Archivio mensile:dicembre 2013

I Top Ten per il centro Wiesenthal

Fine anno, tempo di bilanci. Il Centro Simon Wiesenthal pubblica i top ten dell’antisemitismo/Israelofobia 2013.

Il primo posto se lo aggiudica l’ayatollah Khamenei:

“Cani rabbiosi… non possono essere chiamati umani…”

Pochi leaders politici hanno condannato il leader supremo Ayatollah Khamenei per le sue continue minacce pubbliche di genocidio contro lo Stato ebraico e le sue dichiarazioni sprezzanti. Riferendosi a Israele come il “cane rabbioso della regione”, ha aggiunto, “I suoi leader sembrano bestie e non possono essere chiamati umani. ” Per tutto il 2013, l’ayatollah anti-semita e anti-Israele ha dato sfogo al suo odio, senza sosta. Alla vigilia delle elezioni iraniane, Khamenei ha dichiarato che i “sionisti” sono il vero potere negli Stati Uniti, aggiornando il vecchio stereotipo di una cospirazione ebraica mondiale. Vincitore assoluto.

Al secondo posto, Recip Tayyip Erdogan, Primo Ministro turco. Nonostante Ankara sia storicamente uno dei partner commerciali di Israele e suo alleato strategico, l’anno di Erdogan da primo ministro turco è stato caratterizzato da un’estrema animosità verso Israele. In risposta alle manifestazioni anti-governative in Gezi Park a Istanbul , Erdogan , ha usato espressioni come ” La Diaspora ebraica “, e “lobbies di interessi” per definire il dissenso. Per Erdogan inoltre, l’estromissione di Mohammed Morsi da parte dei militari, in Egitto, è stato istigato da Israele . Nel mese di dicembre, Erdogan e i suoi media accusavano una cospirazione di ” potenze straniere ” per l’ennesimo scandalo di corruzione venuto alla luce, addossando la responsabilità della crisi alla “lobby del tasso di interesse “. Il New York Times riferi’ che i presunti colpevoli citati dai media erano Stati Uniti e Israele …

E come deludere Richard Falk? Si aggiudica un bel terzo posto, meritatissimo. Ormai le sue dichiarazioni allucinate suscitano imbarazzo anche tra coloro che non si possono propriamente annoverare tra gli “amici” di Israele. Richard Falk , relatore speciale delle Nazioni Unite per la Palestina (sigh!) accusa Israele di ” genocidio “. Falk ha detto alla televisione russa RT :

“Quando è preso di mira un gruppo , un gruppo etnico, infliggendo punizioni collettive, cio’  è in effetti alimentare una sorta di disegno criminoso genocida “.

Falk ha una lunga e sordida storia di odio per Israele ed antisemitismo . Ha asserito che Israele potrebbe avere un programma di sterminio dei Palestinesi simile a quello pianificato dai nazisti. Ha giustificato il terrorismo palestinese in termini di ” diritto di resistenza” , aggiungendo che gli attentati suicidi sono l’unico modo per infliggere un danno sufficiente a Israele in modo che “la lotta possa andare avanti . ” Falk nega che Hamas sia un’organizzazione terroristica , sostenendo che il blocco israeliano ha portato Gaza ” sull’orlo della fame collettiva” , imponendo una “esistenza sub- umana a un popolo “, e che le politiche di Israele sono ” davvero genocide “. Nel 2011 , Falk ha pubblicato una vignetta sul suo blog in merito all’atto d’accusa del Tribunale penale internazionale contro Muhammar Gheddafi , con l’immagine di un cane con una kippah e una maglia con scritto USA , mentre urina su Lady Giustizia e divora ossa umane insanguinate . Falk in seguito ha riconosciuto la vignetta come antisemita e si è scusato dicendo: ” … dobbiamo anche fare la pace con la natura , e trattare gli animali con tanto rispetto quanto è possibile”. Il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki -moon, ha condannato Falk per le sue teorie riguardo agli  attacchi dell’11 / 9, un “gioco dal di dentro” secondo Falk.

Il quarto posto spetta al movimento BDS: Boicottaggio / Disinvestimento / Sanzioni /  punto di svolta della demonizzazione globale di Israele e all’ASA, American Studies Association. L’intero mondo arabo è in fiamme e l’americana ASA ha votato per diffamare l’unica vera società libera rimasta sulla mappa del Medio Oriente. Questo è un atto di infamia, non solo per attaccare le istituzioni accademiche israeliane ma gli ebrei in tutto il mondo. Alla domanda sul perché lo Stato ebraico (non Cuba, non la Corea del Nord o la Cina), è stato scelto per il boicottaggio,  Il presidente dell’ASA, il professor Curtis Marez, ha risposto: “Dobbiamo iniziare da qualche parte.”

In realtà, il voto ASA puzza di fanatismo e di un doppio standard pericoloso. Evidenzia con la sua decisione il rifiuto volontario di condannare i veri architetti del muro di separazione – i terroristi e i loro sostenitori che non possono accettare l’esistenza di un piccolo Stato ebraico tra i 23 stati arabi.

