastrutture

I costi delle armi , munizioni, cinture esplosive , ordigni esplosivi ( e la formazione di ‘ militanti ‘ per utilizzare tali armi ) nella West Bank e Gaza, da dopo la prima Intifada

Il relativo costo di migliaia di Palestinesi coinvolti nel settore del terrore che potrebbero altrimenti essere impiegati nelle imprese più produttive

Il costo per l’ Autorità Palestinese degli stipendi ai terroristi rinchiusi nelle carceri israeliane

Il costo per l’economia Palestinese per la glorificazione del terrore e la persecuzione sionista da parte della leadership e il conseguente fallimento dei programmi di istruzione , dedizione al lavoro e innovazione.

Un tunnel Rafah-Egitto

Il costo di un razzo Grad, venduto sul mercato iraniano a soli 1000 dollari, con “l’aggravio” calcolato sulle perdite inflitte dall’esercito israeliano ogni volta che una base terroristica è distrutta, i costi di spedizioni estremamente complicate che comportano, tra l’altro, anche le vistose tangenti che necessariamente devono essere pagate ad ogni passo fatto dai razzi, aumenta esponenzialmente fino a costare, dagli iniziali 1000 dollari, 10.000 una volta arrivato a Gaza.

I tunnels da Gaza all’Egitto devono essere necessarimente intonacati, per tentare di evitare possibili crolli e forniti di illuminazione elettrica e linee telefoniche. Un tunnel scoperto ad ottobre, lungo 1,7 km,  scavato a 18 metri di profondità, ha richiesto l’impiego di circa 500 tonnellate di cemento e calcestruzzo.

Quante opere avrebbero potuto essere costruite con le centinaia di tonnellate di calcestruzzo e cemento impiegate per i tunnels? Quante scuole, quanti ospedali? Un tunnel scavato a 18 metri di profondità costa approssimativalente 10 milioni di dollari. Nel 2010 le stime parlavano di 7000 persone, impiegate in 1000 tunnels a Rafah.

Nel mese di aprile 2011, il Registro dell’Autorità Palestinese ha pubblicato una risoluzione del governo che concede a tutti i detenuti in Israele per crimini contro la sicurezza e per reati collegati al terrorismo uno stipendio mensile (Al-Hayat Al-Jadida, 15 Aprile 2011). Questa nuova risoluzione, 2010, capitoli 21 e 23, ha formalizzato quella che è stata a lungo una pratica dell’Amministrazione Palestinese. La legge definisce chi ha titolo per essere considerato “prigioniero” e conseguente diritto allo stipendio mensile:

“Chiunque imprigionato nelle carceri dell’occupante [Israele] a causa della sua partecipazione alla lotta contro l’occupazione” (Cap. 1 della legge sui prigionieri, 2004/19, www. alasra.ps, accessibili 9 mag 2011)

Secondo questi parametri, più di 4.500 detenuti (al dicembre 2012) hanno diritto a questi stipendi. E’ da specificare che i detenuti “semplici”, quelli arrestati per reati che nulla hanno a che vedere con il terrorismo, NON ricevono uno stipendio.

Questi pagamenti sono prelevati dal bilancio generale dell’Amministrazione e dalle imposte sul reddito, come per tutti gli altri stipendi della Amministrazione pubblica. (Al-Hayat Al-Jadida 19 giugno 2011). Gli stipendi variano dai 2.400 shekel ai 12.000 shekel. Più lunga è la condanna (e quindi si suppone anche più grave il reato), più lo stipendio aumenta. Quindi, a un semplice fiancheggiatore potrebbe essere assegnato uno stipendio base, mentre a un pluri- omicida spetterebbe lo stipendio massimo.

Per i terroristi che invece avessero scontato le loro condanne e fossero stati rilasciati, l’Amministrazione Palestinese prevede “gratifiche” speciali. Nel settembre 2013, il Primo ministro Rami Hamdallah ha reso nota la cifra di 15 milioni di dollari destinati a 5000 Palestinesi rilasciati dopo aver scontato condanne per terrorismo. Il giornale Al Hayyat al Jadida ha reso noto, nel maggio 2013, che l’Unione Europea ha contribuito al pagamento degli stipendi dell’Amministrazione Palestinese (capitolo nel quale rientrano anche gli stipendi e le “gratifiche” ai terroristi) con 19.200.000 Euro.

