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“I profughi? Non diventeranno mai cittadini”, parola di Ambasciatore

L’argomento era già stato affrontato da Mahmud Abbas in passato: i profughi palestinesi non diventeranno cittadini di un eventuale Stato di Palestina. Ora il proposito torna a riaffacciarsi con forza.

L’ambasciatore palestinese in Libano

L’ambasciatore palestinese in Libano, Abdullah Abdullah, ha rilasciato un’intervista al Daily Star Wednesday, nella quale ha inequivocabilmente confermato che i profughi palestinesi non diventerebbero cittadini in uno Stato palestinese riconosciuto: “Sono Palestinesi…. è la loro identità… ma non sono automaticamente cittadini”. E l’Ambasciatore non si riferiva ai soli profughi che vivono in stati arabi, in Libano, Siria, Egitto e Giordania, ma anche a quelli che ancora vivono nei campi all’interno del territorio palestinese. “Anche i profughi che vivono nei campi all’interno dello Stato palestinese rimarranno profughi. Non saranno considerati cittadini palestinesi”.

Campo profughi in Siria

Né il presente status, né quello delle Nazioni Unite, comprenderebbero l’eventuale ritorno dei profughi in Palestina, ha detto l’Ambasciatore. “Come sarà risolta la questione del sacro diritto al ritorno non lo so, ma dovrà essere affrontata con l’accettazione di tutti”. La statualità “non potrà mai incidere sul diritto al ritorno dei Palestinesi”. “Lo Stato è nei confini del 1967, ma i profughi non sono solo quelli dei confini del 1967. I rifugiati provengono da tutta la Palestina. Quando avremo uno Stato accettato e membro delle Nazioni Unite, questa non sarà la fine del conflitto. Non sarà la soluzione al conflitto. Sarà solo un nuovo quadro che cambierà le regole del gioco “.

campo profughi in Libano

L’Organizzazione per la Liberazione Palestinese potrebbe rimanere responsabile per i rifugiati, e Abdullah dice che l’UNRWA continuerebbe il suo lavoro come al solito. L’amministrazione del presidente americano Barack Obama ha recentemente garantito di porre il veto statuale alConsiglio di Sicurezza, che lascerebbe ai palestinesi il diritto di ottenere una risoluzione dall’Assemblea Generale. Se questo accadrà, dice Abdullah, 129 paesi si sono impegnati a voti positivi.

Gli Stati Uniti hanno di recente adottato misure per dissuadere i palestinesi dal cercare di ottenere il voto delle Nazioni Unite, inviando negoziatori ad incontri con funzionari palestinesi. L’ambasciatore dice che questi colloqui non sono stati fruttuosi. “Non ci offriranno nulla … che salverà il processo di pace”, dice. “Non ci avrebbero offerto nulla se non dirci che taglieranno gli aiuti finanziari, e altre simili minacce. La dignità è molto più importante di una pagnotta di pane. ”

Le “minacce” alle quali si riferisce l’Ambasciatore riguarderebbero il disegno di legge proposto dal presidente del U.S. House Foreign Relations Committee, Ileana Ros-Lehtinen, che taglierebbe i finanziamenti degli Stati Uniti a qualsiasi organismo delle Nazioni Unite che riconosca la sovranità palestinese. Secondo Abdullah, ora è il momento di cercare il riconoscimento statuale, perché il processo di pace è stato bloccato per circa un anno, e snocciola le date delle riunioni con gli israeliani fallite , lo scorso settembre. “Queste riunioni non ci portano un briciolo più vicino a raggiungere l’obiettivo dei negoziati.” Affermando che a suo parere ci sarebbero nuovi ostacoli, tra i quali le costruzioni di insediamenti “frettolosi” e l’insistenza di Israele affinché i palestinesi riconoscano Israele come Stato ebraico o “focolare nazionale per il popolo ebraico”.

