Il termine “Sionismo” fu coniato nel 1890, da Nathan Birnbaum. Con il termine in generale si intende il movimento nazionale per il ritorno del popolo ebraico alla sua patria. Ebrei di tutte le convinzioni – sinistra, destra, religiosi e laici – hanno formato il movimento sionista e lavorato insieme per raggiungerne gli obiettivi.
L’uso distorto che ne è stato fatto, ha finito per far dimenticare il principio chiaro e semplice che lo aveva ispirato. Lo scrittore Abraham Yehoshua, scrisse su La Stampa del 25/11/2010:
“In primo luogo il sionismo non è una ideologia. Ecco infatti la definizione di ideologia secondo l’Enciclopedia ebraica: «Ideologia è un insieme sistematico e organico di idee, di principi e direttive in cui trova espressione il particolare punto di vista di una setta, di un partito o di un ceto sociale».
Secondo tale chiara definizione il sionismo non può e non deve essere considerato un’ideologia poiché, come sappiamo, sia in passato che al presente, ha rappresentato una piattaforma comune a idee sociali e politiche differenti e persino contraddittorie. Il sionismo auspicava e prometteva un’unica cosa: fondare uno Stato ebraico. E ha mantenuto questa promessa soprattutto, sfortunatamente, in seguito al fenomeno dell’antisemitismo.
Il sionismo cercava di disegnare un quadro del futuro Stato ebraico, del suo carattere, del suo ordinamento politico, dei suoi confini, dei suoi valori sociali, del suo atteggiamento verso le minoranze e altro ancora. Tutti questi temi erano aperti fin dall’inizio a decine di interpretazioni e di posizioni politiche e sociali degli ebrei giunti in Israele e, naturalmente, agli sviluppi e ai cambiamenti in atto in ogni società umana.
Una volta fondato lo Stato ebraico – Israele – l’unico residuo attivo e significativo del sionismo è il principio della Legge del Ritorno! Vale a dire che lo Stato ebraico, oltre a essere controllato e governato mediante il Parlamento da tutti i suoi residenti in possesso di nazionalità israeliana, è ancora aperto a qualunque Ebreo che ne voglia richiedere la cittadinanza.
Un’analoga Legge del Ritorno esiste anche in altri Paesi: in Ungheria, per esempio, in Germania e in altri….Quando nel 1947 le Nazioni Unite decisero di creare uno Stato ebraico non destinarono una parte della Palestina solamente ai seicentomila Ebrei che vi risiedevano al tempo. Il presupposto morale era che tale Stato avrebbe dato rifugio a qualunque Ebreo lo richiedesse.
Un israeliano – Ebreo, Arabo o altro – che si definisce non-sionista è un cittadino che si oppone alla Legge del Ritorno. E questa opposizione è legittima come qualunque altra opinione politica. Anti-sionista è chi vuole invece cancellare retroattivamente lo Stato di Israele e, a eccezione di sette estremistiche ultra-ortodosse o circoli radicali nella diaspora, non credo che molti Ebrei sostengano questa convinzione.”
“Il sionismo nasce da un motivo ancora più profondo della sofferenza ebraica. Si è radicato in una tradizione spirituale ebraica il cui mantenimento e sviluppo sono per gli Ebrei la base della loro sopravvivenza come comunità. ” Albert Einstein definiva cosi’ l’importanza del sogno sionista per gli Ebrei, sul Manchester Guardian, il 12 ottobre del 1929.
Continua Yehoshua:
“Tutti i temi importanti e fondamentali in corso di dibattito in Israele – l’annessione o la non annessione dei territori occupati, il rapporto tra la maggioranza ebraica e la minoranza araba, quello tra religione e Stato, il carattere e i valori della politica economica e sociale o persino l’interpretazione di eventi storici del passato – sono analoghi a quelli affrontati anche da altre nazioni in quanto toccano l’identità dinamica e in continua evoluzione di ogni popolo e Paese.”
