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Anche il sangue, in Israele, fa notizia

Il sangue, nella religione ebraica, è tabù. Divieto assoluto di consumarne, ragione per la quale gli animali destinati all’alimentazione sono uccisi mediante sgozzamento e tutto il sangue è fatto defluire. Il sangue rappresenta la vita e la vita non è nelle mani dell’uomo. Il senso è più o meno questo.

Propaganda nazista che sostiene “l’accusa del sangue”

“L’accusa del sangue” è anche una delle più note tra le accuse antisemite, di quelle che sembrano cosi radicate da non morire mai ma, al contrario, continuano a ripresentarsi nelle loro varianti nel corso dei secoli, a partire dall’XI secolo. Secondo questa “tesi”, gli Ebrei userebbero sangue umano per motivi rituali. L’accusa è stata usata nel corso della storia, fino a tempi recenti (vedi il pogrom di Kielce del 1946), per sfruttare l’emozione popolare e i sentimenti antisemiti, sostenendo in diverse occasioni che bambini cristiani fossero rapiti e uccisi per poterne usare il sangue. In seguito a queste accuse era frequente il verificarsi di pogrom, con linciaggi e stermini di Ebrei.  L’ultimo processo basato sull’accusa del sangue fu celebrato a Kiev nel 1913, contro Menachem Mendel Teviev Beilis. In seguito l’accusa del sangue fu usata dalla propaganda nazista. Attualmente anche da quella iraniana.

Scena di un film iraniano che sostiene “l’accusa del sangue”

Il sangue e gli Ebrei sono da sempre legati indissolubilmente nella propaganda antisemita. Tutto cambia, tutto si trasforma, tutto resta. L’ultima accusa a Israele tratta ancora di sangue, questa volta non utilizzato per strani riti magici ma rifiutato dagli Ebrei perché ritenuto “speciale”, non “puro”. La storia è questa: agli inizi di dicembre, il servizio del Magen Adom, l’equivalente della Croce Rossa israeliana, ha rifiutato il sangue che una deputata di origine etiope, Pnina Tamano-Shata, voleva donare.

Un responsabile del Magen David Adom, filmato da una telecamera, ha spiegato alla deputata che “secondo le direttive del ministero della Salute, non era possibile accettare sangue di donatori di origine etiope”.

La notizia ha fatto il giro del mondo ovviamente, ripresa da tutti i media. Il Primo ministro Netanyahu si è affrettato a testimoniare alla deputata la sua solidarietà, lo stesso il presidente Shimon Peres.

Nessun mezzo di informazione si è premunito di capirci qualcosa di più, nessuno o quasi. Non ha approfondito Harriet Sherwood del The Guardian, che si è gettata sulla notizia preoccupata soprattutto di gridare al razzismo. Non gli editorialisti del Le Point, non France24, che non si è preoccupata di chiamare i cittadini etiopi israeliani “Falashà”, nome ritenuto offensivo perché significa “barbaro, straniero”;  non BFM tv, Europa 1 o Le Monde.

La ragionevolezza è venuta, inaspettatamente, da Charles Enderlin, l’autore del falso “caso Al Dura”, non propriamente quello che si puo’ definire un “amico di Israele”, che dal suo blog scrive in proposito:

“Razzismo? Il sangue dei Neri rifiutato in Israele? Questa deputata Etiope sapeva perfettamente che il Magen David Adom non l’avrebbe accettato. Principio di precauzione. Il sangue di originari dell’Africa è escluso per i rischi connessi all’Aids come quello di persone provenienti dall’Inghilterra o dall’Irlanda per via della “mucca pazza”. Nessun razzismo contro gli Africani.”

Enderlin ricorda anche che “La signora Tamano-Shata è membro della commissione incaricata di stabilire le nuove regole per le donazioni di sangue dei cittadini Etiopi e quindi sapeva esattamente di che cosa si trattava”.

In realtà la direttiva concerne chi abbia vissuto più di un anno in Paesi a rischio infezioni. Le linee guida del Ministero non includono infatti le donazioni di tutti gli oltre 120.000 Ebrei etiopi di Israele, ma solo gli 80.000 tra di loro che sono nati in Africa e migrati in Israele, la maggior parte nel 1984 e nel 1991. Non è di certo una direttiva esclusiva di Israele, nonostante farebbe piacere a molti lo fosse; dalla Croce Rossa americana, per esempio, nel merito leggiamo:

Non puoi donare se sei a rischio di contrarre l’HIV (il virus che causa l’AIDS):  … Se sei nato o hai vissuto in Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Gabon, Niger, Nigeria, dal 1977.

La US Food and Drug Administration raccomanda altresì che tutte le persone che donano il sangue debbano rispondere a queste domande (hanno aggiunto alcuni paesi più di recente):

Sei nato in o hai vissuto in uno dei seguenti paesi dal 1977: Camerun, Benin, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Kenya, Gabon, Niger, Nigeria, Senegal, Togo, Zambia? In caso affermativo, quando?

Hai viaggiato in questi paesi dal 1977, hai ricevuto una trasfusione di sangue o un qualsiasi trattamento medico con un prodotto a base di sangue? In caso affermativo, quando?

Hai avuto contatti sessuali con chi è nato o vissuto in questi paesi dal 1977? In caso affermativo, quando?

Se Israele e l’America devono essere considerati razzisti per queste direttive, anche il Canada deve esserlo, poiché le sue domande sono ancora più generiche: ” Sei nato in o hai vissuto in Africa dal 1977? ”

Secondo l’OMS, 1,4 % . degli adulti in Etiopia, nel 2011, è malato di AIDS . Nel 2001 tale numero era superiore al 3 % . Il Niger , sulla lista degli Stati Uniti , ha solo una prevalenza dello 0,8 % di AIDS tra gli adulti . Quanti e quali Paesi nel mondo osservano restrizioni (più o meno giustificate) in merito alle donazioni di sangue, restrizioni che includono l’obbligo di rispondere (per esempio) a questionari circa le proprie abitudini sessuali? Algeria, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Ungheria, Irlanda, Giappone, Malta, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Filippine, Sud Africa, Slovenia e altre.

Tra le linee guida dell’Arabia Saudita, tra le altre (molte) domande per il test di ammissibilità alla donazione, c’è specificatamente menzionato: Hai contatti sessuali con qualcuno nato/vissuto in Africa?

Scrive Issac Ross, rappresentante del Ghana per il World Health Organization: AIDS, HIV, malaria, morbillo e tifo sono pericolosi e molto comuni in molti paesi africani e così è fondamentale che il sangue donato attraverso organizzazioni umanitarie non governative (ONG) come la Croce Rossa, la Mezzaluna Rossa, la Banca del Sangue del Ghana e molti altri centri di donazione in tutta l’Africa e il mondo sia analizzato in modo sicuro per fermare la diffusione di malattie mortali. Inoltre, molti cittadini e lavoratori dei centri di donazione non sono educati al controllo delle malattie, all’igiene personale e allo stoccaggio in sicurezza del sangue. E Allie Cobb, rappresentante del Sud Africa: Il Sud Africa ha recentemente concretizzato l’applicazione di nuove interviste sulla sicurezza del donatore, e ha chiuso centri di donazione in aree con elevato tasso di malattia. In questo modo il Sud Africa sta riducendo il tasso di infezione.

Insomma, il problema esiste, in tutto il mondo. Che questi atti preventivi siano o no efficaci, tutti gli Stati del mondo si sono posti il problema. Come mai solo il sangue in Israele fa notizia?

Grazie per i contributi a:

Elders of Zyon , Cifwatch, Arret sur image

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Social Antisemitism 2.0

I social network sono quelle “piattaforme” on line utilizzate in modo abituale, in tutto il mondo, per mezzo delle quali la socialità ha allargato i suoi confini. Tramite i social networks possiamo mantenere contatti giornalieri con “amici virtuali” che vivono a migliaia di chilometri da noi, conoscere le date dei loro compleanni, sapere tutto (o quasi) della loro vita quotidiana, avere sotto gli occhi le foto dei loro familiari, dei loro animali domestici, conoscere i loro gusti in fatto di musica, cinema, libri, arte.

Questi “legami a distanza” possono diventare talmente forti e veri da mettere quelli della “vita reale” tra virgolette. E’ la “realtà” che in qualche modo perde nel confronto con il virtuale. Perché cio’ che difficilmente si potrebbe comunicare a una persona in carne e ossa, conosciuta da poco, on line diventa facile, è la norma. Anzi! L’interazione sempre e comunque, fosse anche con un semplice “like” è richiesta. La comunicazione avviene in simultanea con più persone, che possono scrivere anche da continenti diversi ed in brevissimo tempo, quello che più o meno impieghiamo per formulare un pensiero ed esprimerlo nel “reale”, riusciamo ad avere il punto di vista di un numero di persone, differenti tra loro. E’ stata la rivoluzione sociale del secolo.

Questo accesso facile ad un gran numero di utenti non poteva che fare gola a chi ha necessità di propagandare razzismo, antisemitismo, apologia del nazismo e del fascismo, omofobia e tutte quelle ideologie che, apparentemente, cozzano con l’idea di una società democratica ed equa.

On line le teorie complottiste, ad esempio, sono assurte al rango di “idee”, punti di vista, “documenti”. Quel “sospetto” che si presentava insistente al cervello ma difficile da sostenere con “prove”, quel dubbio non espresso nel timore di provocare una reazione di scherno da parte dell’interlocutore, quel risentimento senza nome, provato per alcune “categorie” sociali, la sensazione che qualcosa di “misterioso”, segreto, alieno si svolga alle spalle di cittadini ignari, sui social network si libera, diventa possibile, accettabile, “reale”. Anzi, lungi dal suscitare riprovazione, tali esternazioni diventano caratteristiche di coloro che “sono svegli”, che non “si lasciano ingannare”, che non “si lasciano imbavagliare”. Segno distintivo positivo, piuttosto che il contrario.

i social network hanno una policy che dovrebbe, in teoria, impedire l’abuso del mezzo. Facebook per esempio, una delle piattaforme più popolari, ha un regolamento che vieta l’incitazione all’odio, al razzismo, la pubblicazione di immagini violente, l’istigazione al suicidio, all’autolesionismo, alla discriminazione per motivi etnici, religiosi, sessuali. Al capitolo 3 delle “Condizioni” leggiamo:

Ci impegniamo al massimo per fare in modo che Facebook sia un sito sicuro, ma non possiamo garantirlo. Abbiamo bisogno che gli utenti contribuiscano a tutelare la sicurezza di Facebook ovvero che si impegnino a:

Non pubblicare comunicazioni commerciali non autorizzate (ad esempio spam) su Facebook.

Non raccogliere contenuti o informazioni degli utenti, né accedere in altro modo a Facebook usando strumenti automatizzati (come bot di raccolta, robot, spider o scraper) senza previa autorizzazione da parte nostra.

Non intraprendere azioni di marketing multi-livello illegali, ad esempio schemi piramidali, su Facebook.

Non caricare virus o altri codici dannosi.

Non cercare di ottenere informazioni di accesso o accedere ad account di altri utenti.

Non denigrare, intimidire o molestare altri utenti.

Non pubblicare contenuti: minatori, pornografici, con incitazioni all’odio o alla violenza, con immagini di nudo o di violenza forte o gratuita.

Non sviluppare o utilizzare applicazioni di terzi con contenuti correlati all’alcol, a servizi di incontri o comunque rivolti a un pubblico adulto (comprese le pubblicità) senza le dovute restrizioni di età.

Seguire le nostre Linee guida sulle promozioni e tutte le leggi applicabili se si pubblicizzano o propongono gare, offerte o concorsi a premi (“promozioni”) su Facebook.

Non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori.

Non intraprendere azioni che possano impedire, sovraccaricare o compromettere il corretto funzionamento o l’aspetto di Facebook, ad esempio con un attacco di negazione del servizio o altre azioni di disturbo che interferiscano con il rendering delle pagine o con altre funzioni di Facebook.

Non favorire o incoraggiare alcuna violazione della presente Dichiarazione o delle nostre normative.

A questo proposito, ogni utilizzatore ha a disposizione la possibilità di segnalare post, foto e quant’altro ritenesse in violazione a queste norme. Nella realtà le segnalazioni Facebook che riguardano “hate speech”, antisemitismo e/o razzismo non sono mai prese in considerazione. Le sue pagine, private e pubbliche, rigurgitano di materiale antisemita e razzista che indisturbato resta a disposizione di un pubblico difficilmente quantificabile, ma comunque di proporzioni enormi. L’antisemitismo 2.0 è stato ufficialmente “sdoganato”, è diventato manifestazione accettabile.