Secondo Abdullah, i palestinesi non hanno altra scelta che andare alle Nazioni Unite a negoziati bloccati “non ci è stato lasciato nulla a  proteggere il consenso internazionale della soluzione a due Stati”. “Gli Stati Uniti sbandierano di essere il campione della libertà e della democrazia in tutto il mondo, ma se negano ai palestinesi il diritto di essere liberi, di essere democratici, e di vivere con dignità, non è un buon segno per gli Stati Uniti, cio’ lascia una macchia scura … Non è buono per l’America “, dice. “L’America merita di meglio.” Accena poi alle tesioni nella regione, ricordando le tensioni tra Turchia, Israele e Egitto: “Se  politiche sbagliate saranno adottate dagli Stati Uniti, si darà solo una mano libera all’estremismo, autorizzando solo forze negative. E questo renderà più difficile e complicato per le forze razionali prevalere. ”

Fin qui il resoconto del discorso. Resta da riflettere sul cinismo di una leadership che ha imbracciato in tutti questi anni il “problema profughi” e il “diritto al ritorno” come un’arma contro Israele e che candidamente ammette ora di non essere minimamente intenzionata a integrare questi profughi che cosi’ tanto hanno fruttato loro in consensi internazionali, lasciandoli dove si trovano, nei campi squallidi di quegli stessi Paesi arabi “fratelli” che si sono lavati le mani delle loro sorti. Non diventeranno cittadini palestinesi né quelli che vivono nei campi del Libano, dove le condizioni di vita sono disastrose e le discriminazioni nei confronti dei palestinesi totali; né quelli dei campi siriani, che Assad bombarda periodicamente.

E nemmeno quelli che Hamas continua a mantenere nei campi di Gaza, nonostante abbia il controllo totale della regione dal 2005. Nulla cambierà, dice l’Ambasciatore, non sarà di certo la pace. E questo lo si era intuito da tempo: i profughi palestinesi, strumentalizzati dai Paesi arabi che, a guerra perduta, se ne sono poi lavati le mani; fatti ballare come pupazzi da tutte le leadership palestinesi che in “nome loro” hanno impietosito il mondo, riscuotendo miliardi di dollari e simpatia; utilizzati dall’UNRWA che gonfiando a dismisura il loro numero iniziale, assegnando lo status di profugo ereditariamente, si è assicurata la gestione di un giro di affari favoloso, resteranno quello che sono. Non diventeranno cittadini di quello Stato che cosi’ tanto si è avvalso di loro per nascere. Nulla cambierà. L’Olp si incaricherà di “gestirli”, l’UNRWA non correrà il rischio di chiudere i battenti e rinunciare cosi’ a maneggiare montagne di soldi. Nulla cambierà. Non ci sarà la pace “dopo”. Chissà cosa ne pensano i “profughi”? C’è di che meditare.

Palestina! Ah no, è il Cile!

Lo sappiamo, pubblicare foto che suscitino emozioni è uno dei modi più diretti per far arrivare un “messaggio” a un pubblico vasto. Davanti a una foto esplicita, anche il lettore meno sensibile e politicizzato non puo’ restare indifferente. La foto è un’arma di propaganda utilissima ed efficacissima. Lo sa anche Arianna Editrice che il 27 marzo, sulla sua pagina Facebbok, pubblica questa:

Con un’unica didascalia di accompagnamento: Palestina.

Intanto, chi è Arianna Editrice? Sulla pagina Face Book, a informazioni si legge:

Pubblichiamo dal 1998 studi e ricerche in forma saggistica, che propongono analisi e indagini autorevoli, approfondite e documentate del mondo in cui viviamo, con particolare attenzione al rapporto tra uomo e natura, affrontando temi e argomenti culturali, sociali, politici, economici e storici. Testimoni di una crisi planetaria che avvilisce e impoverisce l’essere umano, i popoli e il Pianeta Terra, proponiamo differenti stili di vita e cultura, ispirati alla sobrietà e al senso del limite, con una vocazione pluralista.

Fuori da schemi e confini ideologici, che limitano la nostra libertà di scelta, indipendenza di giudizio e consapevolezza, offriamo un ampio spettro di autori non conformisti, che si sforzano di percorrere e proporre vie inusuali e non ortodosse.

Per questo ci identifichiamo con un modello comunitario che cerca di comprendere la complessità della condizione contemporanea, proponendo relazioni sociali antiutilitaristiche, basate sulla partecipazione e il dono, l’autosufficienza economica e finanziaria, la sostenibilità con energie rinnovabili e tecnologie appropriate.

La nostra proposta editoriale si propone di offrire – in forma rigorosa, ma divulgativa e possibilmente economica – gli strumenti per scoprire le cause che hanno prodotto l’attuale stile di vita dissipativo e consumista e, contemporaneamente, esplorare le possibili soluzioni ecologiche legate a un paradigma olistico.