E allora, se Israele si trova ad affrontare né più e né meno i problemi che la maggior parte delle nazioni nel mondo si sono trovate ad affrontare, perché è diventato l’icona del “Male”, dello “Stato Canaglia”, impareggiabilmente più demonizzato di quegli Stati nei quali ancora i diritti dell’Uomo, la parità tra i generi, l’integrazione, la democrazia sono ben di là da venire?
“No all’antisemitismo “anche quando esso si travesta da antisionismo”. Giorgio Napolitano lo diceva già nel 2007! “Antisionismo, ha detto il capo dello Stato, “significa negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele”.
Bene, allora siamo tutti d’accordo che la demonizzazione di Israele non puo’ essere considerata “legittima critica a un governo” e che dare il nome di antisionismo al proprio antisemitismo non migliora la faccenda? Allora come definire certe manifestazioni? “tlv faces” ci mostra “27 momenti di Israelo-fobia” e come spesso succede le immagini parlano direttamente.
*Una protesta fuori dell’Ambasciata di Israele a Londra si trasforma in battaglia
* Il bambino porta un cartello con la frase: “Per la pace nel mondo Israele deve essere distrutto” a Londra, Trafalgar Square
* Manifestazione in una delle principali piazze di Copenaghen; al minuto 0:41 un bel saluto nazista. Al minuto 01:10 un manifestante dice in danese:
“Vogliamo uccidere tutti gli Ebrei, tutti gli Ebrei dovrebbero essere uccisi, non hanno diritto di esistere!”, accompagnato da offese in arabo e danese
*Manifestazione dei Neturei Karta nella Valle del Giordano: “Gerusalemme libera e TUTTA la Palestina, (cioè tutta Israele)” e per paura che non fosse chiaro, l’aggiunta: “Proibire qualsiasi Stato ebraico”
*Pedagogia infantile a San Francisco, California: gli Ebrei sono terroristi
*Attività nei campus americani: Israele è il nuovo nazismo
*In una via americana desiderano globalizzare l’intifada
* Poco fantasiosi studenti americani musulmani: Israele è la nazione mostro assetata di sangue. Conosciamo l’idea da diversi secoli
* In Malesia ci fanno sapere che è Israele il VERO terrorista (paura di essere al primo posto?)
* Jobbik, partito neo nazista in Ungheria, punta sul solido: Israele stato conquistatore e Mossad autore dell’11 settembre
* A Londra sono “tutti Hezbollah” e ovviamente boicottano Israele
* Un iraqeno riceve la Stella di David sulla schiena durante un attacco a St. Louis
* A Barcellona preferiscono bruciare
* In Indonesia confidano in Allah, che ci pensi Lui
* A New York il nuovo gioco di società è l’attacco all’Ebreo
* Sempre i Neturei Karta che questa volta denunciano un furto
* Paragonare i sionisti ai nazisti strappa anche un mezzo sorriso
* Alla Brandeis University di Boston la Palestina va dal “fiume al mare”
* A Toronto i leader musulmani la fanno corta: Lasciate la Palestina o sarete sparati
* Nei campus di Irvine e Santa Cruz, in California, TUTTO quanto riguarda Israele è illegale
* All’Onu qualcuno si accorge che l’accanimento contro Israele è “un po’ troppo”
* Intanto le nuove generazioni si preparano nei campi paramilitari di Hamas
* A Gerusalemme chiedono “basta con la giudeizzazione di Gerusalemme”. Attendiamo manifestazioni contro la francesizzazione di Parigi e la giapponizzazione di Tokio
* Le recite scolastiche in Europa: Palestina libera
* In Norvegia la giornata per la promozione dell’odio contro Israele è diventata tradizione: faccine pulite e sorridenti di adolescenti (tredicenni?) e pompelmi che grondano sangue
* Ad Amsterdam non è che se prendete un taxi dovete per questo scordare che Israele è uno Stato terrorista!
Bene, ecco a voi le “legittime critiche alla politica di uno Stato”.