Si è andata formando una “comunità” di utilizzatori mondiali che si ritrovano, si sostengono, si aggiornano, si incoraggiano tramite il social network. Ignorarne l’effettiva forza e l’efficacia sarebbe da stolti irresponsabili. Non si tratta più di casi isolati, non di alcuni “pazzi” che delirano tra di loro: è un fenomeno in costante crescita, supportato da pubblicazioni, forum, conferenze che spesso servono anche per incontrare di persona quelli che non si contentano di parlare sotto la maschera di un nick name.

Un esempio: vignetta apparsa nella pagina Facebook ‘Untold History’ e che viola palesemente la policy del social network; non rimossa

La pagina è gestita da un gruppo svedese, ma che pubblica su un server fuori dal paese, chiamato European Knights Project,  partner dell’Institute for Historical Review. Nella Home page è scritto a lettere maiuscole che si tratta di un “sito storico e non politico”. In realtà la pagina è impegnata nella negazione della Shoah e presenta solo una storia falsa e/o falsificata, ma anche attribuisce agli Ebrei ogni più “classica” e vile tra le accuse della propaganda antisemita.

Utilizzando principalmente vignette con didascalie , immagini Photoshoppate e cartoons , la pagina ospita tutti i più famosi best sellers dell’antisemitismo: gli Ebrei controllano l’America e vogliono controllare il mondo , la Shoah non è mai avvenuta ; gli Ebrei sfruttano il mito della Shoah , gli Alleati hanno fatto molto peggio ai tedeschi , giapponesi e nippo- americani di quello che i nazisti hanno fatto agli Ebrei; Hitler era un grande uomo, difensore della civiltà cristiana; il comunismo è uno strumento ebraico; Israele è la fonte di ogni male nel mondo; il 9 /11 fu lavoro del Mossad. E poi, altro strumento privilegiato utilizzato da questo genere di pagine, le false citazioni, come quella fabbricato dall’evangelista americano Texe Marrs e attribuita a Menachem Begin :

La nostra razza  è quella Eletta, noi siamo gli dei divini su questo pianeta . Noi siamo diversi dalle razze inferiori come esse lo sono dagli insetti …. le altre razze sono bestie e animali , bestiame nel migliore dei casi. Il nostro destino è quello di governare le razze inferiori . Le masse ci leccheranno i piedi e ci serviranno come schiavi . ”

Ogni elemento possibile alla condivisione: video, vignette, citazioni false, storie, opinioni, petizioni, puo’ diventare strumento di una propaganda che non conosce soste. La foto sotto è stata segnalata da OnLine Hate Prevention Institute e da Elder of Zyon e si trova all’interno di una pagina Facebook. E’ un esempio di un altro mascheramento utilizzato dai gruppi antisemiti per diffondere la loro propaganda:  il cosi’ detto “humor nero”, pagine che si presentano come satiriche, di un humor solo un po’ più cinico del solito e che invece sono spesso veri e propri manifesti di odio.

JCPA org, Jerusalem Center for Public Affair, ci mette sotto gli occhi un conteggio spaventoso nel suo realismo: se prendiamo un gruppo antisemita, su Facebook, che abbia 32.596 membri iscritti ed immaginiamo che ognuna di queste persone abbia una media di 150 amici –  da 150 a 200 sarebbe più esatto-  questo gruppo sarà pubblicizzato a circa 4,9 milioni di persone! E per farlo non ha nemmeno bisogno di fare ricorso agli stereotipi antisemiti che abbiamo visto finora, basta sventoli tra le sue finalità – come osserva JCPA- poche “parole d’ordine”:

Questo gruppo non attacca qualsiasi gruppo o individuo . Il nostro obiettivo è quello di raggiungere una soluzione pacifica . Questo gruppo afferma semplicemente che Israele è un regime di apartheid . Questo gruppo condanna fermamente il razzismo e non lo tollera. Sostenere l’illegittimità all’esistenza dello Stato di Israele, non può essere considerato anti -semita , anche secondo la definizione di antisemitismo, accettata e adottata nel 2005 .

E’ la via più semplice e di sicuro effetto; se qualcuno potrebbe avere da ridire sull’immagine di Anna Frank utilizzata brutalmente, sull’illegittimità di Israele a esistere difficilmente saranno sollevate obiezioni, anzi! Colui che condividesse simili propositi potrebbe addirittura ammantarsi di “difesa dei diritti umani” ed esserne quindi nobilitato.

Eppure basterebbe prendere atto dell’evidenza: di nessun altro Paese nel mondo, neanche degli Stati più “canaglia” è messo in discussione il diritto all’esistenza. A nessun altro Paese al mondo è augurata la distruzione. Israele rappresenta gli Ebrei nell’immaginario collettivo del mondo e quindi di quello on line, Israele E’ gli Ebrei. Come entra la critica a un governo, in questo? E’ apparso su Facebook.

Gilles Barnheim, ex Gran Rabbino di Francia

E questo, del noto disegnatore antisemita Latuff, amatissimo e condiviso da milioni di utenti on line, la possiamo davvero chiamare “legittima critica”?

E questa, dello stesso autore?

C’è sostanziale differenza tra queste vignette mostrate sopra e la propaganda nazista anti ebraica di inizio Novecento?

Tutto questo ( e molto, molto altro ancora) per la policy di Facebook non viola i parametri imposti. Ma per aver pubblicato questa foto sotto, diversi utilizzatori hanno avuto chiuso il proprio account con la motivazione “scena di sesso esplicito”

Il terrorismo in una mostra a Parigi

Basta con l’incitazione all’odio! Basta con i messaggi razzisti sul web! Stop all’antisemitismo! Sono appelli che leggiamo ovunque. In un discorso pronunciato il 5 novembre  2012, davanti all’Assemblea generale dell’Onu, il relatore speciale per le forme contemporanee di razzismo e di xenofobia, Mutuma Ruteere, ha deplorato l’aumento del razzismo su internet a livello mondiale. “Il numero di incidenti implicanti violenze e crimini a carattere razzista, perpetrati sotto l’influenza di una propaganda incitante all’odio su internet, è in aumento, malgrado l’adozione di misure positive…”

Dopo la strage compiuta da Mohammed Merah alla scuola Ozar Ha Torah di Toulouse, la Francia si interrogava: siamo di fronte a una recrudescenza di antisemitismo? Come deve reagire il governo?

Che i “discorsi d’odio” non sono innocui lo sappiamo tutti, ci sono esempi sanguinosi nella storia recente. Conosciamo il ruolo che le trasmissioni della radio “Le mille colline” in Kenya e Rwanda, hanno avuto nell’incoraggiare al genocidio. Sappiamo quanto, nei paesi arabi, i sermoni di alcuni imam abbiano contribuito agli scoppi di odio etnico e settario. Le piattaforme sociali come Youtube o Facebook invitano a segnalare post, pagine e video dai contenuti che “incitano all’odio”.

Il 30 gennaio scorso, la commissione Giustizia del Senato belga ha approvato un progetto di legge che rende punibile l’incitazione indiretta al terrorismo, il recrutamento e l’addestramento di terroristi. Adottando in questo modo nella sua legislazione nazionale una decisione-quadro europea.

Ma allora, come giudicare il museo di Parigi, sovvenzionato dal governo francese, che ha inaugurato una mostra di foto di shahid (attentatori suicidi) palestinesi, che il museo chiama “combattenti per la libertà”?

una delle foto esposte

La mostra di 68 fotografie si intitola “Morte”, di Ahlam Shibli, inaugurata il 28 maggio al Jeu de Paume, museo di arte contemporanea di Parigi. Il sito web del museo descrive i kamikaze come “coloro che hanno perso la vita nella lotta contro l’occupazione”, e la mostra come “sforzo della società palestinese, per preservare la loro presenza.” Secondo il CRIF, l’associazione delle comunità ebraiche francesi, le foto commemorano appartenenti “alle Brigate dei Martiri di al-Aqsa ‘, alle Brigate Izz ad-Din al-Qassam [di Hamas] e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. “Tutti e tre sono designati dall’Unione Europea come gruppi terroristici”.

In una delle foto appare Osama Buchkar, un operativo FPLP che ha ucciso tre persone e ne ha ferite 59 in un attacco terroristico compiuto in un mercato all’aperto a Netanya, il 19 maggio 2002. La didascalia della sua immagine dice che “ha commesso una missione martire a Netanya.”

In una lettera al ministro della Cultura e delle Comunicazioni di Francia, Aurélie Filippetti, il Presidente del CRIF, Roger Cukierman, ha definito “particolarmente deplorevole e inaccettabile una mostra che giustifica il terrorismo, nel cuore di Parigi.

Come si concilia questa iniziativa con la lotta al terrorismo nella quale la Francia si dichiara impegnata? Una mostra del genere non fa parte di quell’incitamento all’odio, condannato unanimamente da tutti i paesi europei?

una foto della mostra

Il Kotel, l’ISM e la Ford Foundation…

Come sappiamo, le organizzazioni che si auto-definiscono “pacifiste” spesso sono tutto meno quello che la definizione lascerebbe sperare.  “Nascoste” dal termine magico, in realtà possono diventare vere e proprie “armi” di distrazione di massa. In un articolo apparso sul loro sito ufficiale in francese, l’ISM riporta di oscure macchinazioni ebree atte a “impossessarsi dell’ultimo settore restante del Muro Al Buraq, che loro chiamano Kotel, o Muro del Pianto”.

Anche se potrebbe sembrare ridicolo (e lo è infatti), il tentativo di far passare il Kotel per “diritto unico palestinese” è annoso. Il ministro dell’Autorità Palestinese per gli affari religiosi, Mahmoud Al-Habbash, ha recentemente dichiarato che tutta Gerusalemme e il Muro Occidentale sono “diritto unico dei palestinesi.” A sostegno di questo, non si è vergognato di affermare che “nessuna persona oltre i musulmani ha mai usato [il Muro Occidentale] come luogo di culto, durante tutta la storia, fino alla Dichiarazione Balfour, nel 1917.”  QUI

Fu il Gran Mufti’ di Gerusalemme, quel tristemente noto Hajj Amin, collaboratore e estimatore di Hitler, che diede il via alla leggenda del Kotel mai stato legato alla trdizione ebraica ed a incoraggiare sanguinosi scontri; Arafat continuo’ sulla stessa linea:

“Chi abbandona un solo centimetro di Gerusalemme non è né un arabo né un musulmano” (Voice of Palestine, Algiers, Settembre 2, 1993)

seguito a ruota da esponenti islamisti e dal mufti’  Ikrema Sabri:

“Non c’è mai stato un tempio ebraico ad Al-Aqsa [la Spianata delle moschee] e non vi è alcuna prova che ci sia mai stato un tempio” Mike Seid, “Western Wall was never part of temple,” (Jerusalem Post, Ottobre 25, 2007). QUI

I musulmani palestinesi rivendicano il diritto al Kotel perché secondo la tradizione, Muhammed ci lego’ l’asino Al Buraq, prima di prendere il volo per la Mecca. Se da una parte puo’ far sorridere, il fatto che sia una Ong, ufficialmente impegnata nella pace, a sostenerlo e alimentare la polemica, inquieta. Nel suo articolo, ISM parla di “tentativo di giudaizzazione di Gerusalemme” (!) avvalorando cosi’ le tesi islamiste più estreme  che sostengono Gerusalemme (e tutto Israele) proprietà assoluta musulmana.

il Gran Mufti’ di Gerusalemme, Hajj Amin, zio di Arafat

Cio’ che l’ISM chiama “espansione e tentativo di giudeizzazione” sono i lavori di scavi archeologici, che già nel 1864 i ricercatori britannici Charles Wilson e Charles Warren avevano suggerito, per riuscire a determinare   l’estensione totale del Kotel. Gli scavi veri e propri sono cominciati dopo la Guerra dei Sei Giorni ed hanno richiesto anni di lavoro, sotto la stretta supervisione di esperti nel campo dell’ingegneria strutturale. I lavori hanno portato alla luce importantissime testimonianze archeologiche, come una cisterna dell’acqua, datata a 3000 anni fa, nel periodo del Primo Tempio.

Al momento gli scavi sono prossimi a terminare. Ma quello che resta invece come un interrogativo più pesante delle rocce di Gerusalemme è: perché una Ong “non violenta e pacifista” avvalora certe tesi che già in passato sono state causa di morte e divisione? E allora diamo un’occhiata a questo ISM, chi sono? L’International Solidarity Movement (ISM) è una rete di attivisti anti-israeliani,  fondata nell’estate del 2001 da un gruppo di giovani di sinistra estrema Americani, ai quali si sono poi aggiunti attivisti palestinesi (soprattutto cristiani) e gruppi filo-palestinesi israeliani. I fondatori reclutano volontari provenienti da diversi Paesi occidentali, alcuni dei quali ebrei, su un programma di ostilità verso Israele e le sue politiche nei confronti dei palestinesi. L’International Solidarity Movement (ISM), ha ospitato terroristi noti e sostiene apertamente la violenza e la distruzione di Israele.