La sede di Arianna Editrice (appoggiata a una catena distributiva, Macrolibrarsi) è a Bologna . Arianna pubblica testi di medicina alternativa, libri su cospirazioni varie, saggi sulla decrescita e su forme di illuminazione interna, pamphlet contro il “signoraggio bancario”. Diffonde quotidianamente un bollettino in rete, in cui hanno ampio spazio il negazionismo dell’Olocausto, le tesi sul superamento delle distinzioni tra destra e sinistra, la geopolitica di impostazione “eurasiatica”. Arianna Edistrice va di pari passo con  Aurora Sito, di Alex Lattanzio, redattore della Rivista Eurasia.

“Le argomentazioni de La Nazione Eurasia ruotano attorno alla particolare visione dell’ “eurasiatismo”, che rifiuta il concetto di “Occidente” da Los Angeles a Tokio passando per Roma, contrapponendogli anzi l’intima unita’ spirituale e geopolitica dell’Eurasia. L’obiettivo della rivista è di propagandare l’idea di un’Europa Unita politicamente, spiritualmente e militarmente da Dublino a Vladivostok, un’Europa che si ponga come alternativa all’Occidente abbracciando i valori della tradizione, della difesa di tutte le culture e civilta’, e opponendo alla barbarie capitalista una nuova societa’ comunitaria”. Tra gli articolisti i soliti nomi della galassia comunitarista.

Nel 2006, Arianna Editrice pubblico’ un articolo nel quale sosteneva:

1) che predicare, come fa Ahmadinejad , la distruzione di Israele non è antisemitismo 2) che Ahmadinejad ha ragione quando accusa i sionisti di aver utilizzato la memoria della Shoah per “giustificare” i loro crimini 3) che la Shoah fu un complotto sionista.

Questo il milieu politico, a grandi linee. E veniamo alla foto. Quella che è spacciata per “Palestina” è in realtà il Cile. Si tratta di una manifestazione di studenti cileni, il 3 agosto 2011.

i link che confermano:

http://www.diario-octubre.com/2012/08/09/protesta-en-chile-deja-75-estudiantes-detenidos-y-49-policias-heridos/

http://www.taringa.net/posts/ciencia-educacion/13089907/Movimiento-estudiantil-chileno-2011.html

http://www.radiomercosur.com/noticias/SANTIAGO_El_movimiento_estudiantil_chileno_vuelve_a_salir_a_las_calles_09_08_2012_2012_08_09

http://foro.tierrasdelsur.cc/foro/showthread.php?122855-Brutal-Represion-a-Estudiantes-Secundarios-Universitarios-en-Chile

http://www.cerebropublico.cl/cidh-rechaza-represion-desproporcionada-de-carabineros-contra-estudiantes

http://agridulce.com.mx/blog/crece-la-represion-en-contra-de-los-estudiantes-en-chile/

http://www.aporrea.org/ddhh/n212188.html

http://gmolate.tumblr.com/post/8493282015/carabineros-hijos-de-puta

http://night-crystal.blogspot.co.il/2012/08/suteptrujillo-chile-el-neoliberalismo.html

E cosi’ via…. Per questa volta vi è andata male. Ma non dubitiamo, ci riproverete.

 

Update: 01/07/2013 La foto risulta tolta, non è più disponibile

Pallywood e la pornografia della morte

Che il mondo si stia svegliando? Che non solo gli “addetti ai lavori”, quei volonterosi che pervicacemente si impegnano a smascherare i falsi della propaganda anti-israeliana, comincino a prendere atto che non tutto cio’ che i media impongono è la verità? Certo è che nell’affrettarsi a manipolare le informazioni degli ultimi scontri Hamas/Israele, Pallywood ha esagerato! Avendo a disposizione le migliaia di vittime siriane, vittime che hanno interessato MOLTO meno i media del mondo, l’industria del falso ha creduto di poter disporre impunemente di morti e feriti da spacciare per palestinesi, confidando forse nel pregiudizio mondiale secondo il quale Israele è IL colpevole, sempre. Cosi’, a poche ore dall’inizio degli scontri, la BBC ha subito mandato in onda un video che si è poi rivelato un vero e proprio boomerang: “la resurrezione dell’uomo in giacca marrone“. Quello che era un morto portato a braccia, mezz’ora dopo apriva una porta, in perfetta salute.