No, non è la BBC… era una canzonetta in voga un po’ di anni fa. Dice Wikipedia in proposito:
La BBC (sigla di British Broadcasting Corporation, anche informalmente chiamata dai britannici auntie – zietta, ma molto più spesso Beeb, soprattutto sui quotidiani e sui tabloid britannici), fondata il 18 ottobre 1922 come British Broadcasting Company Ltd., è il più grande e autorevole editore radiotelevisivo del Regno Unito con sede a Londra. La BBC è ritenuta, anche fuori dal Regno Unito, uno dei più autorevoli operatori radiotelevisivi del mondo, anche in ragione delle tradizionalmente rigorose modalità di produzione dei dati giornalistici che l’hanno resa un punto di riferimento per la categoria.
Pero’, quando si tratta di Israele le sue “rigorose modalità di produzione dei dati giornalistici” non si discostano poi molto dagli articoletti dei peggiori tabloid in commercio. I “falsi miti” che insistentemente continuano a circolare in merito a fatti e personaggi che hanno contribuito alla storia di Israele, sono ben lungi dall’essere accantonati, se non proprio smentiti.
Esempi ce ne sono a iosa; l’ultimo in ordine cronologico riguarda il peggioramento delle condizioni di salute di Ariel Sharon, da sette anni in coma. Il 1° gennaio, nello spazio Medio Oriente-Europa, tracciando una biografia di Sharon, la BBC scrive:
“A seguito di una ondata di attentati suicidi e attacchi da parte di militanti palestinesi in Israele nel 1990 e oltre, Sharon cerco’ di fortificare lo Stato con la costruzione della controversa barriera in Cisgiordania.”
E’ uno dei falsi più comuni a proposito di Sharon. In realtà, l’idea di una recinzione antiterroristica fu proposta da Yitzhak Rabin dieci anni prima e, nel 1995 Rabin nomino’ la Commissione Shahal per studiarne la fattibilità. Quando il terrorismo palestinese contro i civili israeliani raggiunse il culmine con la seconda Intifada, un gruppo di base apartitico, chiamato ‘Fence for Life‘ si formo’ per spingere il governo israeliano a costruire una barriera protettiva. Sharon, all’epoca a capo del Likud, dovette cedere alla richiesta popolare, nonostante fosse stato in precedenza contrario all’idea.
Ma soprattutto la BBC non si tira indietro nello sfruttare il mito più ricorrente riguardo Sharon: la seconda intifada fu causata dalla sua “passeggiata” al Monte del Tempio! Sono 14 anni che le leaderships Palestinesi si sgolano a dire e ripetere che la seconda intifada non fu “merito” di Sharon, ma che fu programmata minuziosamente per mesi e messa in atto da Arafat. Naturalmente non è solo prerogativa della BBC fare il possibile per mantenere intatto questo falso: il Guardian, per citare un altro “illustre” canale di informazione, si accoda volentieri.
Che frustrazione per la memoria di Arafat che fece della seconda intifada il suo vessillo! Il suo nome non compare nel mito, la colpa esclusiva fu di colui il quale, nell’immaginario collettivo, è stato designato da anni come “il male assoluto”, in contrapposizione a Rabin, vissuto come “l’unico israeliano che voleva la pace”. Sarà forse a causa dell’essere stato, quest’ultimo, ammazzato da un altro israeliano? Possibile.
Olivier Nicolle , un altro psicoanalista francese , chiama il discorso moderno dell’antisemitismo una “formazione psichica collettiva” che difende inconsciamente gruppi antisemiti contro l’ansia dei loro conflitti interiori . Nicolle ha sostenuto che l’attuale ondata di antisemitismo europeo è stato accentuato da eventi collettivi di dimensioni nazionali, internazionali e anche mondiali , attraverso i quali trova forme di espressione e di canalizzazione delle sue dinamiche verso un oggetto preciso, chiaramente visibile. Secondo il suo punto di vista, gli slogan antisemiti contemporanei sono il prodotto di condensazioni inconsce e spostamenti di scene di fantasia collettiva . Questi slogan vanno dal più eloquente , come nel discorso antisemita dell’allora premier malese, Mahathir Mohammed, nel 2003 , fino ai più laconici, come l’equazione tra la stella di Davide e la svastica , dai più violenti , come ” Un Ebreo – una pallottola , ” ai più allusivi, come ” No al comunitarismo “, una parola francese che allude al “crimine” degli ebrei di organizzarsi in comunità e tradire il loro patto con la Repubblica francese . Una volta proclamati , slogan come “Bush = Sharon = assassino “, acquistano legittimità e diventano ” opinione pubblica” .