Roger Waters, musicista di quelli che un tempo furono i mitici Pink Floyd, attivista del movimento BDS, esibisce un pallone a forma di maiale nei suoi concerti sul quale sono disegnati i “simboli del male” fra i quali figura anche una Stella di David. Chiama Israele “stato di apartheid”  e lo paragona ai nazisti tedeschi. L’Osservatore Romano ha definito l’atteggiamento di Waters “sfrenato antisemitismo”. 

La United Church of Canada, per aver contribuito ad avvelenare le relazioni inter-religiose. Mentre i cristiani soffrono e sono decimati in Siria, mentre sono stati cancellati dall’Iraq  e minacciati di scomparsa in Egitto, la Chiesa Unita del Canada ha approvato il boicottaggio di Israele, l’unico stato del Medio Oriente che garantisce la piena libertà religiosa e la protezione di tutte le fedi. Tali mosse palesemente offensive, ostacolano le speranze di pace e riconciliazione in “Terra Santa” e hanno l’effetto di avvelenare le relazioni interreligiose in Canada.

Al quinto posto il Centro Simon Wiesenthal colloca il partito neo nazista ungherese Jobbk, che continua a fomentare l’odio per gli Ebrei. Marton Gyongyosi, deputato leader del gruppo, ha chiesto un registro di tutti gli Ebrei  residenti in Ungheria, come “misura di sicurezza”. Ora ha aggiunto il revisionismo alla sua agenda politica. “E’ è diventato un business fantastico andarsene in giro a trastullarsi con i numeri”. Ha inoltre affermato che Israele, “… gestisce un sistema nazista basato sulla razza,” e che “gli ebrei stanno cercando di costruire al di fuori di Israele. C’è una sorta di espansionismo nel loro comportamento.” Per quanto riguarda il Medio Oriente, Gyongyosi ha annunciato una serie di prossime conferenze sulla “minaccia sionista alla Pace”.

Il sesto posto se lo guadagnano quei personaggi pubblici che hanno dichiarato apertamente la loro simpatia per Hitler. La cantante libanese Najwa Karam è una superstar con 50 milioni di dischi venduti. Era il “volto arabo” per L’Oreal ed era stata nella giuria della versione araba dell’American Idol, l’Arabs Got Talent. La serie pan-araba ha riscosso un successo paragonabile a quella americana, raggiungendo milioni di case. Purtroppo, Najwa Karam è anche una ammiratrice di Hitler.  Alla domanda postale alla TV libanese, nel programma Talk of the Town, di scegliere gli attributi di sei uomini famosi per creare il suo “uomo ideale”, ha scelto di Hitler la “persuasiva” capacità di parlare. Mai scusata. Il Centro Wiesenthal ha chiesto alla società che possiede il programma di rimuoverla dal suo ruolo di “giudice”.

A Mehmet Sahin, un musulmano, assistente sociale olandese, è stato chiesto – dalla TV nazionale – di intervistare i giovani in difficoltà nella sua comunità. Il risultato sono state le scioccanti dichiarazioni dei ragazzi musulmani olandesi, ad esempio: “Quello che Hitler ha fatto agli Ebrei è bene, secondo me”, “Hitler avrebbe ucciso tutti gli Ebrei “, dice sorridendo un altro. Mehmet ha promesso di fare tutto quanto in suo potere per dissuadere i giovani dal loro odio. Le minacce ricevute in seguito, hanno costretto lui e la sua famiglia a essere trasferiti dalle autorità olandesi in un piccolo villaggio.

Il leader spirituale dei Fratelli Musulmani in Egitto, Yusuf al Qaradawi ha dichiarato:

“Nel corso della storia Allah ha decretato per gli Ebrei punizioni per la loro corruzione. L’ultima punizione è stata effettuata da Adolf Hitler. ”

Il religioso iracheno Qays bin Khalil al Kalbi, ha detto durante una visita negli Usa:

“Allah vi ha scelto come il più miserabile di tutti i popoli. Allah vi ha scelto come il popolo più adatto a diventare maiali e scimmie …. Allah ha scelto Hitler per uccidervi, quindi chi è migliore, voi o lui? ”

Al settimo posto le vignette diffamanti. Zeon, un disegnatore francese, è ossessionato da Israele e dagli Ebrei. Usa continuamente lo stereotipo de “l’accusa del sangue” e tutti i classici dell’antisemitismo.

una vignetta di Zeon

“l’arte” di Zeon

In Germania, il dibattito sul nucleare iraniano è stato segnato da vignette di due giornali diversi (La Badische Zeitung e la Stuttgarter Zeitung) che raffiguravano il Primo ministro israeliano Netanyahu in procinto di “avvelenare” i colloqui. Fa venire in mente l’antica accusa di avvelenare i pozzi, vero? Questa volta non è l’acqua potabile a essere avvelenata, ma piuttosto ogni speranza di pace.

Il giornale norvegese Dagbladet ha pubblicato una grottesca vignetta raffigurante la circoncisione come pratica barbara e crudele. Il disegnatore Thomas Drefvelin ha sostenuto di non aver pensato agli Ebrei disegnandola e ha spiegato che i personaggi della vignetta hanno quei tratti caratteristici ebraici solo per dare loro un tono più religioso!