Un evergreen questo delle resurrezioni miracolose in “Terrasanta”; ce ne era già stata una nel 2002

Falsi, come la foto apparsa su Facebook al quinto giorno degli scontri e che ha suscitato una raffica di commenti contro Israele. Un sito di notizie arabo chiamato Al Arab news ha pubblicato, il  18 novembre, la foto di una famiglia ‘massacrata’ a Gaza, sulla sua pagina Facebook. La didascalia in arabo si traduce approssimativamente “la famiglia martire massacrata a Gaza…”

Grazie al lavoro di indagine di Tazpit News Agency, si è trovato che la foto era stato originariamente pubblicata su un sito di notizie con sede a Dubai, Emirati Arabi Uniti, Moheet, un mese prima, il 19 ottobre. Sul sito Moheet, la foto è titolata “Siria uccise 122 persone, venerdi’ … Assad ha usato bombe a grappolo”. QUI

La foto vera

Falsi, come questa foto che le Brigate Al Qassam hanno spacciato per quella di una vittima palestinese (eh si’, anche le Brigate al Qassam possono stare tranquillamente su Twitter!), ripresa da molti giornali arabi e che invece si riferiva ad un incidente avvenuto a Assiut, Egitto, nel quale morirono, nello scontro tra uno scuolabus e un treno, 47 bambini.

Fra l’altro, questa stessa foto è stata ANCHE utilizzata da gruppi di sostegno ai “ribelli” siriani, che l’hanno attribuita all’esercito di Assad! L’Huffington Post italiano, di Lucia Annunziata ci ha creduto.

False, come questa foto di un uomo che piange la morte della sua giovanissima moglie e del suo figlioletto.I “pacifisti” dell’ISM l’attribuiscono all’IDF e fanno diventare palestinesi le vittime, ma si tratta di Fatima Mohammed Khusruf e del suo bambino,  Abdul Majed Al-Qaseem, Homs – Eastern Al-Bweda Siria, 4-9-2012

Falsi, come la foto della povera Maria Yossef Arafat che un giornalista di Gaza, naturalmente, fa diventare palestinese post-mortem, ma che era siriana, uccisa a Aleppo, durante un bombardamento dell’aviazione siriana

Falsi, come la foto che la pagina “Restiamo Umani“, ispirata al creatore del motto, Vittorio Arrigoni, ha pubblicato il 4 aprile 2012 con la didascalia:

Muore Asil: aveva 4 anni, gravemente ferita dai militari israeliani mesi fa – Al-Quds (Gerusalemme) – Asil Ara’ra, bambina di palestinese di 4 anni, è deceduta ieri in seguito alle gravi ferite da arma da fuoco provocate dai soldati israeliani. La bambina era stata ferita a fine ottobre e, da allora, era stata ricoverata all’ospedale di Ramallah, per essere trasferita in una struttura di al-Quds (Geursalemme). Al momento del ferimento, Asil stava giocando in un’area adiacente ad un campo miltare israeliano, su terra palestinese occupata ad ‘Anata, nei pressi di Gerusalemme. All’improvviso un proiettile di mitragliatrice le aveva trafitto il midollo spinale provocandole la paralisi degli arti inferiori. La famiglia chiede l’apertura di un’indagine sull’accaduto; quel giorno, i militari israeliani bloccarono l’ambulanza sulla quale si trovava, sanguinante, la bambina. Alla madre, i militari israeliani vietarono di accompagnarla perché “sprovvista di un permesso (israeliano) per entrare a Gerusalemme”. – InfoPal.it –

Notizia completamente inventata, a uso e consumo dei detrattori di Israele. La bambina era yemenita.

E ancora, e ancora e ancora…. E’ la guerra infinita, la “pornografia della morte” , come ben l’ha chiamata Richard Landes. Quando finirà? Quando sarà che il mondo si ribellerà a questo macabro utilizzo di cadaveri da parte dei media?

Davvero con gli occhi di un bambino?

Bambini, sempre i bambini. Bambini palestinesi e bambini spacciati tali, morti, feriti, umiliati, resi orfani da tutte le guerre del mondo e che ricevono un po’ di necrofila attenzione solo quando sono trasformati, malgrado loro, in palestinesi. Bambini che raccontano la loro vita, bambini che descrivono la guerra. Bambini che disegnano l’orrore.