“Ampia testimonianze, attuali e retrospettive, dimostrano il ruolo dell’Autorità Palestinese nell’avviare e gestire la Seconda Intifada come un vasto attacco di terrore, progettato per imporre un ritiro unilaterale e incondizionato di Israele, e preparare le condizioni, in previsione della battaglia per la realizzazione della richiesta del ritorno dei rifugiati…. La decisione finale di avviare la seconda Intifada fu presa da Yasser Arafat, immediatamente dopo la conclusione del secondo summit di Camp David, conclusosi il 25 luglio 2000. Le direttive furono diffuse alle forze di sicurezza nazionali, chiedendo loro di prepararsi per la possibilità immediata di iniziare una campagna violenta contro Israele.”
Potrebbe risultare assurdo il credere che cinque anni di guerra feroce, con attacchi sistematici e accuratamente programmati possa essere divampata “all’improvviso”, “spontaneamente”, vero? Invece il mondo ci ha creduto e i mggiori media nel campo dell’informazione continuano a perpetrarne il mito. Sharon non fece nulla di illegale quando si reco’ al Monte del Tempio, luogo ritenuto sacro da Ebrei e Musulmani. Non cerco’ di entrare nella moschea di Al Aqsa, né in un altro luogo musulmano qualsiasi. Ma, a parte qualsiasi considerazione si possa fare in merito all’opportunità o meno del suo gesto, ci sono le testimonianze della leadership palestinese a chiarire.
Imad Al – Falouji , all’epoca ministro delle Comunicazioni , ha ammesso alla stampa palestinese che la violenza fu pianificata in precedenza della visita di Sharon; il 6 dicembre 2000, il quotidiano palestinese Al-Ayyam riporto’ quanto segue:
“Parlando ad un simposio a Gaza, il ministro palestinese delle Comunicazioni, Imad Al-Falouji, ha confermato che l’Autorità palestinese aveva iniziato i preparativi per lo scoppio dell’attuale Intifada dal momento in cui i colloqui di Camp David si conclusero, questo in conformità alle istruzioni impartite dal Presidente Arafat stesso. Mr. Falouji ha continuato dicendo che Arafat ha lanciato questa Intifada come la fase culminante delle posizioni palestinesi, immutabili nel corso dei negoziati e che non è da intendersi meramente come una protesta per la visita del leader dell’opposizione israeliana, Ariel Sharon, al Monte del Tempio “.
La dichiarazione di Al- Falouji è stata portata come prova davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed è di dominio pubblico .