Al portavoce ISM, Raphael Cohen, è stato chiesto in una conferenza stampa nel maggio 2003 di definire “l’occupazione”. La sua risposta: “La presenza sionista in Palestina” (David Bedein “unità di supporto per il terrore,” Jerusalem Post, 25 giugno 2003.)

attivisti ISM in una foto ricordo con alcuni terroristi

Quando gli viene chiesto di esprimere la sua visione di pace, risponde, “una soluzione di stato unico”, intendendo la creazione di uno stato palestinese al posto di Israele. Sul sito ISM, la directory di Internet si chiama “traveltopalestine”. Il loro sito colloca anche l’aeroporto Ben Gurion in “Palestina”. Esso comprende un pacchetto di informazioni per i volontari che include una guida del paese “Palestina”. La guida elenca l’estensione della “Palestina” come “26.323 km2 = 10.162 miles2” – la dimensione cioè di tutto lo Stato di Israele, più la Cisgiordania e Gaza. La guida descrive i confini geografici della “Palestina”, compresi dal Giordano al Mar Mediterraneo, dal Libano ad Aqaba, cioè, ancora una volta incorporando tutto Israele.

Attiviste ISM “travestite” da ortodosse ebree

L’ISM non nasconde il suo incitamento alla violenza. Il suo sito web afferma che riconosce “il diritto palestinese a resistere alla violenza israeliana e l’occupazione tramite legittima lotta armata”. Cohen ammette che, il 25 aprile 2003, ospito’ un gruppo di 15 persone nel suo appartamento. Inclusi in questo gruppo erano Mohammad Asif Hanif e Omar Khan Sharif, cittadini britannici. In seguito parteciparono anche a varie attività programmate dall’ ISM.

Cinque giorni dopo, i due eseguirono un attentato suicida in un pub popolare, accanto all’ambasciata americana a Tel Aviv, frequentato da personale dell’ambasciata. Hanif e Sharif erano entrati in Israele con il pretesto di essere “attivisti per la pace” e fare “turismo alternativo” – forse un riferimento al precursore dell’ISM, il “Gruppo turistico alternativo” (Andrew Friedman, “I Partigiani “neutrali “,” The Review, luglio 2003). ISM nega la responsabilità delle azioni dei kamikaze britannici.

Il 27 marzo 2003, l’ISM è stato sorpreso dare rifugio al terrorista della Jihad Islamica, Shadi Sukiya. Sukiya fu arrestato dall’esercito israeliano negli uffici ISM, dove fu trovata una pistola; due attivisti ISM stranieri, tra cui l’americana Susan Barclay, aiutarono Sukiya a nascondersi. Ms. Barclay cerco’ di impedire ai soldati dell’IDF di entrare negli uffici ISM, sapendo che c’era Sukia (Leslie Susser, “Israele: L’IDF contro l’ISM,” The Jerusalem Report, 13 giugno 2003), “Senior della Jihad islamica, terrorista arrestato mentre si nasconde negli uffici del Movimento Internazionale di Solidarietà a Jenin, “Ministero degli Esteri israeliano, March 27, 2003).

Il sito web ISM istruisce i propri volontari su come evitare i controlli di sicurezza israeliani. Ad esempio, ai suoi membri viene detto di mentire sulla loro affiliazione con ISM e la loro intenzione di visitare i territori. ISM istruisce anche i suoi affiliati a rimanere in contatto con gli attivisti locali, compresi capi di organizzazioni terroristiche come Hamas, Fatah e Jihad islamica, che considera “gruppi di resistenza.” Mentre il Movimento di Solidarietà Internazionale afferma di essere un’organizzazione umanitaria dedicata ai principi della resistenza non violenta, non ha dimostrato alcun interesse di pace verso gli israeliani. Come minimo, ISM ha agito come apologeta del terrorismo e, a volte, complice attivo dei terroristi. QUI e QUI

ISM fa parte di quella rete di Ong finanziate dalla Ford Foundation, cosi’ come moltissime delle Ong anti-israeliane che si auto definiscono “non violente e pacifiste”.  E cos’è la Ford Foundation?

Ford insignito della Croce dell’Aquila Germanica hitleriana, con Karl Kapp e Fritz Hailer

La Fondazione Ford (FF) è uno dei principali finanziatori di numerosi gruppi palestinesi ed israeliani, coinvolti nel delegittimare e demonizzare Israele, compresi i gruppi come LAW che trasformo’ la Conferenza delle Nazioni Unite contro il razzismo a Durban in un festival di odio antisemita.  Attraverso il suo ufficio del Cairo, Ford ha erogato più di 35 milioni di dollari in sovvenzioni a favore di 272 organizzazioni arabe e palestinesi solo nel corso del biennio 2000-2001 – gli anni più recenti per i quali sono disponibili i dati – oltre a 62 borse di studio a persone che ammontano a più di $ 1,4 milioni. ”

Le ONG palestinesi che ricevono sovvenzioni dal governo degli Stati Uniti d’America devono firmare un impegno che la loro organizzazione non si impegnerà nel supporto di attività terroristiche. La Fondazione Ford non ha bisogno di questo impegno e molte delle organizzazioni che finanzia hanno dichiarato che si sarebbero rifiutate comunque di firmare un tale impegno. I finanziamenti della Fondazione Ford  servono a:

* Organizzare boicottaggi contro Israele e il boicottaggio delle imprese americane che operano in Israele.

* Finanziare l’ISM

* Creare un sito Web dedicato a “mobilitare l’azione mondiale contro Israele e il sionismo”.

Del resto Ford è ben conosciuto per le sue ossessioni anti ebraiche e di appoggio al nazismo. Durante la prima guerra mondiale, Ford scrisse una serie di articoli ferocemente antisemiti  per “The Independent Dearborn”, che poi pubblico’ in forma di libro contro gli ebrei chiamato “The International Jew: The world’s foremost problem”, nel quale addossava agli ebrei la colpa per tutti i problemi del mondo. L’International Jew è ancora oggi ristampato, utilizzato e molto ammirato da neonazisti e suprematisti bianchi .

Nei primi anni 1920, questo libro fu pubblicato in Germania con il titolo L’Ebreo Eterno. Come riferito, ebbe una grande influenza su Adolf Hitler, che quasi certamente ne copio’ alcune per il suo Mein Kampf. L’ammirazione era reciproca. A seguito dell’ascesa di Hitler al potere, Ford  gli invio’ 50.000 marchi ogni anno, il giorno del suo compleanno.

E la storia continua…. Oggi la Fondazione Ford continua nel solco della tradizione, tracciato dal suo fondatore.

Antisemitismo? Antisionismo?

L’antisemitismo è il nome dato alla forma di razzismo praticato contro il popolo ebraico. Anche se l’interpretazione letterale della parola sembrerebbe indicare ostilità contro tutti i popoli semiti, si tratta di un’interpretazione errata. Il termine fu coniato originariamente in Germania nel 1879 per descrivere le campagne europee contro gli ebrei dell’epoca, ed è presto stato utilizzato per indicare le persecuzioni o le discriminazioni contro gli ebrei di tutto il mondo. Quindi, gli arabi che affermano di non poter essere degli antisemiti perché sono “semiti” loro stessi, stanno cercando in realtà di girare attorno alla questione, cercando di nascondere i loro atteggiamenti razzisti. Questo tentativo di assolversi dall’accusa di razzismo risulta particolarmente sfacciato, visto che un forte antisemitismo è presente in molti Paesi arabi anche oggi.

Nonostante le origini relativamente moderne del termine antisemitismo, l’odio verso il popolo ebraico è un fenomeno antico. L’antisemitismo ha assunto varie forme e ha fatto ricorso a diversi pretesti nel corso della storia. In epoca recente, esso è stato promosso da ideologie nazionalistiche estremiste e anche razziste. L’antisemitismo raggiunse il picco durante la Shoah. Più di sei milioni di ebrei (un terzo della popolazione ebraica del mondo) furono brutalmente e sistematicamente massacrati durante la Seconda Guerra Mondiale. L’antisemitismo moderno in Europa, dopo essere stato represso per decenni in seguito all’Olocausto, negli ultimi anni è di nuovo esploso con rinnovato vigore sotto una nuova forma: l'”antisionismo”, ovvero l’odio contro lo Stato di Israele. Questo nonostante il fatto che il sionismo sia il movimento di liberazione nazionale del popolo ebraico, un’espressione della sua legittima aspirazione all’autodeterminazione e all’indipendenza nazionale. Il movimento sionista fu fondato per dare a un popolo antico uno Stato sovrano proprio nella sua terra antica. Israele è la moderna incarnazione politica di questo sogno antico.

Lo scopo dell’antisionismo consiste nel minare la legittimità di Israele, negando così al popolo ebraico il suo posto nella comunità delle nazioni. La denigrazione del sionismo è quindi, un attacco al diritto fondamentale di Israele di esistere come nazione al pari delle altre, in violazione di uno dei principi di base del diritto internazionale. Proprio come l’antisemitismo nega agli ebrei i loro diritti individuali nella società, così l’antisionismo attacca il popolo ebraico in quanto nazione, sul piano internazionale. Così come “gli ebrei” sono stati ilcapro espiatorio per molti dei problemi della società, Israele è diventato il bersaglio di condanne sproporzionate e a senso unico sul piano internazionale.

L’ antisionismo spesso si manifesta sotto forma di attacchi contro Israele alle Nazioni Unite e in altri consessi internazionali. Nel corso de anni, molti eventi della comunità internazionale sono stati strumentalizzati per condannare Israele, a prescindere da quale fosse l’argomento in discussione o di quanto esile fosse il collegamento tra esso e il conflitto nel Medio Oriente. Inoltre, non a caso la censura di Israele nei consessi internazionali o nei media è spesso stata accompagnata da un notevole incremento degli episodi antisemiti in molte parti del mondo. Mentre la critica legittima di Israele viene considerata parte integrante del processo democratico, le critiche che sconfinano nell’illegittimità – mediante la demonizzazione, l’uso di due pesi e due misure o la delegittimazione di Israele – dovrebbero essere considerate un’espressione del “nuovo antisemitismo”.

Sia le forme classiche di antisemitismo, assieme alla loro versione aggiornata (nella quale Israele viene trattato come l’ebreo della comunità internazionale), dovrebbero essere fortemente condannate. Tutte le critiche nei confronti di Israele sono antisemitiche? È importante riconoscere che Israele, in quanto democrazia, è aperta alle critiche giuste e legittime. Un’analisi valida, anche se negativa, delle politiche israeliane non dovrebbe essere considerata antisemitica, né le critiche espresse nei confronti di un altro Paese dovrebbero essere considerate razziste.

Tuttavia, le condanne di Israele attraversano troppo spesso il confine tra critiche giustificate e forme di denigrazione che potrebbero essere considerate antisemitiche. L’espressione generalmente accettata per questo tipo di trattamento non equanime è “nuovo antisemitismo”. Proprio come in passato gli ebrei venivano usati come capri espiatori di molti problemi, oggi vi sono dei tentativi di trasformare Israele in un paria internazionale.

La linea che separa le critiche legittime e le critiche riconducibili al nuovo antisemitismo, per alcuni risulta difficile da individuare. L’ex ministro Natan Sharansky, nel suo articolo del 2004 ” Antisemitismo in 3 D”, aveva specificato i parametri per tracciare la linea di demarcazione. Le 3 D del nuovo antisemitismo sono: Demonizzazione, Due pesi e due misure e Delegittimazione. Demonizzazione: allo stesso modo in cui gli ebrei furono demonizzati per secoli come incarnazione del male, così anche Israele è stata denominata un’entità malvagia. Molte delle critiche appartenenti a questa categoria consistono nel paragonare gli israeliani ai nazisti e i palestinesi agli ebrei vittima dell’Olocausto. Il ribaltamento della Shoah non è diffuso solo nei Paesi arabi, ma sta prendendo piede anche in Occidente. La tecnica propagandistica risulta particolarmente viscida poiché non solo rappresenta in modo distorto la lotta di Israele per difendersi, ma sminuisce anche la straordinaria sofferenza delle vittime della Shoah, di per sé una forma di rinnegazione.

Due pesi e due misure: per poter parlare di due pesi e due misure è sufficiente verificare se Israele viene giudicato in base a standard diversi da quelli di altri Paesi in circostanze analoghe. Spesso si può parlare di due pesi e due misure in merito agli incontri internazionali, nei quali Israele subisce critiche ingiuste in base standard di giudizio che non vengono applicati a nessun altro Paese. Allo stesso modo, un comportamento simile o addirittura peggiore da parte di altre nazioni viene spesso ignorato. L’applicazione di due pesi e due misure si può spesso riconoscere dall’irragionevole quantità – nonché qualità – delle critiche.