Saleh, bambino iraqeno, spacciato per palestinese

Come Saleh, bambino iraqeno che in un bombardamento aveva perso le mani, qui fotografato nell’ospedale di Oakland dove era stato operato, mentre con un pennarello attaccato al suo moncherino disegnava la guerra che gli aveva portato via le mani. Anche lui tentarono di farlo diventare palestinese, nonostante la foto avesse avuto addirittura premi e fosse, quindi, ben nota.

A Toronto, Canada, nel Luglio 2012, si poteva leggere questa locandina di una mostra: “Gaza vista da un bambino”. L’associazione  “Canadesi per la Giustizia  e la Pace in Medio Oriente (CJPME)” è lieta di annunciare la presentazione all’ Alternative Grounds Café di un’affascinante mostra di disegni di bambini di Gaza. La mostra – “Gaza vista da un bambino” – propone 26 disegni di bambini di Gaza dai  5 ai 14 anni di età, creati durante il corso di arte- terapia.

“Ogni disegno riflette diversi aspetti della vita di un bambino a Gaza e l’impatto del blocco sul corso della loro vita quotidiana. “Gaza vista da un bambino” offre anche la prospettiva di un bambino sull’offensiva israeliana contro Gaza, che ha avuto luogo dal 27 dicembre 2008 al 17 gennaio 2009. Ogni disegno è unico nella sua prospettiva e dettagli.”

Quando queste foto sono state mostrate a Oakland l’anno scorso, è apparso subito chiaro che non sembravano essere disegni di bambini, o per lo meno che potessero essere stati pesantemente influenzati da adulti che, dopo aver realizzato i modelli, li avessero dati da copiare ai bambini. Un esempio evidente è questo:

Il disegno dovrebbe mostrare un’alba a Gaza. Si tratta di una copia diretta, con un sacco di abbellimenti standard anti-sionisti, di un poster del vignettista antisemita Carlos Latuff

Tuttavia, altri disegni sembrano invece essere troppo sofisticati per essere stati disegnati da bambini. Ecco una selezione di alcune delle immagini:

I pareri degli esperti.

Un professore d’arte ha detto:

“L’autenticità del dipinto è notevole per essere la mano di un bambino. Il disegno di aerei ed elicotteri, l’uomo nella torre, le pennellate dinamiche che sono ben concepite e controllate, tutte sembrano proiettare un approccio più maturo all’arte. Potrebbero essere “bambini” in tarda adolescenza, in età di college, o giovani adulti [MECA dice che erano bambini dai 9 agli 11 anni]?”

Secondo la citazione, “Le opere d’arte sono state prodotte in gran parte da bambini.” In “gran parte” che significa esattamente? Inoltre, è possibile che i “bambini” siano stati diretti da un adulto che ha supervisionato e forse completato il disegno iniziale? Un esperto artista professionista ha detto:

“La sicurezza dell’applicazione del colore – specialmente nel “denso”, le scene complesse (sicuramente tutte disegnate dalla stessa persona) –  contrastano con la  primitiva (o faux-primitve, veramente) natura degli schizzi. E’ l’uso del colore in particolare che mi fa pensare al prodotto di una persona matura. La complessità della composizione nelle grandi scene è insolita per un bambino  di 9-11-anni. Certamente il contenuto politicizzato è atipico. La sicurezza del tratto in queste immagini è qualcosa che quasi mai si trova in un artista molto giovane. E lo noto soprattutto nei disegni più primitivi. Per esempio, la sicurezza con cui viene delineato il filo spinato, in uno dei disegni primitivi a pastello, non è caratteristica di un bambino. Sono stato giudicato un artista eccezionale  verso i 12 anni, e non ho potuto ottenere fiducia, audacia, rapidità di effetto fino ai 16 anni almeno. E’ una delle cose più difficili da fare quando sei giovane e manchi di coordinamento….Questi disegni non sono simili a quelli che bambini insolitamente possono compiere. Sembrano di artisti esperti che imitano lo stile di un bambino”.