Non fu certo l’ unica occasione in cui al- Falouji ammise che la violenza fu premeditata . Pochi mesi dopo , durante una manifestazione di sostenitori presso il campo profughi palestinese ‘Ein Al- Hilweh in Libano , al- Falouji esplicitamente dichiaro’ che la violenza fu progettata come un modo di ottenere concessioni, ad esempio per il diritto al ritorno dei profughi palestinesi in Israele , che non erano in programma al tavolo negoziale . I suoi commenti appaiono nel libanese al- Safir per il 3 Marzo 2001 :
“Sottolineiamo che la leadership palestinese non firmerà un accordo di pace senza garantire i diritti dei palestinesi , e in primo luogo il diritto al ritorno , la liberazione di Gerusalemme e del suo ritorno alla sovranità palestinese completa . Questi sono i nostri principi fondamentali a cui teniamo e per i quali combattiamo “. ” Chi pensa che l’Intifada sia scoppiata a causa della visita del disprezzato Sharon alla Moschea di Al – Aqsa sbaglia, anche se questa visita è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Questa Intifada è stata programmata in anticipo , sin dal ritorno del presidente Arafat dai negoziati di Camp David , dove ha rovesciato il tavolo del presidente Clinton . [ Arafat ] è rimasto fermo e ha sfidato [ Clinton ] . Egli ha respinto i termini americani e lo ha fatto nel cuore degli Stati Uniti . ” “La mia visita qui in Sud Libano è un chiaro messaggio al nemico sionista. Noi diciamo : Proprio come la resistenza nazionale e islamica nel sud del Libano ha dato [ a Israele ] una lezione e l’ha fatto ritirare umiliato e martoriato , così sarà [ per Israele ] di imparare una lezione dalla Resistenza palestinese in Palestina . La resistenza palestinese colpirà a Tel – Aviv , a Ashkelon , a Gerusalemme e in ogni centimetro della terra della Palestina naturale. (con il termine “Palestina naturale, Al Falouji intende ovviamente tutta Israele N.d.T.) Israele non avrà una sola notte tranquilla. Non ci sarà nessuna sicurezza nel cuore di Israele …. ”
Come lo dovrebbero dire più chiaro di cosi’? All’epoca si scomodo’ anche Marwan Barghouti. In un’intervista rivelatrice nella sede di Londra del quotidiano arabo Al- Hayat ( 29 settembre 2001 ) , Marwan Barghouti , capo del Tanzim, ammise il suo ruolo critico nell’accendere l’Intifada, nell’ottobre 2000, sia in Cisgiordania che a Gaza , così come tra gli arabi israeliani :
“Sapevo che la fine di settembre sarebbe stato l’ultimo periodo ( di tempo ) prima dell’esplosione , ma quando Sharon ha raggiunto la moschea di al- Aqsa , questo è stato il momento più opportuno per lo scoppio dell’intifada …. La notte prima della visita di Sharon , ho partecipato a un panel su una stazione televisiva locale e ho colto l’occasione per invitare il pubblico ad andare alla moschea di al- Aqsa al mattino , perché non era possibile che Sharon raggiungesse al- Haram al- Sharif e se ne potesse poi andare via tranquillamente . Sono andato ad al -Aqsa al mattino …. Abbiamo cercato di creare scontri senza successo a causa delle divergenze di opinione emerse con gli altri, al momento . … Dopo che Sharon se ne ando’ , rimasi per due ore in presenza di altre persone ; discutemmo le modalità di risposta e di come reagire in tutte le città ( Bilad ) e non solo a Gerusalemme . Contattammo tutte ( le ) fazioni palestinesi . ”
La sera dello stesso giorno , Barghouti viaggio’ nel Triangolo arabo all’interno di Israele, dove avrebbe dovuto partecipare a una conferenza:
” Mentre eravamo in macchina sulla strada per il Triangolo , ho preparato un volantino a nome del Comitato Superiore di Fatah , coordinato con i fratelli ( ad esempio , Hamas ) , nel quale chiamavamo ad una reazione per quanto successo a Gerusalemme . ”
L’ intifada ha poco a che fare con la visita di Sharon e tutto con l’agenda politica degli arabi Palestinesi . Sakhr Habash , membro del Comitato Centrale di Fatah , rilascio’ un’intervista al quotidiano dell’Autorità Palestinese :