L’Australian Christian Charity World Vision, uno dei più importanti gruppi di assistenza australiani, ha invece, nel 2010, finanziato un centro giovanile intitolato al Palestinese terrorista Abu Jihad. Il quotidiano dell’Autorità palestinese ha riferito che i rappresentanti di World Vision Australia hanno incontrato i rappresentanti Palestinesi della Gioventù di Jenin e i responsabili sportivi per pianificare l’operazione del “World Vision Stadio – Palestina / Qabatiya,” all’interno del “Shahid (martire) Abu Jihad Youth Center “, e per discutere di cooperazione futura.

Sono solo accenni, tanto ci sarebbe da approfondire in merito. Certo è che nell’analisi della crisi economica Palestinese non basta cavarsela sbrigativamente con due parolette di rito contro “l’occupante sionista”. L’economia Palestinese deve anche essere necessariamente analizzata dal punto di vista dei costi ingentissimi che il terrorismo e le amministrazioni irresponsabili e corrotte infliggono alla popolazione. Ma questo è un discorso scomodo che al momento solo pochi Stati tra quelli chiamati in causa direttamete dai loro finanziamenti alle due Amministrazioni, quella di Hamas e quella di Abbas, hanno il coraggio di affrontare.

Social Antisemitism 2.0

I social network sono quelle “piattaforme” on line utilizzate in modo abituale, in tutto il mondo, per mezzo delle quali la socialità ha allargato i suoi confini. Tramite i social networks possiamo mantenere contatti giornalieri con “amici virtuali” che vivono a migliaia di chilometri da noi, conoscere le date dei loro compleanni, sapere tutto (o quasi) della loro vita quotidiana, avere sotto gli occhi le foto dei loro familiari, dei loro animali domestici, conoscere i loro gusti in fatto di musica, cinema, libri, arte.

Questi “legami a distanza” possono diventare talmente forti e veri da mettere quelli della “vita reale” tra virgolette. E’ la “realtà” che in qualche modo perde nel confronto con il virtuale. Perché cio’ che difficilmente si potrebbe comunicare a una persona in carne e ossa, conosciuta da poco, on line diventa facile, è la norma. Anzi! L’interazione sempre e comunque, fosse anche con un semplice “like” è richiesta. La comunicazione avviene in simultanea con più persone, che possono scrivere anche da continenti diversi ed in brevissimo tempo, quello che più o meno impieghiamo per formulare un pensiero ed esprimerlo nel “reale”, riusciamo ad avere il punto di vista di un numero di persone, differenti tra loro. E’ stata la rivoluzione sociale del secolo.

Questo accesso facile ad un gran numero di utenti non poteva che fare gola a chi ha necessità di propagandare razzismo, antisemitismo, apologia del nazismo e del fascismo, omofobia e tutte quelle ideologie che, apparentemente, cozzano con l’idea di una società democratica ed equa.

On line le teorie complottiste, ad esempio, sono assurte al rango di “idee”, punti di vista, “documenti”. Quel “sospetto” che si presentava insistente al cervello ma difficile da sostenere con “prove”, quel dubbio non espresso nel timore di provocare una reazione di scherno da parte dell’interlocutore, quel risentimento senza nome, provato per alcune “categorie” sociali, la sensazione che qualcosa di “misterioso”, segreto, alieno si svolga alle spalle di cittadini ignari, sui social network si libera, diventa possibile, accettabile, “reale”. Anzi, lungi dal suscitare riprovazione, tali esternazioni diventano caratteristiche di coloro che “sono svegli”, che non “si lasciano ingannare”, che non “si lasciano imbavagliare”. Segno distintivo positivo, piuttosto che il contrario.

i social network hanno una policy che dovrebbe, in teoria, impedire l’abuso del mezzo. Facebook per esempio, una delle piattaforme più popolari, ha un regolamento che vieta l’incitazione all’odio, al razzismo, la pubblicazione di immagini violente, l’istigazione al suicidio, all’autolesionismo, alla discriminazione per motivi etnici, religiosi, sessuali. Al capitolo 3 delle “Condizioni” leggiamo:

Ci impegniamo al massimo per fare in modo che Facebook sia un sito sicuro, ma non possiamo garantirlo. Abbiamo bisogno che gli utenti contribuiscano a tutelare la sicurezza di Facebook ovvero che si impegnino a:

Non pubblicare comunicazioni commerciali non autorizzate (ad esempio spam) su Facebook.