All’ottavo posto il distretto scolastico di Pine Bush, NY, nel quale gli studenti Ebrei sono stati presi di mira con insulti antisemiti e aggressioni fisiche da parte di bulli che, tra le altre cose, li hanno costretti a tuffarsi in bidoni della spazzatura per recuperare delle monete. Bambini Ebrei in viaggio sul bus scolastico costretti a sopportare saluti nazisti e grida di “Potere Bianco”. Ad una ragazza disegnarono una svastica sul volto, mentre un ragazzo Ebreo dichiaro’ di essere stato picchiato con una mazza da hockey. La scuola è stata denunciata dai genitori degli alunni aggrediti per non aver fatto nulla per fermare l’abuso. Informato delle aggressioni antisemite, un funzionario scolastico ha risposto: “Le vostre aspettative di veder cambiare un pregiudizio innato potrebbero essere un po’ irrealistiche.” Il governatore di New York,  Andrew Cuomo, ha chiesto un’indagine.

Al nono posto il “potere della penna velenosa” di Alice Walker , vincitrice del Premio Pulitzer. Circa il 25 % dell’ultimo libro di Alice Walker , Pin in the cushion, è una diatriba contro lo Stato ebraico . Walker descrive Gaza governata da Hamas come un luogo benigno , ignorando che i terroristi utilizzano le aree densamente popolate come trampolino di lancio privilegiato per i missili contro i civili israeliani . Paragonando gli Israeliani ai nazisti , ha dichiarato , “Perché io riconosco la brutalità con la quale i miei antenati sono stati trattati , posso identificare lo spregevole comportamento senza legge e sadico che ha caratterizzato i tentativi di Israele di cancellare un popolo – i Palestinesi – dalla propria terra ” Quando un’ anziana Palestinese ebbe un dono da Walker , la ringrazio’ augurandole, “Che Dio ti protegga dagli Ebrei .” E Walker , ( riferendosi al suo ex – marito , l’avvocato per i diritti civili Dan Levinthal ) rispose: ” E ‘ troppo tardi, ne ho già sposato uno.” E non contenta aggiunse,” Questo popolo sa come odiare e come punire severamente gli altri . ”

Ex-aequo Max Blumenthal che utilizza titoli per i capitoli nel suo libro Golia come “Campo Estivo di Distruzione ‘, Appuntamento con il diavolo “,” There Is No Dream ” “Il campo di concentramento”, e “La Notte dei Vetri Infranti”, e “Come uccidere goy e influenzare la gente” per equiparare gli israeliani con i nazisti. Egli cita la Shoah per chiedere: “[E ‘giusto] che le vittime Ebree dei nazisti impongano la loro giornata dell’indipendenza sulla tragedia quotidiana di un altro popolo? ” Cita con approvazione la descrizione dei soldati israeliani come “giudeo-nazisti. La sua spiegazione per il conflitto arabo-israeliano è “impulsi nazionalistici della società israeliana” e politici israeliani che «si superano l’un l’altro facendo a gara per l’esaltazione più convincente della violenza contro i malfattori arabi ” e che incitano ” alla violenza non provocata contro gli arabi “, così come “indottrinano i bambini Ebrei alla cultura del militarismo”.

E al decimo posto lo sport. Nel 2013 , i valori fondamentali dello sport, il rispetto reciproco , la competizione leale e l’equità , sono stati funestati e sminuiti dal razzismo e dall’antisemitismo europeo.

Gli stadi sono diventati contenitori dei vari bigottismi e gli Ebrei sono stati, ancora una volta, tra i principali obiettivi. La UEFA ( Union of European Football Associations) ha aperto un procedimento disciplinare per il comportamento dei tifosi di calcio italiani che cantavano slogan antisemiti contro un club inglese nel mese di novembre .

Ad un torneo di calcio indoor, al Centro Comunale dello Sport di Lodz , in Polonia , i fans hanno gettato stelle ninja alla foto di una caricatura antisemita . Gli amministratori della struttura erano così imbarazzati e sconvolti che hanno annunciato : “Il comportamento antisemita e offensivo dei partecipanti al torneo obbliga il Centro a prendere la decisione di non affittare la sala di nuovo per questo tipo di evento . ”

La “quenelle” di Anelka, il nuovo segno nazista

L’Ungheria giocherà quella che potrebbe essere la sua più importante partita di calcio dell’anno in uno stadio vuoto . La FIFA (International Football Association) ha stabilito che la partita deve essere giocata a porte chiuse come punizione per il ” canto aberrante e antisemita “, da parte dei sostenitori della squadra ungherese, durante una partita contro Israele, lo scorso agosto .

Il Continental Hockey League ha multato la squadra  Dinamo Riga per un milione di rubli, dopo che era stata dispiegata una grande svastica sul ghiaccio, in una cerimonia per onorare il 95 ° anniversario della Repubblica lettone. Nel frattempo in Croazia , Josip Simunic , una delle stelle della squadra nazionale di calcio della Croazia , ha condotto una chat filonazista durante le celebrazioni di qualificazione alla Coppa del Mondo del suo paese . E’ stato sanzionato con il divieto di giocare 10 partite e gli è stato impedito di giocare in Coppa del Mondo 2014 .