” [ L’Intifada ] non è scoppiata , al fine di migliorare la nostra capacità di contrattazione nei negoziati , né come una reazione alla visita provocatoria di Sharon ad Al- Haram Al – Sharif . E’ stata solo la scintilla a quanto accumulato nelle profondità della nostra persone ed è finalizzata ad esplodere di fronte al governo di Barak a causa del problema politico di più di un anno e mezzo – il problema dell’indipendenza. ” QUI
Ancora Barghouti:
Marwan Bargouti , segretario generale del movimento Fatah di Arafat in Giudea e Samaria , ha detto al Jerusalem Times la scorsa settimana , “L’intifada non è iniziata a causa della visita di Sharon “, ma che la violenza “è cominciata a causa del desiderio di porre fine all’occupazione e perché i palestinesi non hanno approvato il processo di pace nella sua forma precedente. ”
Altre dichiarazioni simili: … Mustafa Bargouti , capo del Palestinian Medical Relief Services della PA , ha detto al “Report Palestina ” (2 maggio 2001) che un gran numero di paramedici hanno ricevuto una formazione medica di emergenza, alla vigilia delle violenze : ” Alcune istituzioni , come ad esempio i Servizi Medical Relief , hanno preparato in precedenza i piani per le emergenze . Durante la prima Intifada , abbiamo formato una squadra di primo soccorso di 11.500 paramedici . Queste persone hanno fatto un ottimo lavoro durante l’Intifada .” All’Assistente Segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente, Edward Walker, fu chiesto – nel corso di un’audizione al Congresso marzo 2000 – se fosse ragionevole concludere che la violenza fu pianificata ben prima della visita di Sharon al Monte del Tempio . Walker rispose: “L’hanno detto e ridetto. Quindi penso che una persona ragionevole lo potrebbe supporre . ». ( Jerusalem Post , 30 marzo 2001 )
Arafat cominciò a chiedere una nuova Intifada nei primi mesi del 2000 . Parlando prima ai giovani di Fatah, a Ramallah , Arafat “ha fatto capire che il popolo palestinese è suscettibile di attivare l’opzione Intifada” (Al – Mujahid , 3 aprile 2000 ) .
Marwan Barghouti , il capo di Fatah in Cisgiordania , spiego’ ai primi di marzo 2000: ” Dobbiamo condurre una battaglia sul campo a fianco della battaglia negoziale … cioè una confrontazione” ( Ahbar Al – Halil , 8 Marzo, 2000 ) . Durante l’estate del 2000 , Fatah addestro’ giovani palestinesi in 40 campi di addestramento .
L’edizione di luglio 2000 di Al – Shuhada, mensile distribuito tra i servizi di sicurezza palestinesi , afferma: ” Dalla delegazione negoziale guidata dal comandante e simbolo, Abu Amar ( Yasser Arafat ) al coraggioso popolo palestinese , stare pronti! La battaglia di Gerusalemme è iniziata.”
Un mese dopo , il comandante della polizia palestinese disse al quotidiano palestinese ufficiale Al -Hayat Al – Jadida : “La polizia palestinese sarà insieme ai nobili figli del popolo palestinese , quando l’ora del confronto arriverà. ”
Freih Abu Middein , il ministro della Giustizia PA , avverti’ nello stesso mese: “La violenza è vicina e il popolo palestinese è disposto a sacrificare anche 5.000 vittime . ” (Al – Hayat al- Jadida , 24 agosto 2000 – MEMRI ) .
Un’altra pubblicazione ufficiale dell’Autorità palestinese , Al- Sabah , datata 11 settembre 2000 – più di due settimane prima della visita di Sharon – scrisse : “Noi avanzeremo e dichiareremo una Intifada generale per Gerusalemme. Il tempo per l’ Intifada è arrivato , il tempo per la Jihad è arrivato . ”
Il consigliere di Arafat, Mamduh Nufal, dichiaro’ al francese Nouvel Observateur ( 1 Marzo 2001 ) : “Pochi giorni prima della visita di Sharon alla Moschea , quando Arafat ci chiese di stare pronti ad avviare uno scontro , sostenni manifestazioni di massa…”
Il 30 settembre 2001, Nufal spiego’ ad al- Ayyam che Arafat effettivamente emise ordini ai comandanti sul campo per i violenti scontri con Israele, dal 28 settembre 2000.