Non raccogliere contenuti o informazioni degli utenti, né accedere in altro modo a Facebook usando strumenti automatizzati (come bot di raccolta, robot, spider o scraper) senza previa autorizzazione da parte nostra.

Non intraprendere azioni di marketing multi-livello illegali, ad esempio schemi piramidali, su Facebook.

Non caricare virus o altri codici dannosi.

Non cercare di ottenere informazioni di accesso o accedere ad account di altri utenti.

Non denigrare, intimidire o molestare altri utenti.

Non pubblicare contenuti: minatori, pornografici, con incitazioni all’odio o alla violenza, con immagini di nudo o di violenza forte o gratuita.

Non sviluppare o utilizzare applicazioni di terzi con contenuti correlati all’alcol, a servizi di incontri o comunque rivolti a un pubblico adulto (comprese le pubblicità) senza le dovute restrizioni di età.

Seguire le nostre Linee guida sulle promozioni e tutte le leggi applicabili se si pubblicizzano o propongono gare, offerte o concorsi a premi (“promozioni”) su Facebook.

Non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori.

Non intraprendere azioni che possano impedire, sovraccaricare o compromettere il corretto funzionamento o l’aspetto di Facebook, ad esempio con un attacco di negazione del servizio o altre azioni di disturbo che interferiscano con il rendering delle pagine o con altre funzioni di Facebook.

Non favorire o incoraggiare alcuna violazione della presente Dichiarazione o delle nostre normative.

A questo proposito, ogni utilizzatore ha a disposizione la possibilità di segnalare post, foto e quant’altro ritenesse in violazione a queste norme. Nella realtà le segnalazioni Facebook che riguardano “hate speech”, antisemitismo e/o razzismo non sono mai prese in considerazione. Le sue pagine, private e pubbliche, rigurgitano di materiale antisemita e razzista che indisturbato resta a disposizione di un pubblico difficilmente quantificabile, ma comunque di proporzioni enormi. L’antisemitismo 2.0 è stato ufficialmente “sdoganato”, è diventato manifestazione accettabile.

Si è andata formando una “comunità” di utilizzatori mondiali che si ritrovano, si sostengono, si aggiornano, si incoraggiano tramite il social network. Ignorarne l’effettiva forza e l’efficacia sarebbe da stolti irresponsabili. Non si tratta più di casi isolati, non di alcuni “pazzi” che delirano tra di loro: è un fenomeno in costante crescita, supportato da pubblicazioni, forum, conferenze che spesso servono anche per incontrare di persona quelli che non si contentano di parlare sotto la maschera di un nick name.

Un esempio: vignetta apparsa nella pagina Facebook ‘Untold History’ e che viola palesemente la policy del social network; non rimossa

La pagina è gestita da un gruppo svedese, ma che pubblica su un server fuori dal paese, chiamato European Knights Project,  partner dell’Institute for Historical Review. Nella Home page è scritto a lettere maiuscole che si tratta di un “sito storico e non politico”. In realtà la pagina è impegnata nella negazione della Shoah e presenta solo una storia falsa e/o falsificata, ma anche attribuisce agli Ebrei ogni più “classica” e vile tra le accuse della propaganda antisemita.