That’s all folks! Buon anno nuovo!

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Anche il sangue, in Israele, fa notizia

Il sangue, nella religione ebraica, è tabù. Divieto assoluto di consumarne, ragione per la quale gli animali destinati all’alimentazione sono uccisi mediante sgozzamento e tutto il sangue è fatto defluire. Il sangue rappresenta la vita e la vita non è nelle mani dell’uomo. Il senso è più o meno questo.

Propaganda nazista che sostiene “l’accusa del sangue”

“L’accusa del sangue” è anche una delle più note tra le accuse antisemite, di quelle che sembrano cosi radicate da non morire mai ma, al contrario, continuano a ripresentarsi nelle loro varianti nel corso dei secoli, a partire dall’XI secolo. Secondo questa “tesi”, gli Ebrei userebbero sangue umano per motivi rituali. L’accusa è stata usata nel corso della storia, fino a tempi recenti (vedi il pogrom di Kielce del 1946), per sfruttare l’emozione popolare e i sentimenti antisemiti, sostenendo in diverse occasioni che bambini cristiani fossero rapiti e uccisi per poterne usare il sangue. In seguito a queste accuse era frequente il verificarsi di pogrom, con linciaggi e stermini di Ebrei.  L’ultimo processo basato sull’accusa del sangue fu celebrato a Kiev nel 1913, contro Menachem Mendel Teviev Beilis. In seguito l’accusa del sangue fu usata dalla propaganda nazista. Attualmente anche da quella iraniana.

Scena di un film iraniano che sostiene “l’accusa del sangue”

Il sangue e gli Ebrei sono da sempre legati indissolubilmente nella propaganda antisemita. Tutto cambia, tutto si trasforma, tutto resta. L’ultima accusa a Israele tratta ancora di sangue, questa volta non utilizzato per strani riti magici ma rifiutato dagli Ebrei perché ritenuto “speciale”, non “puro”. La storia è questa: agli inizi di dicembre, il servizio del Magen Adom, l’equivalente della Croce Rossa israeliana, ha rifiutato il sangue che una deputata di origine etiope, Pnina Tamano-Shata, voleva donare.

Un responsabile del Magen David Adom, filmato da una telecamera, ha spiegato alla deputata che “secondo le direttive del ministero della Salute, non era possibile accettare sangue di donatori di origine etiope”.

La notizia ha fatto il giro del mondo ovviamente, ripresa da tutti i media. Il Primo ministro Netanyahu si è affrettato a testimoniare alla deputata la sua solidarietà, lo stesso il presidente Shimon Peres.

Nessun mezzo di informazione si è premunito di capirci qualcosa di più, nessuno o quasi. Non ha approfondito Harriet Sherwood del The Guardian, che si è gettata sulla notizia preoccupata soprattutto di gridare al razzismo. Non gli editorialisti del Le Point, non France24, che non si è preoccupata di chiamare i cittadini etiopi israeliani “Falashà”, nome ritenuto offensivo perché significa “barbaro, straniero”;  non BFM tv, Europa 1 o Le Monde.

La ragionevolezza è venuta, inaspettatamente, da Charles Enderlin, l’autore del falso “caso Al Dura”, non propriamente quello che si puo’ definire un “amico di Israele”, che dal suo blog scrive in proposito:

“Razzismo? Il sangue dei Neri rifiutato in Israele? Questa deputata Etiope sapeva perfettamente che il Magen David Adom non l’avrebbe accettato. Principio di precauzione. Il sangue di originari dell’Africa è escluso per i rischi connessi all’Aids come quello di persone provenienti dall’Inghilterra o dall’Irlanda per via della “mucca pazza”. Nessun razzismo contro gli Africani.”

Enderlin ricorda anche che “La signora Tamano-Shata è membro della commissione incaricata di stabilire le nuove regole per le donazioni di sangue dei cittadini Etiopi e quindi sapeva esattamente di che cosa si trattava”.

In realtà la direttiva concerne chi abbia vissuto più di un anno in Paesi a rischio infezioni. Le linee guida del Ministero non includono infatti le donazioni di tutti gli oltre 120.000 Ebrei etiopi di Israele, ma solo gli 80.000 tra di loro che sono nati in Africa e migrati in Israele, la maggior parte nel 1984 e nel 1991. Non è di certo una direttiva esclusiva di Israele, nonostante farebbe piacere a molti lo fosse; dalla Croce Rossa americana, per esempio, nel merito leggiamo:

Non puoi donare se sei a rischio di contrarre l’HIV (il virus che causa l’AIDS):  … Se sei nato o hai vissuto in Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Gabon, Niger, Nigeria, dal 1977.

La US Food and Drug Administration raccomanda altresì che tutte le persone che donano il sangue debbano rispondere a queste domande (hanno aggiunto alcuni paesi più di recente):

Sei nato in o hai vissuto in uno dei seguenti paesi dal 1977: Camerun, Benin, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Kenya, Gabon, Niger, Nigeria, Senegal, Togo, Zambia? In caso affermativo, quando?