Un esempio significativo di due pesi e due misure è visibile nelle richieste di boicottaggio di Israele. Se tali richieste facessero parte di una campagna più ampia contro i molti regimi che violano palesemente i diritti umani in tutto il mondo, Israele sosterrebbe che la sua inclusione nella lista di questi Paesi è illegittima. Tuttavia, quando solo Israele viene preso di mira per un boicottaggio, si tratta chiaramente una dimostrazione di attività antisemitica.

Delegittimazione: i nuovi antisemiti stanno tentando di delegittimare la stessa esistenza dello Stato ebraico. Lo fanno sia minando il suo diritto a essere stato costituito, ma anche cercando di far passare l’Israele moderno come uno Stato paria, ad esempio utilizzando nei suo confronti espressioni come “discriminazione razziale” o “violatore dei diritti umani”. Come ha scritto Natan Sharansky: “Anche se le critiche contro la politica israeliana potrebbero non essere antisemitiche, la negazione del diritto di Israele di esistere lo è sempre. Se altri popoli hanno il diritto di vivere in sicurezza nella loro patria, anche gli ebrei hanno il diritto di vivere in sicurezza nella loro.”

Anche se le critiche valide contro Israele non hanno assolutamente alcun rapporto con l’antisemitismo, una parte dell’irragionevole condanna ha le sue radici negli atteggiamenti antisemitici, spesso mascherati da “antisionismo”. In quanto nazione che si dedica ai principi della Democrazia, Israele crede che le critiche, sia da parte di altre nazioni che del suo popolo, siano una forza notevole verso il cambiamento in senso positivo. Tuttavia, vi è una chiara distinzione tra i richiami legittimi al miglioramento e il tentativo di delegittimare Israele attraverso l’utilizzo di remote analogie, tecniche di demonizzazione, rendendola un’eccezione o chiedendo il rispetto di standard non applicati ad altri Stati. Questi tipi di critiche ignorano il contesto nel quale Israele cerca di sopravvivere di fronte ai violenti attacchi contro i propri cittadini e, troppo spesso, contro la sua stessa esistenza.

Israele è uno Stato dove vige la discriminazione razziale? Come la maggior parte delle democrazie occidentali con una popolazione in cui vivono numerose minoranze, Israele ha ancora molto da fare prima di poter ottenere l’uguaglianza perfetta. Tuttavia, la disparità tra la situazione degli arabi-israeliani e quella che esisteva nel Sud-Africa è talmente evidente che non si può minimamente paragonare. Infatti, quando si fanno questi paragoni, ci si trova di fronte a indicatori che segnano l’approccio verso Israele da parte di coloro che li fanno, più di quanto non lo siano per qualsiasi realtà in Israele.

Visto che non vi è alcuna giustificazione che tenga per muovere queste accuse, potrebbero esserci solamente due spiegazioni possibili: o vengono fatte da qualcuno che ignora completamente la situazione in Israele, oppure da qualcuno che nutre odio verso Israele. Inoltre, questo paragone non rende giustizia a coloro che hanno realmente subito la discriminazione razziale, sminuendo sia il dramma della loro situazione che negando i mezzi pacifici che hanno utilizzato per mettere fine a questo terribile regime.

“Non siamo antisemiti; siamo “solo” antisionisti”

Anche se le condizioni degli arabi-israeliani hanno ancora molti margini di miglioramento, sono già state fatte molte conquiste in direzione del raggiungimento dell’uguaglianza assoluta. Basterebbe osservare semplicemente i progressi degli arabi-israeliani nella sfera pubblica per rendersene conto; gli arabi-israeliani sono presenti nella Corte Suprema, nella Knesset (parlamento), negli incarichi nelle ambasciate, tra i sindaci e anche nel Governo (attualmente, Raleb Majadele è ministro delle scienze, della cultura e dello sport e Majalli Whbee è viceministro degli esteri). Importanti arabi-israeliani sono presenti in ogni ambito della società israeliana, compresi i calciatori della nazionale israeliana. In effetti, uno degli ideali sui quali fu fondata Israele era quello dell’uguaglianza. La dichiarazione di indipendenza di Israele afferma che lo Stato di Israele “assicurerà la totale uguaglianza dei diritti sociali e politici a tutti i suoi cittadini indipendentemente da religione, razza e sesso; garantirà la libertà di culto, coscienza, lingua, istruzione e cultura; salvaguarderà i luoghi sacri di tutte le religioni.” Inoltre, continua ad appellarsi “agli arabi che vivono in Israele affinché preservino la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulle basi dell’uguaglianza del diritto di cittadinanza e la giusta rappresentazione in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti”. Le seguenti iniziative legislative e le decisioni giuridiche si sono ispirate a questi principi.

In che modo la giustizia israeliana protegge i diritti civili e le libertà fondamentali? Tutti i cittadini israeliani – indipendentemente da razza, religione e sesso – godono degli stessi diritti e tutele legali. Questo principio risale al documento di costituzione del moderno Stato di Israele, la dichiarazione di costituzione dello Stato di Israele del maggio 1948. Questa dichiarazione di indipendenza proclamò che lo Stato di Israele si sarebbe basata sulla libertà, la giustizia e la pace come auspicato dai profeti di Israele. Essa garantirà la totale uguaglianza dei diritti sociali e politici a tutti i suoi cittadini indipendentemente da religione, razza o sesso; garantirà la libertà di culto, coscienza, lingua, istruzione e cultura; salvaguarderà i luoghi sacri di tutte le religioni e sarà leale ai principi della Carta delle Nazioni Unite.

Anche se la Dichiarazione non è un documento costituzionale con valore legale, esso mantiene la sua influenza dettando i principi guida nelle interpretazioni delle leggi. La sua centralità è stata riconosciuta nella legge di base del 1982: “Dignità umana e libertà”, che stabilisce esplicitamente che i diritti umani previsti dalla Legge saranno interpretati “nello spirito dei principi della Dichiarazione della costituzione dello Stato di Israele”. Come il Regno Unito, Israele non ha una costituzione scritta. Questo non significa, però, che i diritti umani non siano costituzionalmente protetti. Poco dopo la fondazione di Israele, la Knesset iniziò ad approvare una serie di leggi di base relative a tutti gli aspetti della vita, che un giorno verranno messe assieme per creare una costituzione scritta. Oltre alle leggi che stabiliscono le caratteristiche principalidel governo, sono state approvate altre leggi che si occupano dei diritti fondamentali, come la legge di base ispirata a dignità e libertà umana.

Esempio di cartoon “antisionista”

In assenza di un documento formale che sancisca i diritti, il sistema giudiziario israeliano ha avuto un ruolo chiave nella protezione delle libertà civili e nell’applicazione della legge. Oltre alle leggi di base, nel corso degli anni è stato approvato un insieme di leggi che protegge le libertà civili. L’uguaglianza, la libertà di espressione, la libertà di riunione e la libertà di culto sono solo alcuni dei diritti di base considerati valori fondamentali dal sistema legale israeliano. Il sistema costituzionale israeliano si basa su due principi fondamentali: lo Stato è democratico e anche ebraico. Non esiste alcuna contraddizione tra i due principi.

Oltre al suo contributo alla giurisprudenza, la Corte Suprema ha un’altra funzione particolare. Nella suo ruolo di Alta Corte di Giustizia e agendo da corte di prima ed ultima istanza, la Corte Suprema ascolta le petizioni delle persone che si rivolgono in appello contro un ente o un rappresentante del governo. Questo significa che qualsiasi individuo che abiti in Israele o nei territori può appellarsi direttamente alla Corte Suprema del Paese e chiedere assistenza immediata, qualora dovesse ritenere che i suoi diritti siano stati violati da un qualsiasi ente governativo o dalla forze armate. Queste petizioni hanno un ruolo importante nel garantire i diritti civili della persona, sia per i cittadini israeliani che per i palestinesi. Il sistema giudiziario israeliano – e per prima la Corte Suprema, che è il cane da guardia della democrazia israeliana – ha avuto un ruolo importante nel garantire che tutti gli israeliani, ebrei e arabi, godano dello stesso livello di protezione dei diritti umani e delle libertà civili dei cittadini delle altre democrazie occidentali.

“Anti sionista, non antisemita!”

Perché c’è stato un incremento degli episodi antisemiti? La campagna di delegittimazione contro Israele ha portato a un forte incremento di attacchi anti-israeliani e antisemitici in tutto il mondo. Contemporaneamente, la linea di demarcazione tra separa la critica legittima contro Israele e gli attacchi antisemitici contro obiettivi ebraici si sta diventando sempre di più sfumata. A partire dall’inizio della seconda Intifada, nel settembre 2000, Israele sta subendo una campagna di delegittimazione a livello mondiale. Il Paese è stato attaccato dai media e nelle sedi internazionali e accusata dai leader politici e dagli intellettuali. È stato messo in dubbio il suo stesso diritto di esistere, nonché il suo dovere primario di difendere i suoi cittadini. Gli estremisti di sinistra e di destra si sono uniti insieme nell’odio verso lo Stato ebraico.

Questi attacchi vanno oltre qualsiasi critica giustificabile che Israele, in quanto solida democrazia, considera un elemento del legittimo dialogo tra Stati. Tuttavia, non è affatto legittimo censurare Israele in modo talmente sproporzionato, isolarlo e pretendere che mantenga standard impossibili, non richiestia nessun altro Stato. Non è neppure legittimo demonizzare Israele o cercare di delegittimare la sua stessa esistenza. Le ragioni di fenomeno crescente sono numerose e sono strettamente legate all’abilità che hanno i palestinesi nel vendere la loro immagine di vittime indifese. Hanno utilizzato questa percezione per giocare con i sentimenti di coloro che invocano i diritti umani (mentre i leader palestinesi e i terroristi violano i più basilari diritti umani delle vittime innocenti e del loro stesso popolo). I pregiudizi portati avanti da media sono stati decisivi nel processo di delegittimazione di Israele. Non c’è da stupirsi che le popolazione occidentali, che generalmente si fidano dei loro mezzi d’informazione rimangano influenzati quando sono esposti a descrizioni unilaterali del conflitto. Un altro tipo di condanna ha radici sostanzialmente ideologie e viene spesso sostenuto da coloro che sono disposti ad ignorare tutte le trasgressioni dei regimi totalitari, a prescindere da quanto sianoeclatanti, ma criticano qualsiasi passo difensivo adottato dagli Stati democratici. Anche gli atteggiamenti antisemitici tradizionali, spesso mascherati da posizioni anti-sioniste, hanno fatto la loro parte.

“Anti sionista, non antisemita!”

(…)

Attacchi antisemitici sono stati le bombe presso le sinagoghe e le scuole ebraiche, gli atti di vandalismo e profanazione di cimiteri ebraici, le minacce di morte e violenza contro ebrei e gli atti di violenza non provocata che sono arrivati anche all’omicidio. Questi crimini ispirato all’odio contro gli ebrei e le istituzioni delle comunità ebraiche sono spesso mascherati da azioni “anti-sioniste”. La situazione nel Medio Oriente è ancora peggiore. La virulenta retorica anti-israeliana era già diffusa, ma si è intensificata a partire dall’inizio delle violenze nel 2000. Miti antisemiti e anti-israeliani, spesso appoggiati da governi che perseguono i loro obiettivi, vengono fatti propri da una notevole percentuale della popolazione locale. L’incessante flusso di accuse deprecabili e infondate favorito dai rappresentanti palestinesi ha contribuito fortemente alla crescente ondata di antisemitismo. Una delle conseguenze è stata l’incremento di attacchi contro obiettivi ebraici nel mondo arabo, che hanno provocato la morte di molte persone, come nel caso dell’attentato terroristico contro l’antica sinagoga di Djerba, a Tunisi, nell’aprile 2002. Israele è seriamente preoccupato dalla crescita significativa dell’antisemitismo che prende di mira le comunità ebraiche in Europa e altrove. Questo crescente fenomeno dovrebbe suscitare la preoccupazione di tutta la società civile. Israele si appella ai governi dei Paesi dove la minaccia d’antisemitismo si sta propagando affinché prendano tutte le necessarie misure per assicurare la vitadelle comunità ebraiche e affinché i responsabili di questi deplorevoli attacchi vengano affidati alla giustizia. L’istigazione antisemitica – sia che venga promossa da individui, da organizzazioni o dai leader di certi Paesi – dovrebbe essere fortemente condannata a ogni occasione.

“Anti sionista, non antisemita!”