Utilizzando principalmente vignette con didascalie , immagini Photoshoppate e cartoons , la pagina ospita tutti i più famosi best sellers dell’antisemitismo: gli Ebrei controllano l’America e vogliono controllare il mondo , la Shoah non è mai avvenuta ; gli Ebrei sfruttano il mito della Shoah , gli Alleati hanno fatto molto peggio ai tedeschi , giapponesi e nippo- americani di quello che i nazisti hanno fatto agli Ebrei; Hitler era un grande uomo, difensore della civiltà cristiana; il comunismo è uno strumento ebraico; Israele è la fonte di ogni male nel mondo; il 9 /11 fu lavoro del Mossad. E poi, altro strumento privilegiato utilizzato da questo genere di pagine, le false citazioni, come quella fabbricato dall’evangelista americano Texe Marrs e attribuita a Menachem Begin :

La nostra razza  è quella Eletta, noi siamo gli dei divini su questo pianeta . Noi siamo diversi dalle razze inferiori come esse lo sono dagli insetti …. le altre razze sono bestie e animali , bestiame nel migliore dei casi. Il nostro destino è quello di governare le razze inferiori . Le masse ci leccheranno i piedi e ci serviranno come schiavi . ”

Ogni elemento possibile alla condivisione: video, vignette, citazioni false, storie, opinioni, petizioni, puo’ diventare strumento di una propaganda che non conosce soste. La foto sotto è stata segnalata da OnLine Hate Prevention Institute e da Elder of Zyon e si trova all’interno di una pagina Facebook. E’ un esempio di un altro mascheramento utilizzato dai gruppi antisemiti per diffondere la loro propaganda:  il cosi’ detto “humor nero”, pagine che si presentano come satiriche, di un humor solo un po’ più cinico del solito e che invece sono spesso veri e propri manifesti di odio.

JCPA org, Jerusalem Center for Public Affair, ci mette sotto gli occhi un conteggio spaventoso nel suo realismo: se prendiamo un gruppo antisemita, su Facebook, che abbia 32.596 membri iscritti ed immaginiamo che ognuna di queste persone abbia una media di 150 amici –  da 150 a 200 sarebbe più esatto-  questo gruppo sarà pubblicizzato a circa 4,9 milioni di persone! E per farlo non ha nemmeno bisogno di fare ricorso agli stereotipi antisemiti che abbiamo visto finora, basta sventoli tra le sue finalità – come osserva JCPA- poche “parole d’ordine”:

Questo gruppo non attacca qualsiasi gruppo o individuo . Il nostro obiettivo è quello di raggiungere una soluzione pacifica . Questo gruppo afferma semplicemente che Israele è un regime di apartheid . Questo gruppo condanna fermamente il razzismo e non lo tollera. Sostenere l’illegittimità all’esistenza dello Stato di Israele, non può essere considerato anti -semita , anche secondo la definizione di antisemitismo, accettata e adottata nel 2005 .

E’ la via più semplice e di sicuro effetto; se qualcuno potrebbe avere da ridire sull’immagine di Anna Frank utilizzata brutalmente, sull’illegittimità di Israele a esistere difficilmente saranno sollevate obiezioni, anzi! Colui che condividesse simili propositi potrebbe addirittura ammantarsi di “difesa dei diritti umani” ed esserne quindi nobilitato.

Eppure basterebbe prendere atto dell’evidenza: di nessun altro Paese nel mondo, neanche degli Stati più “canaglia” è messo in discussione il diritto all’esistenza. A nessun altro Paese al mondo è augurata la distruzione. Israele rappresenta gli Ebrei nell’immaginario collettivo del mondo e quindi di quello on line, Israele E’ gli Ebrei. Come entra la critica a un governo, in questo? E’ apparso su Facebook.

Gilles Barnheim, ex Gran Rabbino di Francia

E questo, del noto disegnatore antisemita Latuff, amatissimo e condiviso da milioni di utenti on line, la possiamo davvero chiamare “legittima critica”?

E questa, dello stesso autore?

C’è sostanziale differenza tra queste vignette mostrate sopra e la propaganda nazista anti ebraica di inizio Novecento?

Tutto questo ( e molto, molto altro ancora) per la policy di Facebook non viola i parametri imposti. Ma per aver pubblicato questa foto sotto, diversi utilizzatori hanno avuto chiuso il proprio account con la motivazione “scena di sesso esplicito”