Hai viaggiato in questi paesi dal 1977, hai ricevuto una trasfusione di sangue o un qualsiasi trattamento medico con un prodotto a base di sangue? In caso affermativo, quando?

Hai avuto contatti sessuali con chi è nato o vissuto in questi paesi dal 1977? In caso affermativo, quando?

Se Israele e l’America devono essere considerati razzisti per queste direttive, anche il Canada deve esserlo, poiché le sue domande sono ancora più generiche: ” Sei nato in o hai vissuto in Africa dal 1977? ”

Secondo l’OMS, 1,4 % . degli adulti in Etiopia, nel 2011, è malato di AIDS . Nel 2001 tale numero era superiore al 3 % . Il Niger , sulla lista degli Stati Uniti , ha solo una prevalenza dello 0,8 % di AIDS tra gli adulti . Quanti e quali Paesi nel mondo osservano restrizioni (più o meno giustificate) in merito alle donazioni di sangue, restrizioni che includono l’obbligo di rispondere (per esempio) a questionari circa le proprie abitudini sessuali? Algeria, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Ungheria, Irlanda, Giappone, Malta, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Filippine, Sud Africa, Slovenia e altre.

Tra le linee guida dell’Arabia Saudita, tra le altre (molte) domande per il test di ammissibilità alla donazione, c’è specificatamente menzionato: Hai contatti sessuali con qualcuno nato/vissuto in Africa?

Scrive Issac Ross, rappresentante del Ghana per il World Health Organization: AIDS, HIV, malaria, morbillo e tifo sono pericolosi e molto comuni in molti paesi africani e così è fondamentale che il sangue donato attraverso organizzazioni umanitarie non governative (ONG) come la Croce Rossa, la Mezzaluna Rossa, la Banca del Sangue del Ghana e molti altri centri di donazione in tutta l’Africa e il mondo sia analizzato in modo sicuro per fermare la diffusione di malattie mortali. Inoltre, molti cittadini e lavoratori dei centri di donazione non sono educati al controllo delle malattie, all’igiene personale e allo stoccaggio in sicurezza del sangue. E Allie Cobb, rappresentante del Sud Africa: Il Sud Africa ha recentemente concretizzato l’applicazione di nuove interviste sulla sicurezza del donatore, e ha chiuso centri di donazione in aree con elevato tasso di malattia. In questo modo il Sud Africa sta riducendo il tasso di infezione.

Insomma, il problema esiste, in tutto il mondo. Che questi atti preventivi siano o no efficaci, tutti gli Stati del mondo si sono posti il problema. Come mai solo il sangue in Israele fa notizia?

Grazie per i contributi a:

Elders of Zyon , Cifwatch, Arret sur image

Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io

Tutte le notizie che riguardano Israele, tutte, indistintamente, sono oggetto di mistificazione, critiche, falsi report, velenose supposizioni. Non ci dovrebbe meravigliare più nulla ormai. Eppure c’è sempre qualcosa che supera anche la fantasia, una menzogna che emerge, per sfacciataggine, dal cumulo delle altre. La “questione dei Beduini” sembra guadagnarsi l’onere e l’onore di “menzogna del mese”.

Ne avevamo già parlato del Prawer-Begin Plan, una proposta di legge che mirava a riconoscere e quindi legalizzare tutti quelli insediamenti Beduini che al momento sono privi dei più elementari servizi: elettricità, acqua, strade, servizi igienici, scuole. Il Piano è stato criticato aspramente ed internazionalmente, osteggiato da tutte le Ong che si occupano di diritti umani e che ritengono ovvio che la “salvaguardia della cultura” debba passare dalla sofferenza di chi quella cultura impersona. Ricorda molto la frase “sono nomadi? facciano i nomadi!” che sentiamo dire a proposito dei Rom stanziati in Italia ed in Europa; un punto di vista che rifiuta l’evoluzione culturale di un popolo e lo chiude definitivamente nella sua gabbia etnica di appartenenza.

Il Piano Prawer-Begin è stato respinto giovedi’ dalla Knesset; esulteranno tutte quelle Ong che cosi’ tanto si sono adoperate per il suo fallimento. Se in genere lo “sguardo” dei sedentari verso le popolazioni nomadi è falsato da una retorica sempre dannosa, sia quando glorifica che quando demonizza, se c’è Israele di mezzo la questione si fa grottesca.

Ecco un esempio a caso: Al Jazeera presenta un articolo di Zohra Ahmed, un’avvocato che vive a New York e si dice “esperta di Beduini del Negev”, dal titolo: Il Piano Prawer sotterra la soluzione “a due Stati”!!!! Perché tutti questi punti esclamativi? Perché la Ahmed finge di non sapere che i Beduini del Negev sono CITTADINI ISRAELIANI  e li trasforma in “Palestinesi sotto occupazione”! Scrive la Ahmed:

“Il Piano Prawer è il tentativo di Tel Aviv (notare che per la Ahmed il governo israeliano risiede a Tel Aviv) di separare i Beduini dai Territori Occupati.”