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QUI l’articolo orginale

Già pubblicato QUI

Chaim Herzog e il suo discorso all’ONU

10 novembre 1975

In merito all’adozione della risoluzione ONU 3379 che includeva l’equazione Sionismo=razzismo, l’Ambasciatore d’Israele Herzog insorse per denunciare la bassezza della risoluzione stessa e di coloro che si accingevano a votarne l’adozione. Nell’occasione tenne un discorso memorabile sull’origine e il significato del Sionismo e sul suo legame inscindibile col Popolo Ebraico, che in quel momento egli rappresentava, di fronte ad un consesso di nazioni apertamente ostili. Questo discorso figura nella Storia, fianco a fianco con i più famosi discorsi tenuti in pubblico per perorare la causa dei più basilari diritti umani, come il celebre “I have a dream” di M. Luther King che di Israele in altra occasione scrisse:

“I nostri fratelli in Africa hanno mendicato, implorato, supplicato, chiedendo che venisse riconosciuto ed attuato il nostro congenito diritto a vivere in pace sotto la nostra sovranità e nel nostro Paese. (…) Come dovrebbe essere facile, per chiunque abbia a cuore questo inalienabile diritto umano, comprendere e sostenere il diritto del Popolo Ebraico a vivere nell’antica terra d’Israele. Gli uomini di buona volontà esultano nel vedere la promessa di Dio realizzata, nel vedere il suo popolo che torna gioiosamente a ricostruire la sua terra devastata. QUESTO E’ IL SIONISMO, niente di più e niente di meno.”

E’ simbolico che questo dibattito, che potrebbe rivelarsi un punto di svolta nelle vicende delle Nazioni Unite e un fattore determinante per la possibile esistenza futura di questa organizzazione, debba avvenire il 10 novembre. Questa notte, 37 anni fa, è passata alla storia come Kristallnacht, o la Notte dei Cristalli. In quella notte del 10 novembre 1938, gli assalitori nazisti di Hitler lanciarono un attacco coordinato alla comunità ebraica in Germania, bruciarono le sinagoghe in tutte le città e si accesero roghi per le strade con i Libri Sacri, i rotoli della Legge Sacra e la Bibbia.

In quella notte le case ebraiche furono attaccate e i capi famiglia portati via, di questi non molti ritornarono. In quella notte le vetrine di tutti i negozi appartenenti agli ebrei furono distrutte e coprirono le strade delle città tedesche con uno strato di vetri rotti che si ridussero in milioni di cristalli, dando così il nome a quella notte: Kristallnacht, la Notte dei Cristalli. Quella notte ha portato infine ai forni crematori e alle camere a gas, ad Auschwitz, Birkenau, Dachau, Buchenwald, Theresienstadt, e altri. Quella notte ha portato all’olocausto più terrificante della storia dell’uomo.

E’ davvero giusto che questo progetto (la risoluzione in discussione n.d.r.), concepito nel desiderio di deviare il Medio Oriente dalle sue mosse verso la pace, e nato da una profonda sensazione pervasiva di antisemitismo, debba essere posto in discussione proprio in questo giorno che ricorda uno dei giorni più tragici di uno dei periodi più bui della nostra storia? E’ opportuno che le Nazioni Unite, che hanno iniziato la loro vita come alleanza anti-nazista, debbano, 30 anni dopo, ritrovarsi a diventare il centro mondiale dell’anti-semitismo? Hitler si sarebbe sentito a casa in diverse occasioni durante l’anno passato, ascoltando il procedimento dei lavori in questa forma e, soprattutto, al procedimento dei lavori nel corso del dibattito sul Sionismo.

È un’osservazione che fa riflettere e considerare fino a che punto questo Organismo è stato trascinato verso il basso, se siamo costretti oggi a contemplare un attacco contro il Sionismo. Poiché questo attacco costituisce non solo un attacco antisemita della più ripugnante sorta, ma anche un attacco in questo organismo mondiale contro l’ebraismo, una delle più antiche religioni nel mondo, una religione che ha dato al mondo i valori umani della Bibbia, una religione, da cui due altre grandi religioni, Cristianesimo e Islam, sorsero – una grande religione, consolidata, che ha dato al mondo la Bibbia con i suoi dieci comandamenti, i grandi profeti del passato, Mosè, Isaia, Amos, i grandi pensatori della storia, Maimonide, Spinoza, Marx, Einstein, molti dei maestri delle arti, e un’alta percentuale di premi Nobel del mondo, nelle scienze, le arti e le discipline umanistiche, come nessun altro popolo sulla terra.

Si può solo riflettere e meravigliarsi di fronte alla prospettiva dei Paesi che si considerano parte del mondo civilizzato e che si stanno unendo a questo primo attacco organizzato contro una religione stabilita fin dal Medioevo. Sì, a queste profondità, indietro fino al Medioevo, veniamo trascinati oggi da coloro che sostengono questa proposta di risoluzione.

Il progetto di risoluzione, prima della Terza Commissione era in origine una risoluzione che condannava il razzismo e il colonialismo, un argomento sul quale il consenso avrebbe potuto essere raggiunto, un consenso che è di grande importanza per tutti noi e per i nostri colleghi Africani in particolare. Tuttavia, invece di permettere che ciò accadesse, un gruppo di paesi, inebriato dalla sensazione di potere data alla maggioranza automatica, e senza tener conto dell’importanza di raggiungere un consenso su questo tema, ha pilotato la Commissione in modo sprezzante, con l’uso appunto della maggioranza automatica, fino a imporre il Sionismo come soggetto in discussione.

Non vengo a questa tribuna per difendere i valori morali e storici del popolo ebraico. Non hanno bisogno di essere difesi. Parlano da sé. Hanno dato agli uomini molto di ciò che è grande ed eterno. Hanno fatto per lo spirito dell’uomo più di quanto possa essere facilmente apprezzato in un forum come questo. Vengo qui a denunciare i due grandi mali che minacciano la società in generale e una società delle nazioni in particolare. Questi due mali sono l’odio e l’ignoranza. Questi due mali sono la forza motrice dietro i fautori di questa proposta di risoluzione e dei loro sostenitori. Questi due mali caratterizzano coloro che vorrebbero trascinare questa Organizzazione Mondiale, la cui idea fu concepita dai profeti di Israele, alle profondità a cui è stata trascinata oggi.

La chiave per comprendere il Sionismo sta nel suo nome. Nella Bibbia, la più occidentale delle due colline di Gerusalemme antica era chiamata Sion. Era il X secolo AC. Di fatto, il nome “Sion” appare 152 volte nell’Antico Testamento riferimento a Gerusalemme. Il nome è prevalentemente una denominazione poetica e profetica. Le qualità religiose ed emozionali del nome derivano dall’importanza di Gerusalemme come la Città Reale e la città del Tempio. “Monte Sion” è il luogo dove Dio abita, secondo la Bibbia.

Gerusalemme o Sion, è un luogo dove il Signore è il Re secondo Isaia, e dove ha installato il suo Re David, come citato nei Salmi. Il re Davide fece di Gerusalemme la capitale di Israele quasi 3000 anni fa, e Gerusalemme è rimasta la capitale da allora. Nel corso dei secoli il termine “Sion” è cresciuto e si è espanso a significare tutto Israele. Gli Israeliti in esilio non potevano dimenticare Sion. Il salmista ebraico, seduto presso le acque di Babilonia giurò: “Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra” (Salmo 137, n.d.r.). Questo giuramento è stato ripetuto per migliaia di anni da parte degli ebrei di tutto il mondo. Si tratta di un giuramento che è stato fatto oltre 700 anni prima dell’avvento del Cristianesimo, e più di 1200 anni prima dell’avvento dell’Islam.

Alla luce di tutte queste connotazioni, Sion è venuto a significare la patria ebraica, simbolo dell’ebraismo, di aspirazioni nazionali ebraiche. Ogni Ebreo, mentre pregava il suo Dio, ovunque si trovasse nel mondo, si rivolgeva verso Gerusalemme. Queste preghiere hanno espresso per oltre 2000 anni di esilio, il desiderio del popolo ebraico di tornare alla sua antica patria, Israele. In realtà, una presenza continua ebraica, in numero maggiore o minore, è stata mantenuta nel paese nel corso dei secoli. Il Sionismo è il nome del Movimento Nazionale di Liberazione del Popolo Ebraico ed è l’espressione moderna del patrimonio ebraico. L’ideale sionista, come indicato nella Bibbia, è stato, ed è, parte integrante della religione ebraica.

Il Sionismo sta al popolo ebraico, come il movimento di liberazione dell’Africa e dell’Asia sono stati ai loro popoli. Il Sionismo è uno dei più emozionanti e costruttivi movimenti nazionali nella storia umana. Storicamente, si basa su una connessione univoca e ininterrotta, che si estende per circa 4.000 anni, tra il Popolo del Libro e la Terra della Bibbia. In tempi moderni, nel tardo Ottocento, spinto dalle forze gemelle della persecuzione antisemita e dal nazionalismo, il popolo ebraico ha organizzato il Movimento Sionista, al fine di trasformare il suo sogno in realtà. Il Sionismo, come movimento politico, ha rappresentato la rivolta di una nazione oppressa contro i saccheggi e la discriminazione e l’oppressione dei malvagi dei paesi in cui l’antisemitismo fiorì.

Abba Kovner (a sinistra), uno dei leader della resistenza ebraica a Vilnius,1944 

Non è di certo una coincidenza, e non sorprende affatto, che gli sponsor e sostenitori di questo progetto di risoluzione includano paesi che sono stati e sono colpevoli ancor oggi del crimine orribile di antisemitismo e di discriminazione. Il supporto agli obiettivi del Sionismo è stato scritto nel Mandato della Lega delle Nazioni per la Palestina, ed è stato nuovamente approvato dalle Nazioni Unite nel 1947, quando l’Assemblea generale ha votato con una maggioranza schiacciante per la restaurazione dell’indipendenza ebraica nella nostra antica terra.

Il ristabilimento dell’indipendenza ebraica in Israele, dopo secoli di lotta per superare la conquista estera e l’esilio, è una rivendicazione dei concetti fondamentali di parità delle nazioni e di autodeterminazione. Mettere in discussione il diritto del popolo ebraico all’esistenza nazionale e la sua libertà, non è solo di negare al popolo ebraico il diritto accordato a ogni altro popolo in questo mondo, ma è anche negare i precetti centrali delle Nazioni Unite.

Perché il sionismo non è altro – e niente di meno – che il senso di origine e destinazione verso la terra del Popolo Ebraico, la terra eternamente legata al suo nome. E ‘anche lo strumento con cui il popolo ebraico chiede una realizzazione autentica di se stesso.

La resistenza nei ghetti: la Brigata Partigiana “Lenin”

E il dramma si compie nella regione in cui la nazione araba ha realizzato la sua sovranità in 20 Stati, che contano un centinaio di milioni di persone in quattro milioni e mezzo di chilometri quadrati, con grandi risorse. Il problema quindi non è se il mondo verrà a patti con il nazionalismo arabo. La domanda è: fino a che punto il nazionalismo arabo, con la sua sovrabbondanza prodigiosa di vantaggio, ricchezza e opportunità, verrà a patti con i modesti ma uguali diritti di un altro Paese mediorientale a proseguire la sua vita in sicurezza e pace?

Le feroci diatribe sul Sionismo espresso qui dai rappresentanti arabi, possono dare a questa Assemblea l’impressione sbagliata che mentre il resto del mondo ha sostenuto il Movimento di Liberazione Nazionale Ebraico, il mondo arabo sia sempre stato ostile al Sionismo. Ma non è affatto così.

I leader arabi, al corrente dei diritti del popolo ebraico, hanno avallato pienamente le virtù del Sionismo. Lo Sceriffo Hussein, il leader del mondo arabo durante la Prima Guerra Mondiale, ha accolto il ritorno degli ebrei in Palestina. Suo figlio, l’Emiro Feisal, che ha rappresentato il mondo arabo alla Conferenza di Pace di Parigi ha avuto questo da dire circa il sionismo, il 3 marzo 1919:

“Noi arabi, in particolare i più colti fra noi, guardiamo con profonda simpatia al movimento Sionista… noi auguriamo agli Ebrei un cordiale bentornati a casa… Stiamo lavorando insieme per un Vicino Oriente riformato e rinnovato, e i nostri due movimenti si completano l’un l’altro. Il movimento è nazionale e non imperialista. C’è spazio in Siria per entrambi. Anzi, penso che nessuno dei due possa raggiungere un pieno successo senza l’altro.”

L’Emiro Feisal (Faysal ibn al-Husayn ibn ʿAlī) primo re dell’Iraq e re della Siria, fu animatore della Rivolta Araba contro gli Ottomani.