Il parere quasi unanime è che molte di queste immagini non siano state disegnate da bambini. (Si può anche confrontare questi disegni con una mostra di disegni di bambini prima di Gaza dal 2002 per vedere l’enorme differenza in termini di qualità.) C’è un altro elemento che richiama l’inautenticità di queste immagini in questione. Qual è la prima cosa che un bambino sarà orgoglioso di fare quando finisce un disegno? La firma, naturalmente. Non uno dei disegni è firmato. Si potrebbe pensare che una mostra d’arte di bambini cosi’ precoci  nel disegno avrebbe voluto rendere pubblici i nomi degli artisti – e approfondire le loro storie personali, da cui tale eloquenza ed esperienza deriva. La storia dell’artista è spesso più convincente della sua arte. Ma, per qualche strana ragione, siamo privati ​​di queste informazioni. Potrebbe essere che gli organizzatori non vogliano che i bambini possano essere intervistati? O è semplicemente che il coinvolgimento dei bambini in queste opere è stato minimo o nullo? Un sito anti-israeliano ha anche cercato di spiegare questa omissione, aggiungendo l’interessante “fatto” che questi laboratori d’arte si svolgono solo dopo il tramonto:

“Erano spesso disegnati e dipinti al buio, a causa dell’ energia elettrica limitata e le frequenti interruzioni di corrente. I nomi e le età degli artisti sono sconosciuti, poiché l’assedio israeliano ha reso difficile anche portare l’arte fuori di Gaza.”

Davvero? I bambini possono passare un’ora a disegnare un quadro complicato, ma non riescono a trovare i dieci secondi per scrivere i loro nomi? Sorprendentemente, questa mostra ha viaggiato attraverso gli Stati Uniti e in Canada negli ultimi nove mesi, e non una volta che qualcuno abbia chiesto agli espositori di dimostrare la provenienza delle opere d’arte. La componente emotiva è così convincente che l’ipotesi della truffa non si affaccia nemmeno alla mente.  Da tutte le prove raccolte, tuttavia, è esattamente ciò che queste immagini sembrano essere.

Qui e QUI

“Dove la pace germogli dalla terra….?”

Questa foto è apparsa sulla pagina Facebook “Jasmine Revolution“, il 22 Marzo 2012, con questa didascalia: “PERCHE’ LE MADRI PALESTINESI NON RICEVONO MESSAGGI DI CORDOGLIO DALLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE? SONO FIGLIE DI UN DIO MINORE? PERCHE’…PERCHE’….perché”

Ma la foto è del 2007 e figura tra le foto più “forti” dell’anno, pubblicate dall’AFP (Agencia Francesa de Prensa): Wafaa Hussein, una madre iraqena, piange suo figlio di sei anni, morto nel nord est del paese, il 16 settembre 2007, a causa di una pallottola “perduta”, mentre era a bordo di un autobus.

La foto-fake della madre irachena spacciata per palestinese si trova pubblicata in più versioni nel blog dedicato a Vittorio Arrigoni

Il servizio fotografico originale che colloca la foto nella sua giusta realtà è del famoso gruppo fotografico Getty Images .

L’admin della pagina “Jasmine revolution” non contento/a di aver pubblicato una foto iraqena attribuendola a una palestinese, rincara la dose:

“UNITEVI E SCUOTETE IL CUORE DEI POTENTI…non contate sui dirittti umani e’ solo carta straccio che serve ad allietare i salotti occidentali”.

Se fosse stata presentata per quello che è forse avrebbe “scosso” meno? E come mai? La pagina “Jasmine Revolution” ha una sezione intera di foto intitolata “I love Intifada”! Eppure nelle info alla pagina si legge “Cooperazione per creare un mondo di giustizia, dove la pace germogli dalla terra”! Strano modo di intendere la pace!

Allora funziona!

Avevamo raccontato un’esperienza di mistificazione della realtà, un piccolo esempio tra milioni, che aveva riguardato la pagina Facebook “Ti Amo”, nella quale la foto di due bambini siriani era stata spacciata per quella di due bimbi palestinesi e di come la redazione aveva reagito alla smentita pubblica, cancellando le prove del falso e impedendo a chi le aveva postate di commentare ancora. Ora rendiamo noto un piccolo ma significativo successo: la pagina Ti Amo ha rettificato la sua didascalia, scrivendo al posto di “palestinesi”, “siriani”. Allora funziona!