Ecco fatto! I Beduini diventano Palestinesi, separati di forza dai loro “fratelli” nei Territori Occupati! Sarebbe da ridere se non fosse da piangere! Non solo l’intenzione del Piano Prawer, definire una volta per tutte le questioni circa il possesso delle terre e riconoscere i villaggi abusivi, è stravolta, ma addirittura è necessario che chi legge non sospetti nemmeno che si parla di cittadini effettivi di uno Stato.

Cosi’ come è necessario che le voci dei clan Beduini favorevolissimi al Piano siano tacitate e solo quelle contrarie emergano. Eppure, nonostante i fiumi di inchiostro spesi, non siamo riusciti a capire su che punti si basano queste opposizioni.

Sheikh Odeh Zanoon è il primo leader tra i Beduini del Negev a raggiungere un accordo con lo Stato di Israele per istituire un moderno insediamento Beduino per il suo clan, nei pressi di Yeruham. Le 300 famiglie del clan Zanoon, attualmente distribuite su una superficie di 20.000 dunam (4.900 acri) senza elettricità, acqua e strade, si muoveranno verso un moderno insediamento di circa 1.500 dunams (370 ettari). Il passaggio sarà pianificato con la loro piena partecipazione.

Abed Tarabin sta muovendo anche il suo clan, i Tarabin, da un accampamento illegale nei pressi di Omer in una città beduina adeguatamente pianificata, New Kfar Tarabin, con il sostegno del governo.

“Il piano del governo non è al 100 per cento perfetto, ma è un grande miglioramento rispetto alla situazione attuale dei Beduini nel Negev. Possiamo costruire case adeguate, su terreni riconosciuti, chiedere occupazione e servizi sanitari ed educativi, come qualsiasi altro cittadino. Nella nostra nuova città, abbiamo chiesto e ricevuto aiuto agricolo e industriale “, dice Tarabin. “L’opposizione al progetto viene da politici belligeranti che fanno rumore per i propri scopi. Non viene dai veri leader beduini che si occupano del loro popolo. C’è un sacco di spazio nel Negev per tutti, ed è bene che il governo stia lavorando per migliorare le cose e stia investendo denaro per noi “.

Kamel Jum’a Abu-Nadi, di Lakia, una cittadina beduina fondata nel 1982 come parte di un progetto del precedente governo per l’insediamento permanente dei Beduini (una delle cittadine più belle e organizzate N.d.R.) dice: “Il piano Begin è una proposta equa che cerca di porre fine alla diatriba sui terreni Beduini . L’ottantacinque per cento dei Beduini non ha pretese sulla terra;. solo il 15 per cento le reclama e questo sta frenando lo sviluppo dei Beduini del Negev  Abbiamo semplicemente cercato di raggiungere un compromesso sulle rivendicazioni territoriali, poiché il governo ha stanziato NIS 10 miliardi per un piano di sviluppo economico per il Negev che migliorerà la nostra situazione, attualmente molto brutta,  in materia di istruzione, occupazione, welfare, trasporti e altre infrastrutture “.

A Lakiya scuola di tessitura

Id Abu Rashed, un importante leader della tribù Rashed, della città di Abu Qrenat (una città beduina di 2.700 persone che dovrebbe crescere fino a 7.000 entro il 2020 e che si trova tra Beersheba e Dimona) dice: “Coloro che si oppongono al Begin-Prawer lo fanno per motivi politici, non per ragioni sostanziali. Se guardiamo a chi manifesta contro il Piano, si scopre che la metà dei manifestanti sono arabi-israeliani (cioè non Beduini ) del nord di Israele che vengono in autobus dal nord, in modo organizzato. Le bandiere della Palestina che sono sventolate a queste manifestazioni guidate dal Movimento Islamico arabo-israeliano  e il suo partito politico Balad, in effetti danneggiano la reputazione dei Beduini del Negev. I Beduini del Negev non hanno motivazioni nazionaliste anti-Israele , né le hanno mai avute in passato “.

Bene, ancora una volta la comunità internazionale, i media e le associazioni per ” i diritti dell’uomo”, quelle che non si curano se poi tali diritti sono o meno tutelati dalle loro manifestazioni, saranno contenti. Un po’ meno forse i Beduini, ma anche questo servirà per avvalorare il famoso detto: “Dagli amici mi guardi Iddio, che dai nemici mi guardo io”.

Com’è difficile piacere a tutti!

Ogni tanto una nota di “colore”. Tutti ricorderanno le bandiere di diversi Paesi arabi sventolare sugli Champs Elysées quando Hollande vinse le elezioni presidenziali, nel 2012.

Il giornalista Akram Bel Kaid scrisse su Oumma.com quali potevano essere le spiegazioni di quel giubilo:

“Possiamo pensare, come ha detto un commentatore di Al Jazira, che François Holland sia giudicato meno vicino a Israele e Stati Uniti che il candidato di destra. La presenza di queste bandiere, significa dunque un sostegno entusiasta dei Paesi e dei popoli Arabi al nuovo Presidente francese. E’ anche un modo come un altro per ricordargli che esistono altri continenti oltre l’Europa e che ci attendiamo da lui precisazioni in merito ai suoi progetti per il Sud e l’Est del Mediterraneo.”