E’ forse pertinente a questo punto ricordare, che nel 1947, quando la questione della Palestina è stata oggetto di dibattito in seno alle Nazioni Unite, l’Unione Sovietica ha sostenuto con forza la lotta di indipendenza ebraica. E’ particolarmente importante ricordare alcune delle osservazioni di Mr. Andrei Gromyko il 14 maggio 1947, un anno prima della nostra indipendenza:

“Come sappiamo, le aspirazioni di una parte considerevole del Popolo Ebraico sono collegate con il problema della Palestina e della sua futura amministrazione. Questo fatto non richiede grandi prove… Durante l’ultima guerra, il Popolo Ebraico ha subito dolore e sofferenze eccezionali. Senza alcuna esagerazione, questo dolore e questa sofferenza sono indescrivibili. E’ difficile esprimerli in aride statistiche sulle vittime delle aggressori fasciste. Gli Ebrei nei territori dove gli hitleriani imperavano, sono stati sottoposti al quasi completo annientamento fisico. Il numero totale degli ebrei che morirono per mano del boia nazista è stimato a circa sei milioni… “

“Le Nazioni Unite non possono e non devono considerare questa situazione con indifferenza, poiché questo sarebbe incompatibile con gli alti principi proclamati nella sua Carta, che prevede la difesa dei Diritti Umani, a prescindere da razza, religione o sesso…”

“Il fatto che nessuno Stato dell’Europa occidentale sia stato in grado di assicurare la difesa dei diritti elementari del Popolo Ebraico e di salvaguardarlo contro la violenza dei carnefici fascisti, spiega le aspirazioni degli ebrei a stabilire il proprio Stato. Sarebbe ingiusto non tenerne conto e negare il diritto del Popolo Ebraico a realizzare questa aspirazione.”

Queste sono le parole del signor Andrei Gromyko alla sessione dell’Assemblea Generale il 14 maggio 1947. Quanto è triste vedere qui un gruppo di nazioni, molte delle quali solo di recente si sono liberate dal dominio coloniale, deridere uno dei movimenti di liberazione più nobili di questo secolo, un movimento che non solo ha dato un esempio di incoraggiamento e di determinazione alle persone che lottano per l’indipendenza, ma che ha anche attivamente aiutato molti di loro, durante il periodo di preparazione per la loro indipendenza, o subito dopo. Qui avete un movimento, incarnazione di un unico spirito pionieristico, della dignità del lavoro e di sostegno ai valori umani, un movimento che ha presentato al mondo un esempio di uguaglianza sociale e aperta democrazia, che viene associato in questa risoluzione con ripugnanti concetti politici.

Noi, in Israele, abbiamo cercato di creare una società che si sforza di attuare gli ideali più alti di società -politica, sociale e culturale – per tutti gli abitanti di Israele, a prescindere dal credo religioso, razza o sesso. Mostratemi un’altra società così pluralistica nella quale, nonostante tutti i problemi difficili tra i quali viviamo, Ebrei e Arabi convivono con un tale grado di armonia, in cui sono osservati la dignità e i diritti dell’uomo di fronte alla legge, in cui la condanna a morte non viene applicata, in cui la libertà di parola, di movimento, di pensiero, di espressione sono garantite, in cui anche i movimenti che si oppongono ai nostri obiettivi nazionali, sono rappresentati nel nostro Parlamento.

I delegati arabi parlano di razzismo. E non ci sta nella loro bocca. Che cosa è successo agli 800.000 Ebrei che hanno vissuto per oltre 2.000 anni nei paesi arabi, che hanno costituito alcune delle più antiche comunità molto tempo prima dell’avvento dell’Islam? Dove sono queste comunità? Che cosa è accaduto alla gente, cosa è successo alle loro proprietà? Gli Ebrei erano una volta una delle comunità più importanti nei paesi del Medio Oriente, i leader del pensiero, del commercio, della scienza medica. Dove sono nella società araba di oggi?

Osate parlare di razzismo quando posso indicare con orgoglio i Ministri arabi che hanno prestato servizio nel mio Governo, il Vice Presidente arabo del mio Parlamento, i funzionari arabi e gli uomini che servono di loro spontanea volontà nelle nostre forze armate, polizia di frontiera e, spesso, comandano le truppe ebraiche; le centinaia di migliaia di arabi provenienti da tutto il Medio Oriente che affollano le città di Israele ogni anno, e migliaia di arabi provenienti da tutto il Medio Oriente in arrivo per cure mediche in Israele, la coesistenza pacifica che si è sviluppata, al punto che l’arabo è lingua ufficiale in Israele al pari con l’ebraico; il fatto che sia più naturale per un arabo servire in carica pubblica in Israele, in quanto è assurdo pensare ad un Ebreo che serve in un qualsiasi pubblico ufficio in un paese arabo, sempre che vengano ammessi in questi paesi. E’ questo il razzismo? No, non lo è. Questo è il Sionismo.

Il nostro è un tentativo di costruire una società, seppure imperfetta – e quale società può dirsi perfetta?- in cui le visioni dei profeti di Israele siano realizzate. So che abbiamo dei problemi. So che molti non sono d’accordo con le politiche del nostro governo. Anche molti in Israele discordano di volta in volta con le politiche del Governo, e sono liberi di farlo, perché il Sionismo ha creato il primo e unico vero e proprio Stato democratico in una parte del mondo che non conosceva realmente la democrazia e la libertà di parola.

Questa risoluzione maligna, progettata per distrarci dal suo vero scopo, fa parte di un pericoloso idioma antisemita che viene insinuato in ogni dibattito pubblico da parte di coloro che hanno giurato di bloccare il passaggio verso l’accoglienza e, infine, verso la pace in Medio Oriente. Questo, insieme con mosse simili, è stato progettato per sabotare gli sforzi della Conferenza di Ginevra per la pace in Medio Oriente. Stiamo vedendo qui oggi nient’altro che un’ulteriore manifestazione dell’amaro odio antisemita, anti-ebraico che anima la società araba.

Chi avrebbe mai creduto che nell’anno 1975 le falsità maligne dei Protocolli dei Savi di Sion, sarebbero state distribuite ufficialmente dai governi arabi? Chi avrebbe mai creduto che avremmo oggi contemplato una società araba che insegna il più vile odio anti-ebraico negli asili? Chi avrebbe mai creduto che un capo di Stato arabo si sentisse obbligato a praticare pubblicamente l’antisemitismo della più bassa lega quando visita una nazione amica?

L’arabo è la seconda lingua ufficiale i Israele

Siamo attaccati da una società che è motivata dalla forma più estrema di razzismo conosciuta nel mondo di oggi. Questo è il razzismo che è stato espresso in modo sintetico nelle parole del leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), Yasser Arafat, nel suo discorso di apertura in un simposio a Tripoli, in Libia, cito: “Non ci sarà nessuna presenza nella regione eccetto per la presenza araba”. In altre parole, in Medio Oriente, dall’Oceano Atlantico al Golfo Persico, una sola presenza è permessa, e cioè la presenza araba. Nessun altro popolo, indipendentemente da quanto sono profonde le sue radici nella regione, deve essere ammesso a godere del suo diritto all’auto-determinazione. Guardate il tragico destino dei Curdi in Iraq. Guardate cosa è successo alla popolazione nera nel sud del Sudan. Guardate il pericolo terribile, in cui un’intera comunità di Cristiani si trova in Libano. Guardate la politica dichiarata dell’OLP, che nel suo Patto della Palestina prevede la distruzione dello Stato di Israele, che nega qualsiasi forma di compromesso sulla questione palestinese, e che, nelle parole del suo rappresentante solo l’altro giorno in questo stesso edificio, considera Tel Aviv un “territorio occupato”.

Guardate tutto questo e vedrete davanti a voi la causa principale della risoluzione perniciosa portata dinanzi a questa Assemblea. Vedrete i mali gemelli di questo mondo, al lavoro: l’odio cieco dei fautori arabi della presente risoluzione, e l’ignoranza abissale e la malvagità di coloro che li sostengono. La questione prima di questa Assemblea non è Israele e non è il Sionismo. Il problema è il destino di questa Organizzazione. Concepita nello spirito dei profeti d’Israele, nata da una alleanza anti-nazista, dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, è degenerata in un Forum che è stato descritto la settimana scorsa da uno dei maggiori scrittori di un importante organo sociale per il pensiero liberale in Occidente in questo modo, cito:

è rapidamente diventato una delle creazioni più corrotte e corruttrici di tutta la storia delle istituzioni umane… pressoché senza eccezioni, la maggioranza proviene da Stati noti per l’oppressione razzista di ogni colore immaginabile…””Israele è una democrazia sociale …il suo popolo e il suo Governo hanno un profondo rispetto per la vita umana, così appassionato che, nonostante ogni provocazione immaginabile, si sono rifiutati per un quarto di secolo di giustiziare anche solo un singolo terrorista catturato. Essi hanno anche una cultura antica ma vigorosa, e una tecnologia fiorente. La combinazione di qualità nazionali che hanno assemblato nelle loro breve esistenza come Stato è una perenne condanna che inasprisce la maggior parte dei nuovi paesi i cui rappresentanti si pavoneggiano nel palazzo delle Nazioni Unite.”Così Israele è invidiato e odiato, e ogni sforzo viene messo in atto per distruggerlo. Lo sterminio degli israeliani è stato a lungo l’obiettivo principale del terrorismo internazionale, ma hanno calcolato che se si può spezzare Israele, allora tutto il resto della civiltà è vulnerabile ai loro assalti”.

Tel Aviv

E poi conclude:

“La triste verità, temo, è che le candele della civiltà stanno bruciando sempre più in basso. Il mondo è sempre più governato non tanto dal capitalismo, o dal comunismo o dalla democrazia sociale, o addirittura dalla barbarie tribale, quanto piuttosto da un lessico falso, fatto di cliché politici, accumulato in oltre mezzo secolo e che ora sta assumendo una sorta di degenerazione verso l’autorità sacerdotale… Tutti noi sappiamo di che si tratta…” 

Nel corso dei secoli è toccato in sorte al mio popolo di essere la cartina al tornasole della decenza umana, il metro di paragone della civiltà, il crogiolo in cui duraturi valori umani devono essere testati. Il livello di umanità di una nazione potrebbe sempre essere giudicato dal suo comportamento verso la sua popolazione ebraica. E ‘sempre cominciato con gli ebrei, ma non si è conclusa con loro.

Vita di tutti i giorni in Israele

I pogrom anti-ebraici nella Russia zarista erano solo la punta di un iceberg che ha rivelato il marciume intrinseco del regime, che ben presto scomparve nella tempesta della rivoluzione. Gli eccessi antisemiti dei nazisti solo pallidamente prefigurarono la catastrofe che doveva colpire l’umanità in Europa. Questa scellerata risoluzione deve suonare la sveglia per tutte le persone oneste del mondo. Il popolo ebraico, come cartina al tornasole, purtroppo non ha mai commesso un errore. Le implicazioni inerenti a questa mossa vergognosa sono davvero terrificanti. Su questo tema, il mondo rappresentato in questa sala si è diviso in buono e cattivo, dignitoso e abietto, umano e degradato. Noi, Popolo Ebraico, ricorderemo nella storia la nostra gratitudine a quelle nazioni che si sono alzate in piedi e che hanno rifiutato di sostenere questa proposta sciagurata. So che questo episodio avrà rafforzato le forze della libertà e del decoro in questo mondo e li hanno fortificati nella loro volontà di rafforzare gli ideali che tanto apprezzano. So che questo episodio avrà rafforzato il Sionismo come ha indebolito le Nazioni Unite.

Mentre sono su questa tribuna, la storia lunga e orgogliosa del mio popolo si dipana davanti al mio occhio interiore, vedo gli oppressori del nostro popolo nel corso dei secoli che passano uno dopo l’altro in una nefanda processione verso l’oblio. Mi trovo qui davanti a voi in qualità di rappresentante di un popolo forte e rigoglioso, che è sopravvissuto a tutti e che sopravviverà a questo spettacolo vergognoso e ai sostenitori di questa risoluzione. Io sono qui come rappresentante di un popolo di profeti, che ha dato a questo mondo la profezia sublime che animava i fondatori di questa Organizzazione mondiale e che adorna l’ingresso di questo edificio:

“… Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra” (Isaia ii, 4) 

Tre versi prima di questo, il profeta Isaia proclamava:

“E avverrà negli ultimi giorni… Poiché da Sion uscirà la legge e la parola del Signore da Gerusalemme”. (Isaia, ii, 2 e 3)

Mentre sono su questa tribuna, i grandi momenti della storia ebraica mi vengono in mente mentre vi affronto, ancora una volta in inferiorità numerica e come aspirante vittima di odio, ignoranza e male. Ripenso a quei grandi momenti. Ricordo la grandezza di una nazione che ho l’onore di rappresentare in questo forum. Ho in mente in questo momento tutto il Popolo Ebraico in tutto il mondo ovunque i suoi membri si trovino, sia in libertà che in schiavitù, le cui preghiere e i cui pensieri sono con me in questo momento. Io sono qui non come supplice. Votate come le vostre coscienze e la vostra morale vi impongono. Poiché il problema non è Israele o il Sionismo. Il problema è la sopravvivenza dell’Organizzazione che è stata trascinata al suo livello più basso di discredito da una coalizione di dispotismi e di razzisti.