La nuova didascalia alla foto: Questo è l’ospedale di Houla, in Siria, dopo il bombardamento della città di Homs: il fratello maggiore prende in braccio il fratellino minore dopo aver saputo della scomparsa dei genitori. Impossibile far finta di nulla…Vi prego condividete nella vostra bacheca se avete un cuore, o almeno mettete un mi piace!! 😥

Come aumentare lo share con la falsa attribuzione

Girando per il web si trovano esempi che parlano più di mille dotte analisi di come e fino a che punto la mistificazione e la falsa informazione “premino”. La pagina facebook “Ti Amo” è una perla nel suo genere. 117.575 “Mi piace” · 75.342 persone che ne parlano, tra un link su come calare la pancia, uno che consiglia l’eyeliner più adatto, la foto di un gattino e una citazione firmata Bob Marley che cosa hanno la bella idea di postare mercoledi’ 9 gennaio 2013? Questa:

accompagnata dal seguente discorsetto: “Gaza: fratello maggiore prende in braccio il fratellino minore dopo aver saputo della scomparsa dei genitori. Impossibile far finta di nulla…Vi prego condividete nella vostra bacheca se avete un cuore, o almeno mettete un mi piace!! 😥 ”

A parte la meschinità di voler far breccia nel cuore dei lettori invocando un “mi piace” a una foto che comunque piacere non potrebbe, la foto non è stata scattata a Gaza ma all’ospedale di Houla, dopo il bombardamento di Homs in Siria, l’11 novembre 2012 e, mentre finché era rimasta nel suo “territorio” reale, la guerra in Siria, la sua diffusione era stata minima e limitata a blogs di condanna del regime siriano, una volta diventata palestinese e datata 22 novembre (periodo dell’ultimo conflitto Hamas/Israele) la sua diffusione è stata virale. Solo sulla pagina “Ti Amo” ha ottenuto 36724 “mi piace” (al momento nel quale stiamo scrivendo: 11 Gennaio 2013, ore 16,04) e 16.852 condivisioni! Vale a dire una folla di persone che l’ha condivisa con la stessa didascalia, invitando altre migliaia di persone a farlo! I commenti alla foto sulla pagina “TI Amo”, al momento, sono 1536, eccone alcuni:

“Ma quando la finiranno di fare film sull’olocausto? E’ ora di fare film o documentari che facciano sapere a tutto il mondo gli orrori che gli ebrei stanno facendo in Palestina. “Palestina Libera”. _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ (questo commento finale nn lo scrivo perchè qualcuno potrebbe offendersi)”

“israeliani del cazzo”

“Bisognerebbe che qualcuno (…) intervenisse per mettere fine a questo scempio che dura ormai da troppp… Basta con gli insediamenti da parte degli Israeliani, basta con questi genocidi. BASTA!”

“Juden RAUS”

“Che cazzo c’entra la chiesa nel genocidio di palestinesi fatto dagli ebrei???????????????”

“Forza Gaza… Resistete… Alla fine Il Male soccomberà… Coraggio sono con voi…” (Notare il Male scritto maiuscolo, è il Male assoluto!)

“Porci ebrei!”

“Israele è anni che ha invaso la Palestina e continua a farlo ogni giorno, ma nessuno si è mai sognato di andarlo a liberare, o a fare un embargo ad Israele. Purtroppo ci sono popoli di serie A ed altri di serie C. Queste foto fanno male a chi come gli struzzi si vuol nascondere la testa sotto terra e pensare, non me ne frega niente di cosa fanno a questo popolo…..”

C’è da tener conto che si tratta di una pagina di consigli di bellezza, aforismi d’amore e foto di gattini teneri; su pagine un po’ più politicizzate  i commenti sarebbero stati ben più crudi. Ovviamente nessuno tra quelli che si sentiva “strappare il cuore a vedere questi due poveri bambini” ha ritenuto di dover protestare per il “juden raus” o il “porci ebrei”, silenzio! Ma non è tutto. Quando c’è stato chi è entrato nella pagina per dimostrare, link datati alla mano, che la foto si riferiva al bombardamento di Homs è stato immediatamente bannato dagli amministratori! Dopo di che le geremiadi sono potute ricominciare a pieno regime! Storie di ordinaria diffamazione.

Qui alcuni siti siriani che riportano la foto e la notizia del bombardamento di Homs:

11 novembre 2012

https://twitter.com/Nora0315/status/26800350141261005012 novembre 2012

11 novembre 2012

http://anasras.tumblr.com/post/35499637002

http://www.montada.mergaab.com/showthread.php?p=1498560

12 novembre 2012 http://www.facebook.com/hamza.alshaheed/posts/162906040521718

http://www.paldf.net/forum/showthread.php?p=14131748

12 novembre 2012

Tutti palestinesi!