Ma ricordiamo anche, tra le motivazioni possibili di questa accoglienza festosa, gli enormi interessi del Qatar in Francia e di come Hollande sia stato ricambiato con “freddezza” quando dichiaro’ che gli affari con il Qatar dovevano essere sottoposti a “certe condizioni”: quando si paga si sopportano male le “certe condizioni”.

Hollande in Qatar

E il Qatar per pagare, paga: negli ultimi tempi gli acquisti dei “gioielli di famiglia” francesi da parte dell’Emirato si sono moltiplicati. E’ del Qatar il Virgin, il megastore sugli Champs-Elysées che ha agonizzato a lungo in preda al fallimento, pagato 500 milioni di euro; l’immobile del Figaro, boulevard Haussmann, uno dei simboli parigini; i magazzini Printemps, pagati 1,6 miliardi di euro, sedici magazzini in Francia, proprietari dei marchi Citadium e Made in Sport. Un emirato – il Qatar – che ha fatto ribattezzare la più prestigiosa manifestazione equestre francese “Qatar Prix de l’Arc de triomphe”; un Paese che puo’ entrare a far parte della francofonia quando più lo desideri; un Paese che ottiene l’esplanade du Trocadéro per festeggiare la vittoria del Paris-Saint Gérmain, divenuto proprietà del principe erede Tamim ibn Hamad al-Thani.

Quel Qatar che ha acquistato imprese francesi per un valore almeno di sei miliardi di euro, con quote azionarie nei gruppi Total (4%), Vinci (5%), EADS (6%), Lagardère (12%), Veolia Environnement (5%), LVMH (1%) e Vivendi (3%). Un Paese che ha investito nei settori dell’energia, della difesa, dei media e altro. Che è venuto in soccorso di Hollande, quando quest’ultimo non aveva i soldi per gli investimenti promessi alle banlieus, con 150 milioni di euro, tramite il fondo di investimento Qatar Investment Authority, il Fondo sovrano del Qatar.

L’Emiro del Qatar e Ségolène Royale a Doha

Il Fondo che possiede anche l’ hôtel Royal Monceau-Raffles e il Centro di conferenze internationali de l’avenue Kléber a Parigi, trasformato in hotel. L’Hôtel du Louvre e le Concorde Lafayette a Parigi,  l’hôtel Evreux, sulla place Vendôme a Paris, stimato 230 milioni di euro, un “appartamento” di 4.000 m² a Marnes-la-Coquette (Hauts-de-Seine). Ed il più bell’albergo di Parigi,  l’hôtel Lambert, su l’île Saint-Louis, in pieno centro. Il Qatar aveva già acquistato dalla società americana Starwood Capital il palazzo Le Martinez a Cannes e il Palais de la Méditerranée, a Nizza. Nel “pacchetto” erano compresi anche i palazzi parigini Concorde-Lafayette e l’Hôtel du Louvre. Ma anche il Carlton, mitico palazzo di Cannes, nel 2012. Due casinos a Cannes, e gli hôtels Majestic e Gray d’Albion.

Insomma, tutto questo per dire cosa? Che la Francia, oltre che per i suoi tradizionali legami con il mondo arabo, ha interesse a mantenere rapporti di “buon vicinato” anche in funzione degli enormi investimenti da parte del Paese arabo più potente. E ci riesce? Sembra di no.

Anne Hidalgo, vice sindaco di Parigi, candidata alla successione di Bertrand Delanoe, socialista sostenuta dal PCF, è appena rientrata da un viaggio “in Israele e Palestina”, tappa prevista nella sua campagna elettorale. Ha fatto di tutto per piacere ai suoi interlocutori palestinesi: ha promesso di continuare con la “cooperazione” tra Parigi e le città Palestinesi, cioè -tradotto- continuare a versare soldi; ha perfino deposto una corona che portava il suo nome, al mausoleo di Yasser Arafat, eppure… Eppure non è bastato, ha commesso un errore fatale: la visita in Israele!

Anne Hidalgo

Halalbook, che si descrive come “piattaforma sociale dei musulmani” francofoni, cioè francesi, non perdona alla Hidalgo i suoi barcamenamenti tra elettori pro-palestinesi e ebrei parigini e commenta cosi’ il resoconto del viaggio:

“Anne Hidalgo è candidata sindaco socialista a Parigi. Durante il suo viaggio in Israele e Palestina, ha gridato alto e forte il suo amore per il Paese colonizzatore. « Israele è un grande Paese democratico che amo particolarmente» Questa è la prova che le nostre élites francesi e più in generale occidentali, non sono pronte a opporsi al regime tirannico di israele… Il 12 dicembre prossimo, Anne Hidalgo depositerà il resoconto del suo viaggio in Israele alla Fondazione France-Israel, diretta da Nicole Guedj, un’ ex-segretaria di Stato UMP, che aveva qualificato il Quai d’Orsay « casa zeppa d’Arabi mascherati ». E non è passato molto tempo da quando Hollande voleva che Gerusalemme divenisse capitale d’Israele.”

Anche il sito  Islam & -Info si risente delle dichiarazioni della Hidalgo. E come poteva mancare all’appello il sito fondato da Alain Soral, quell’antisemita che figurava nella lista antisionista di Dieudonné nelle elezioni europee del 2009. 