Il voto di ogni delegazione registrerà nella storia la posizione del suo paese rispetto al razzismo antisemita e anti-ebraico. Voi stessi porterete la responsabilità per la vostra presa di posizione di fronte alla storia, poiché in ragione della vostra posizione sarete visti dalla storia. Ma noi, Popolo Ebraico, non dimentichiamo.

Tel Aviv

Per noi, il Popolo Ebraico, questo non è che un episodio di passaggio in una storia ricca e piena di eventi. Abbiamo messo la nostra fiducia nella nostra Provvidenza, nella nostra fede e nel nostro credo, nella nostra tradizione santificata dal tempo, nella nostra lotta per l’avanzamento sociale e per i valori umani, nelle nostra gente, ovunque si trovi.

Per noi, il Popolo Ebraico, questa risoluzione, basata sull’odio, la menzogna e l’arroganza, è priva di qualsiasi valore morale o legale. Per noi, il Popolo Ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta, e verrà trattato come tale.

(Il 16 Dicembre 1991, l’Onu ritiro’ la mozione del 10 Novembre 1975)

Articolo già apparso QUI

Chi sono i “giudici” di Israele?

Il 31 gennaio 2013, è stato reso noto un rapporto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha chiesto a Israele di fermare la costruzione di nuovi insediamenti in West Bank. Secondo lo studio, pubblicato il 31 gennaio a Ginevra, “i diritti dei palestinesi sono violati in maniera sistematica in ragione dell’esistenza delle colonie”. “Israele deve, secondo l’articolo 49 della quarta convenzione di Ginevra, interrompere tutte le attività negli insediamenti senza condizioni e cominciare a ritirarsi dai territori occupati palestinesi” si legge nell’inchiesta condotta dal giudice Christine Chanet.

Pakistan

Ancora una volta il dito dell’Onu si punta contro Israele. Come in quella assemblea Onu che il 10 novembre 1975 aveva adottato la risoluzione 3379 con la quale asseriva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. Allora fu Chaim Herzog a rispondere con un discorso che passo’ alla storia:

“Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sull’arroganza ed è priva di qualunque valore morale o legale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così”.

Pronunciando queste parole Herzog strappò in due il foglio della risoluzione davanti all’Assemblea dell’Onu. La risoluzione “sionismo uguale razzismo” venne cancellata dalla stessa Assemblea Generale il 16 dicembre 1991.

India

Siamo abituati a sentir parlare dell’Onu e delle sue risoluzioni contro Israele; abbiamo metabolizzato il fatto che l’Assemblea Generale sia un organismo super partes garante dei Diritti dell’Uomo, delle libertà civili, religiose e politiche di tutti i cittadini del mondo. Ma chi siede nell’Assemblea Generale dell’Onu, lo sappiamo? Eccoli:

Afghanistan, Albania, Algeria, Andorra, Angola, Antigua e Barbuda, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Bahamas, Bahrain, Bangladesh,  Barbados, Bielorussia, Belgio, Belize, Benin, Bhutan,Bolivia, Bosnia Herzegovina, Botswana,Brasile, Brunei- Dar-essalam, Bulgaria, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Camerun, Canada, Capo Verde, Repubblica Centro Africana, Ciad, Cile, Cina, Colombia, Comore, Congo, Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Cuba, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Gibuti, Dominica, Ecuador, Egitto,  El Salvador, Guinea, Eritrea, Estonia, Etiopia, Fiji, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Georgia, Germania, Ghana, Grecia, Grenada, Guatemala, Guinea, Guinea-Bissau, Guyana, Haiti, Honduras, Ungheria, Iceland, India, Indonesia,  Iran, Iraq, Irlanda, Israele, Italia, Jamaica,  Giappone, Giordania, Kazakhstan, Kenya, Kiribati,  Korea, Kuwait, Kyrgyzistan, Laos, Latvia, Libano, Lesotho, Liberia, Libia, Liechtenstein, Lithuania, Luxembourgo, Macedonia, Madagascar, Malawi, Malaysia, Mali, Malta, Marshall, Mauritania, Mauritius, Mexico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Marocco, Mozambico, Myanmar, Namibia, Nauru, Nepal, Olanda, Nuova Zelanda, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Oman, Pakistan, Palau, Panama, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Peru, Filippine, Polonia, Portogallo, Qatar, Romania, Russia, Rwanda, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadines, Samoa, San Marino, Sao Tome e Principe, Saudi Arabia, Senegal, Serbia, Seychelles, Sierra Leone, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Solomon Islands, Somalia, Sud Africa, Sud Sudan, Spagna, Sri Lanka, Sudan, Suriname, Swaziland, Svezia, Svizzera, Siria, Tajikistan, Tanzania, Thailandia, Timor-Leste, Togo, Tonga, Trinidad eTobago, Tunisia, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Uganda, Ukraina, Emirati Arabi, Gran Bretagna, America,  Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela, Viet Nam, Yemen, Zambia, Zimbabwe.

Turchia

Ecco, questi sono i paesi che giudicano e accusano Israele. Li vogliamo vedere un po’ più da vicino? Vogliamo vedere a che punto sono le libertà e i diritti umani in questi Paesi cosi’ intransigenti con Israele, cosi’ preoccupati della mancanza di diritti dei Palestinesi?

Afghanistan: corruzione, abuso di potere da parte della polizia, torture, stutture di detenzione segrete, femminicidi impuniti, matrimoni forzati di bambine, avviamento delle stesse alla protistuzione. La Shari’a prevede il reato di apostasia, punito con la morte.

il dramma delle “spose bambine” in Afghanistan

 Algeria: Assenza di libertà d’informazione, negazione di qualsiasi forma di opposizione, sparizioni forzate, rifiuto dell’abolizione della pena di morte.  Angola: violazioni dei diritti umani, tra cui uso eccessivo della forza ed esecuzioni extragiudiziali. Assenza di libertà di stampa nessuna collaborazione con Amnesty International. Antigua , corruzione, brogli elettorali, processi farsa. Argentina: Su 1464 imputati, accusati delle sparizioni dei desaparecidos, tra militari e civili, appena 75 hanno già avuto una sentenza, con 68 condanne e 7 assoluzioni. Sono appena 23 i processi per violazioni dei diritti umani arrivati a sentenza in Argentina. Azerbaijan: Assenza di libertà di espressione, diritti umani violati sistematicamente. Bahrein: Violazione sistematica dei diritti umani, dei diritti delle donne, l’applicazione della Shari’a prevede anche la pena di morte per blasfemia.

Bangladesh: uccisione dei sostenitori dei diritti umani, torture, arresti arbitrari, impossibilità di libertà di stampa. La Shari’a prevede l’arresto per blasfemia. Barbados: le uccisioni di gay, lesbiche e transgender sono cosi’ comuni da non essere nemmeno più riportate dagli organi di stampa. In Bielorussia gli oppositori al governo sono incarcerati, maltrattati e subiscono processi iniqui. Benin: detenzioni arbitrarie, situazione carceraria disastrosa, uso eccessivo della forza da parte della polizia. Bhutan: violazioni sistematiche contro le minoranze religiose e etniche; vietato il proselitismo, la pubblicazione di bibbie, la costruzione di scuole cristiane e l’ingresso ai religiosi. Continue accuse di violazione dei diritti umani, soprattutto contro dissidenti politici e minoranze etniche. Bolivia: A rischio l’indipendenza della magistratura, aumento del numero di aborti clandestini e gravidanze tra le adolescenti. Burkina Faso: situazione disastrosa dei diritti delle donne: aborti clandestini, mutilazioni genitali (70% delle bambine),  matrimoni forzati. Assenza di libertà di stampa. Burundi: rapimenti, stupri, bambini soldato, libertà di espressione negata.

Sono solo alcuni dei “giudici” di Israele che siedono all’Onu. Violazioni dei diritti umani, mancanza di libertà di espressione, violazione dei diritti delle donne e dei bambini, pena di morte, persecuzione delle minoranze etniche e religiose, persecuzione di gay e lesbiche, torture ripetute e sistematiche, situazioni carcerarie allucinanti, apostasia e blasfemia puniti con la morte, giustizia amministrata dalla Shari’a… e cosi’ via. Questi sono i Paesi che quando siedono all’Assemblea dell’Onu eleggono quel Bashar El Assad che sta macellando il suo stesso popolo nella Commissione Diritti Umani e prima di lui avevano eletto Muhammar Gheddafi allo stesso incarico. Gli stessi Paesi che hanno permesso al presidente sudanese Omar El Bashir, accusato di genocidio, di richiedere un seggio alla stessa Commissione.

Matrimonio di massa di appartenenti a Hamas, Gaza

“Lo specchio si groria forte tenendo dentro a sé specchiata la regina e, partita quella, lo specchio riman vile.” (Leonardo da Vinci)

Antisemitismo: il nuovo sonno della ragione

di Stefano Gatti

“Cinesi, ebrei, stessa vita, stesso forno”. Questo graffito antisemita, corredato da due svastiche, è comparso a Vercelli agli inizi dello scorso dicembre, e costituisce l’ennesimo episodio di scritte antisemite in Italia. L’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC, per il 2012, ha registrato un’ottantina di atti antisemiti, mentre nel 2011 invece erano stati 50. È dal 2002 – da quando, in seguito allo scatenamento della Seconda Intifada si ebbe un’ondata di antisemitismo che colpì violentemente tutto il mondo ed in particolare l’Europa-, che forme di intolleranza e violenza antiebraica hanno assunto la forma di un fenomeno consolidato, quasi sempre connesso al tema di Israele.

Ormai, infatti, i più alti indici di violenze antisemitiche vengono raggiunti durante momenti che vedono Israele al centro dell’attenzione: nel 2002, la Seconda Intifada; nel 2006, la Guerra nel Libano; nel 2008/09 l’operazione Piombo fuso a Gaza; nel 2010, l’assalto alla nave turca Mavi Marmara da parte delle forze speciali israeliane; e nel 2012, l’azione Pilastro di difesa, nella striscia di Gaza. Tuttavia, anche in mancanza di chiari eventi ‘scatenanti’, il numero di episodi di antisemitismo, specie nel Vecchio Continente, rimane elevato. Questo fenomeno, ribattezzato dallo studioso francese Pierre-André Taguieff, Nouvelle judeophobie, si connota per un modus operandi molto violento nei confronti degli individui, e per l’impiego di un linguaggio antisemita caratterizzato da una marcata aggressività verbale e visiva.

Nel corso dell’ultimo decennio -a livello globale- si è chiuso il cerchio: ovvero si è compiuta la sovrapposizione dell’antisemitismo all’antisionismo, nonché una sempre maggiore diffusione e legittimazione del parallelismo Israele-Sionismo equiparato al nazionalsocialismo, cui fa da corollario la tendenza ad attaccare le Comunità della Diaspora in quanto ritenute corresponsabili dei ‘genocidi’ compiuti dallo stato ‘nazisionista’. L’antisemitismo aperto e dichiarato viene generalmente considerato socialmente non accettabile e quindi talvolta punito anche dalla legge, e la visione del mondo strettamente antisemitica rimane confinata all’interno di frange estremistiche.

Tuttavia, gode di sempre maggiore accettabilità e legittimazione il cosiddetto ‘Secondary antisemitism’, ovvero l’impiego di stereotipi antisemiti coniugati ad episodi di politica nazionale o internazionale, basti pensare al fatto che il famigerato falso antisemita dei Protocolli dei savi di Sion, viene sempre più utilizzato come chiave di lettura dei problemi del mondo, come ad esempio ha fatto a maggio il noto professore norvegese Johan Galtung, raccomandandone la lettura, o l’italiana Radio Padania Libera che in un intervento di Pierluigi Pellegrin, del 22 novembre, ha sottolineato tra l’altro che «I Protocolli di Sion sono stati smentiti e smascherati, ma io li ho letti e sono pieni di spunti interessanti»; o ancora un professore, dirigente di un istituto superiore dell’Italia del Sud, che in una lettera inviata all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha scritto: «Come può l’uomo non diventare, col tempo, antisemita? Qualche giorno fa facevo una riflessione, sempre scritta, indirizzata al vostro ambasciatore in Italia dove rappresentavo la veridicità dei Protocolli di Sion, altro che falso! E pezzo dopo pezzo si ricostruisce il mosaico del futuro dominio del mondo da parte dell’ebraismo».