E’ una foto famosissima, scattata nel 1983, da Mustafa Bozdemir, vincitrice del World Press Photo of the Year. Tra le FOTO-FAKE che girano nel web, è una delle più scandalose. In questo caso non si tratta di fotomontaggi o manipolazioni, ma semplicemente di una pura mistificazione. Si dice che la foto ritragga una madre palestinese con i suoi bambini ammazzati dagli israeliani a Sabra e Shatila (o Sabra e Chatila) e con questa “falsa identità” la foto sta facendo il giro del mondo. In realtà il giro del mondo lo aveva già fatto nel 1983, ovvero quando fu scattata dal fotografo professionista Mustafa Bozdemir in Turchia, dopo il terremoto che fece migliaia di vittime. Qui il LINK a WORLD PRESS PHOTO con lo scatto originale. La donna, tra l’altro, è abbigliata in modo inequivocabile alla maniera kurda, eppure…. Facendo una ricerca google immagini i risultati sono scoraggianti, centinaia di pagine l’attribuiscono a Sabra e Chatila! La mistificazione non ha remore!

Questa è Pallywood, gente!

La foto che è circolata viralmente sul web

Questa foto ha girato per mesi, viralmente, sul web. L’intenzione era mostrare un soldato israeliano che calpestava con i suoi stivali una ragazzina, ovviamente spacciata per palestinese. Già il sospetto sarebbe potuto nascere dall’arma del “soldato”: l’esercito israeliano non usa Kalashnikov AK47. In realtà si trattava di attori che partecipavano a una rappresentazione di “teatro di strada” in Bahrein, nel dicembre 2009. Ovviamente la verità non ha avuto lo stesso successo di diffusione della menzogna.

Bastava allargare un po’ la scena:

Come riporta Haaretz, la foto, caricata da un utente di Facebook di nome Wesley Muahammad, mostra un soldato in uniforme, con il volto nascosto, che preme allo stomaco una ragazzina inerme, sdraiata sul selciato, mentre le punta un fucile  AK-47 in faccia. Subito che l’immagine ha cominciato a girare nei social network, alcuni utenti di Facebook hanno iniziato aconfutare la sua autenticità. Molti hanno pubblicato la fotografia di nuovo, spiegando che la didascalia che sosteneva quello raffigurato fosse un soldato israeliano doveva essere un falso, perché la sua uniforme non era quella della Forze di Difesa israeliane, né l’esercito israeliano usa regolarmente AK-47.

“Non credere a tutto quello che vedi su Internet”, ha scritto il blogger e fotografo Omar Dakhane, che ha caricato una versione più ampia dell’immagine, che mostra una folla che circonda il soldato e la ragazza. “Questa foto è stata scattata nel 2009 durante una Bahrein teatro di strada.”

This is Pallywood folks!

Tutti palestinesi nel mondo!

Fino a che punto i media possono mistificare la realtà? A metà novembre 2012 Hamas ha sferrato un attacco contro Israele. Per giorni e giorni centinaia di razzi sono stati sparati da Gaza sulla popolazione civile del sud di Israele, su Tel Aviv e perfino vicino a Gerusalemme. La stampa se ne è accorta solo quando Israele ha deciso di difendersi e contro-attaccare, non prima. Da quel momento in poi il web si è riempito di immagini di bambini morti in tutte le guerre del mondo negli ultimi dieci anni e tutti attribuiti all’esercito israeliano. Senza vergogna il giornale La Stampa, il giorno 18 di novembre ha pubbicato una foto con il titolo “Gaza, si scava alla ricerca di bimbi”. Naturalmente i “bimbi” sono i soggetti prediletti da questo tipo di disinformazione. Il lettore davanti alle immagini di violenze compiute, o evocate, su bambini si sente coinvolto molto di più che non si trattasse di generici “morti”.

E che cosa mostrava la foto? Due uomini con due lattine in mano, uno dei due con la kippah in testa, che esaminavano i danni provocati da un missile alla loro casa. Evidentemente due Ebrei vittime dei razzi di Hamas. Nessuno “scavo”, nessun bambino, nessun palestinese! Nemmeno la kippah in testa basta a scongiurare la possibilità che qualunque vittima nel mondo diventi un palestinese?

Update: le foto pubblicate da La Stampa nella fotogallery erano 8 ora sono divenute 7 : è stata tolta quella da noi indicata come falso. Non un cenno di scusa , niente. Qui il link ove si può vedere che questa foto non appare più.

Foto già pubblicata da “Progetto Dreyfus