Eppure la povera Hidalgo aveva cercato, nel suo video conclusivo del viaggio “elettorale” di mettere sullo stesso piano “Tel Aviv e Jérusalem” e “Bethléem e Ramallah”, accostamento azzardato, ma questo è il suo slogan elettorale. Aveva reso noto dei bambini Palestinesi curati all’ospedale  Hadassah di Gerusalemme…ma aveva anche rassicurato sul proseguimento dei fondi all’Amministrazione palestinese e si era raccolta in preghiera per Arafat… Eh, non è bastato! Com’è dura l’equidistanza!

Grazie a Desinfos per la cronaca del viaggio della Hidalgo

Il Negev? Non è un film

Quando sentite parlare di “insediamenti Beduini” che immagine vi si affaccia alla mente? Questa?

Questa?

Beh no, non è veramente quella giusta o comunque non in assoluto. Gli insediamenti illegali somigliano piuttosto a un campo Rom non autorizzato

Nel Negev ci sono insediamenti Beduini, legalmente riconosciuti. Gli abitanti hanno acqua, energia elettrica, strade che portano alle case, costruite il più possibile aderenti alla tradizione. Nessun palazzo popolare a tre piani, nessun “quartiere dormitorio”. Rahat è il più grande insediamento Beduino del mondo. Alle porte di Be’er Sheva, è una città che non tradisce lo spirito dei suoi abitanti.

Lakiya, con i suoi laboratori di ricamo artigianale che danno la possibilità a decine di donne di guadagnare del proprio lavoro, facendo conoscere la loro cultura millenaria.

Laboratorio artigianale a Lakiya

Kuseife

Hura

Ar’arat an-Naqab

E centinaia di altri, più o meno piccoli.

Negli insediamenti non riconosciuti le “case” sono baracche fatiscenti, costruite con materiali di risulta, con i tetti in lamiera e a volte in cartone. Nel clima del deserto, giornate con più di quaranta gradi e notti fredde, si puo’ immaginare che cosa voglia dire viverci dentro in sei, sette, dieci o più. Niente servizi igienici, niente elettricità, niente acqua, niente strade, niente scuola per i bambini. NIENTE.

Se leggiamo un qualsiasi articolo che tratta degli insediamenti Rom abusivi in Italia e in Europa, le descrizioni potrebbero coincidere con quelle di tanti villaggi Beduini abusivi:

Campi rom, nel X Municipio (ex XIII): degrado e abusivismo

„Baracche fatiscenti, pessime condizione igieniche, riscaldamenti di fortuna. Questo è lo scenario in cui, diverse comunità Rom, vivono ad Ostia e Acilia.“

Niente acqua corrente né servizi igienici, ma solo cumuli di rifiuti, topi, bancali pronti per essere riciclati e una sessantina di baracche. E’ il campo nomadi abusivo di via San Dionigi a Milano dove almeno centocinquanta rom di nazionalità romena vivono da alcuni anni in condizioni da terzo mondo là dove la città finisce e iniziano i campi coltivati.”

Le reazioni a queste situazioni italiane si possono riassumere in due “scuole di pensiero”: cacciateli tutti; vergogna obbligarli in quelle condizioni. I Rom che occupano abusivamente le periferie italiane provengono in maggioranza dalla ex Yugoslavia, non sono cittadini italiani.

I Beduini del Negev sono cittadini israeliani: votano alle elezioni, hanno passaporti israeliani e sulla carta sono cittadini a pieno titolo. Puo’ uno Stato ignorare il disagio di una parte consistente della sua popolazione? Non sarebbe criticabile? Il Piano Prawer-Begin non si pone l’obiettivo di distruggere la cultura Beduina, al contrario: l’idea è quella di preservare una parte importante del patrimonio culturale nazionale , cercando di farla coincidere il più possibile con le esigenze della modernità. Non è facile, è lo scontro millenario delle civiltà nomadi e semi nomadi con quelle stanziali. Si possono cercare dei compromessi, delle “vie di mezzo”, nella certezza del reciproco riconoscimento.

Una parte, non molto numerosa, di Beduini questo compromesso lo rifiuta come anche una parte dei Rom in Italia. Ma nel caso di Israele, quello che impressiona è l’appoggio incondizionato europeo a questa minoranza.

Un esempio per tutti, la solita Sherwood che pubblica sul The Guardian, il 28 novembre, una lettera firmata da cinquanta artisti, tra i quali “Antony Gormley, Julie Christie, il regista Mike Leigh e il musicista Brian Eno “(e Jenny Tonge)” i quali dichiarano di schierarsi per  “ostacolare il piano israeliano che si propone di rimuovere fino a 70.000 beduini palestinesi dalla ‘loro terra storica, il deserto’.

A parte il fatto che fa sorridere l’idea di una Julie Christie che si batte affinché altre donne non abbiano quello che per lei è garantito e con lei i personaggi tra i più “agiati” del mondo: evidentemente i nostri 50 del jet-set non si sono mai presi la briga di un tour lungo la Route  40 per Be’er Sheva. O forse anche loro pensano a Peter O’Toole e il suo Lawrence d’Arabia quando parlano di Beduini?

Grazie a Cifwatch