Altri caratteri ed elementi comuni dell’antisemitismo globale? Innanzitutto la vittoria degli stereotipi: le principali vittime delle violenze antisemitiche sono gli ebrei identificabili come tali, dalle apparenze. Secondo: la negazione e banalizzazione della Shoah, convinzioni in continua crescita. Infine la “dittatura informativa” del Web (spesso l’unica fonte di conoscenza per molta gente): ovvero che il maggiore strumento per la diffusione, amplificazione e sdoganamento dei paradigmi antisemiti è diventata la Rete.

Esempi emblematici del fatto che l’antisemitismo nel 2012 continua a mantenersi sopra il livello di guardia e, in certi paesi, a configurarsi persino come allarme sociale e di ordine pubblico, sono rappresentati dal massacro di Tolosa, del rabbino Sandler e di tre bambini, a marzo, ad opera dell’estremista islamico Mohamed Merah; dalla brutale uccisione di una donna ebrea il cui corpo è stato smembrato in Iran a novembre; e, sempre a novembre, dall’assalto alla sinagoga centrale di Caracas da parte di un gruppo di attivisti filopalestinesi. E che dire del consenso, in fatto di voti, raccolto da partiti apertamente antisemiti e razzisti come Alba dorata in Grecia o Jobbik in Ungheria?

È IL WEB CHE BANALIZZA

Ma veniamo all’Italia. L’Osservatorio antisemitismo del Cdec ha registrato in casa nostra 53 episodi di antisemitismo nel 2007, 69 nel 2008, 53 nel 2009, 40 nel 2010 e 50 nel 2011. L’anno 2012 sta registrando invece uno dei più alti picchi di antisemitismo dell’ultimo trentennio (circa 80). Da un lato questo aumento è dovuto in parte ad una raccolta dati più efficiente e capillare, ma dall’altro perché c’è stata una crescita effettiva. L’Italia, beninteso, continua a rimanere distante dall’antisemitismo dei paesi del Nord-Europa, dove accoltellamenti, pestaggi e gravi minacce sono all’ordine del giorno.

I nostri dati fattuali consistono principalmente in aggressioni verbali, atti di vandalismo ai danni di proprietà ebraiche, graffiti e scritte. Il principale collettore di antisemitismo è ormai diventato il cyberspazio che, specie attraverso le piattaforme sociali, ha creato un ambiente all’interno del quale l’antisemitismo è stato banalizzato e non viene più avvertito come una minaccia o un’aberrazione. A tal proposito, basti pensare alle frequenti sortite antisemite su Facebook da parte di personaggi pubblici anche di un certo spessore culturale. Il pregiudizio antisemitico in Italia è trasversale, ed è presente in circuiti di destra, di sinistra, laici, religiosi e persino esoterici, spesso è connesso al tema Isrele ed in questo modo ottiene più ampia legittimazione e diffusione. I pregiudizi e i paradigmi antisemiti continuano ad essere presenti nei discorsi di senso comune, e talvolta perfino nei discorsi pubblici di uomini politici, dirigenti, docenti universitari e giornalisti. Inoltre, si è ulteriormente rafforzato un clima che sembra rendere possibili atteggiamenti ed affermazioni inammissibili sino a pochi anni fa.

Tra i tanti esempi, un noto politico ha scritto sul suo profilo Facebook che la lobby ebraica è la più influente del pianeta; un dirigente Asl, in un incontro pubblico, ha raccontato la seguente barzelletta: “La differenza tra le torte e gli ebrei? Che le torte quando le metti nel forno non gridano”; mentre a Cagliari, un docente universitario scorrazza indisturbato sul web, prolifico e impunito diffusore di lunghi post antisemiti, razzisti e triviali. Il maggior numero di episodi si verificano in coincidenza di date che celebrano eventi storici significativi per le comunità ebraiche, connessi ad Israele, ovvero che pongono al centro dell’attenzione gli ebrei.

IL FANGO INFORMATIVO

Anche nel 2012, a gennaio, in coincidenza con la Giornata della Memoria, ci sono stati una ventina di atti antisemitici, spesso di stampo negazionista e quasi tutti riconducibili alla destra radicale. A Cadorago, in provincia di Como, rav Moshè Lazar invitato ad un incontro dedicato alla Giornata della Memoria, è stato accolto dalle scritte “La vostra falsa memoria oscura il vero olocausto palestinese” e “Fuori i sionisti dall’Europa”, suggellate dalla Croce Celtica; ed a Como, il 27 gennaio è stato organizzato un meeting negazionista in cui è stato mostrato “Wissen Macht Frei”, primo documentario negazionista prodotto in Italia, a cura dagli estremisti del sito web Stormfront.

A novembre 2012 invece, la ventina di episodi di antisemitismo prodotti dall’operazione Pilastro di difesa a Gaza, si sono contraddistinti per la sovrapposizione dell’antisemitismo all’antisionismo, come ad esempio il post scritto da un famoso studioso (Pierluigi Oddifreddi, ndr), per uno dei principali giornali italiani (il suo blog su repubblica.it, ndr) in cui lo stato di Israele viene accusato di essere “dieci volte peggio dei nazisti”. O, ancora, i numerosi commenti antisemiti postati sulla pagina Facebook legata a Beppe Grillo; a tweet come quello pubblicato dal noto sito di satira e informazione Spinoza.it , il 20 novembre scorso: “L’attacco israeliano è talmente massiccio che Hitler verrà ricordato come l’uomo che voleva salvare i palestinesi”.

E infine, che dire delle numerose mail che hanno intasato le caselle di posta comunitarie, con messaggi di questo stampo: “Vi ricordo che se siete sionisti siete per una potenza straniera e quindi ostili alla mia nazione. Ricordo agli ebrei italiani, che siete italici… quindi dovete fedeltà all’Italia, non dovete avere relazioni con Israele… dichiariamo morte ai sionisti nel mondo!”. Oppure alla scritta “Israele stato nazista”, tracciata nella notte tra il 23 ed il 24 novembre sul portone della sinagoga di Genova. A parte queste esternazioni verbali, l’antisemitismo italiano si caratterizza comunque per un basso tasso di violenza. Cionostante, a gennaio 2012, il professor Renato Pallavidini, -titolare di una cattedra al prestigioso liceo d’Azeglio di Torino e già noto per certi suoi atteggiamenti antisemiti-, è stato indagato dalle forze dell’ordine in seguito alla pubblicazione di messaggi di questo genere: “Avviso ai luridi bastardi ebrei che ci controllano in quella terra di merda e di froci chiamata California.

Se mi togliete questa foto, vado con la mia pistola, alla sinagoga vicinissima a casa mia e stendo un po’ di parassiti ebrei che la frequentano”.

A marzo 2012 è stato arrestato l’italiano di origine marocchina Mohamed Jarmoune: voleva compiere un attentato dinamitardo alla sinagoga di via Guastalla a Milano. Un’aggressiva campagna diffamatoria attraverso il Web, ha costretto il giornalista Enrico Sassoon a dimettersi da una società di cui faceva parte: degli estremisti di destra hanno gettato dell’acido sul portone di casa di una coppia di ebrei del centro-Italia, ed un famoso rabbino è stato volgarmente insultato su un mezzo pubblico di una grande città del Nord. Il 2012 s’è caratterizzato anche per le numerosissime campagne antisemite promosse dalla sezione Italia del sito ‘suprematista bianco’ Stormfront, i cui principali gestori sono stati recentemente arrestati dalla polizia italiana, dopo una difficile indagine durata due anni.

Questi estremisti neonazisti, attraverso il loro spazio online, da anni attaccavano in modo violento e triviale l’ebraismo italiano, rimettendo in circolo tutta una serie di temi caratteristici del nazionalsocialismo. In una delle ultime liste di discussione, aperte prima dell’oscuramento da parte della polizia, suggerivano di compiere un attentato nel nuovo ristorante kasher di Torino.

LE CONTROMOSSE

Fortunatamente, il pericolo della grave recrudescenza dell’antisemitismo in Italia è stata colta da magistrati come Giuseppe Corasaniti, e dal ‘padre’ della Polizia postale, Domenico Vulpiani. Entrambi, da anni, si impegnano per far ratificare il Protocollo di Budapest, studiato apposta per contrastare il cyberhate, l’odio razziale che dilaga sul web. Anche molte forze politiche presenti nel Parlamento italiano si stanno dando da fare per far approvare due Decreti legge contro il negazionismo, l’antisemitismo e il razzismo nel Web. Motore di tutto è la proposta della senatrice del PD Silvana Amati e del Ministro per l’integrazione, Andrea Riccardi, ampiamente sostenuti in modo ‘bipartisan’. Ahimè, la caduta del governo Monti ha bloccato sino alla prossima legislatura questi importanti strumenti di lotta all’antisemitismo.

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Lo strano caso di Tzipora Menache

Sparsi per il web si trovano numerose pagine di “Citazioni sioniste” che mostrano il sionismo come un male, una cospirazione razzista. Molte delle citazioni sono false, bufale e invenzioni. Le citazioni sono realizzate per screditare Israele, il sionismo e gli ebrei. Non informano o illuminano nessuno. L’intento delle citazioni manipolate è quello di “dimostrare” che “il sionismo è razzismo”. e che i ‘sionisti’ avevano previsto il trasferimento degli arabi dalla Palestina fin dall’inizio.

Come si fabbrica una falsa citazione?

In vari modi:

Presentare un falso come fatto –

Una  “intervista” satirica e immaginaria  con un generale israeliano è stata presentata come una vera e propria intervista rilasciata da Ariel Sharon a Amos Oz.

Supposizione –

Secondo Benny Morris, Ben Gurion scrisse a suo figlio  “Dobbiamo espellere gli arabi.” Queste parole non sono mai state trovate nel testo ebraico delle sue lettere, ma a quanto pare in una versione in lingua inglese.

Citando fuori contesto –

Una parte di un discorso o una lettera, una frase detta ironicamente o con un intento evidentemente innocente è citata come a sé stante .

Tralasciando frasi chiave –

ad esempio la frase “Abbiamo comprato le terre dagli arabi” è stata omessa da una citazione Moshe Dayan per far sembrare che avesse ammesso che i sionisti avevano rubato tutto il paese.

 Un esempio: il caso di Tziporah Menache

Questa citazione fabbricata è egregia, perfino i nazisti ammettono che è un falso. Potete cercarlo sul sito Web di Stormfront, dove è anche smascherata.  Non c’è mai stata evidentemente nessuna persona a nome “Tziporah Menache” nel ruolo di portavoce israeliano. Non era di sicuro portavoce nel 2009.

“Sai molto bene, e gli americani stupidi sanno altrettanto bene, che controlliamo il loro governo, a prescindere da chi siede alla Casa Bianca. Vedi, io lo so e tu lo sai che nessun presidente americano può essere in grado di sfidarci anche se facesse l’impensabile. Che cosa possono (gli americani) fare contro di noi? Controlliamo il Congresso, controlliamo i media, abbiamo il controllo dello spettacolo, e controlliamo tutto in America. In America si può criticare Dio, ma non si puo’ criticare Israele. ” Portavoce israeliano, Tzipora Menache 2009

E’ apparso per la prima volta presumibilmente in un sito Web pakistano, ma non è più rintracciabile. Non è stato smascherato da sionisti, ma da antisemiti e siti web anti israeliani, a quanto pare perché la pagina Web conteneva un virus.

Su “Above top secret” troviamo

Dopo una attenta ricerca condotta da molti membri della comunità ATS si è concluso senza ombra di dubbio che questo thread è una bufala. La stessa citazione proviene da una singola fonte che ha dimostrato di essere di fantasia. Inoltre, un’attenta ricerca ha dimostrato che la sola menzione del nome del portavoce, non appare mai in articoli relativi a questa dichiarazione presunta. In breve, non siamo nemmeno in grado di stabilire se la donna esiste davvero.

Su “Rense.com”  il paranoico razzista Dick Eastman scrive:

Oggetto: E’ una bufala, una trappola Fw: israeliana Tzipora Menache: “Noi controlliamo gli americani stupidi” La citazione dell’inesistente “Menache Tzipora” – fa cadere chi cerca con la parola-chiave:  Israele in una ricerca dove trova un download di virus. E’ roba fabbricata apposta per noi. L’obiettivo è quello di convincere la gente a cercare con Google “Tzipora” -per far trovare un link che scarica un virus. La citazione è come una bambola finta usata come esca, attaccata al grilletto di una mina – chi indaga l’influenza di Israele tenterà di dare la caccia a Manache Tzipora e cadrà nella trappola.

Anche gli antisemiti si vergognano di questa fabbricazione grezza.

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