Che stress! Lo hanno detto, ridetto, ripetuto e ancora c’è chi, come la BBC e il The Guardian, vorrebbe attribuirne il “merito” a Sharon! Ci si è dovuta impegnare perfino Suha Arafat a difendere la paternità della seconda intifada del marito !
E quando Sharon se ne andrà per sempre, chi sceglierà l’opinione pubblica come suo successore nell’impersonificazione del Male Assoluto? Sarà bene che cominciate a pensarci per tempo.
Il sangue, nella religione ebraica, è tabù. Divieto assoluto di consumarne, ragione per la quale gli animali destinati all’alimentazione sono uccisi mediante sgozzamento e tutto il sangue è fatto defluire. Il sangue rappresenta la vita e la vita non è nelle mani dell’uomo. Il senso è più o meno questo.
Propaganda nazista che sostiene “l’accusa del sangue”
“L’accusa del sangue” è anche una delle più note tra le accuse antisemite, di quelle che sembrano cosi radicate da non morire mai ma, al contrario, continuano a ripresentarsi nelle loro varianti nel corso dei secoli, a partire dall’XI secolo. Secondo questa “tesi”, gli Ebrei userebbero sangue umano per motivi rituali. L’accusa è stata usata nel corso della storia, fino a tempi recenti (vedi il pogrom di Kielce del 1946), per sfruttare l’emozione popolare e i sentimenti antisemiti, sostenendo in diverse occasioni che bambini cristiani fossero rapiti e uccisi per poterne usare il sangue. In seguito a queste accuse era frequente il verificarsi di pogrom, con linciaggi e stermini di Ebrei. L’ultimo processo basato sull’accusa del sangue fu celebrato a Kiev nel 1913, contro Menachem Mendel Teviev Beilis. In seguito l’accusa del sangue fu usata dalla propaganda nazista. Attualmente anche da quella iraniana.
Scena di un film iraniano che sostiene “l’accusa del sangue”
Il sangue e gli Ebrei sono da sempre legati indissolubilmente nella propaganda antisemita. Tutto cambia, tutto si trasforma, tutto resta. L’ultima accusa a Israele tratta ancora di sangue, questa volta non utilizzato per strani riti magici ma rifiutato dagli Ebrei perché ritenuto “speciale”, non “puro”. La storia è questa: agli inizi di dicembre, il servizio del Magen Adom, l’equivalente della Croce Rossa israeliana, ha rifiutato il sangue che una deputata di origine etiope, Pnina Tamano-Shata, voleva donare.
Un responsabile del Magen David Adom, filmato da una telecamera, ha spiegato alla deputata che “secondo le direttive del ministero della Salute, non era possibile accettare sangue di donatori di origine etiope”.
La notizia ha fatto il giro del mondo ovviamente, ripresa da tutti i media. Il Primo ministro Netanyahu si è affrettato a testimoniare alla deputata la sua solidarietà, lo stesso il presidente Shimon Peres.
Nessun mezzo di informazione si è premunito di capirci qualcosa di più, nessuno o quasi. Non ha approfondito Harriet Sherwood del The Guardian, che si è gettata sulla notizia preoccupata soprattutto di gridare al razzismo. Non gli editorialisti del Le Point, non France24, che non si è preoccupata di chiamare i cittadini etiopi israeliani “Falashà”, nome ritenuto offensivo perché significa “barbaro, straniero”; non BFM tv, Europa 1 o Le Monde.
La ragionevolezza è venuta, inaspettatamente, da Charles Enderlin, l’autore del falso “caso Al Dura”, non propriamente quello che si puo’ definire un “amico di Israele”, che dal suo blog scrive in proposito:
“Razzismo? Il sangue dei Neri rifiutato in Israele? Questa deputata Etiope sapeva perfettamente che il Magen David Adom non l’avrebbe accettato. Principio di precauzione. Il sangue di originari dell’Africa è escluso per i rischi connessi all’Aids come quello di persone provenienti dall’Inghilterra o dall’Irlanda per via della “mucca pazza”. Nessun razzismo contro gli Africani.”
Enderlin ricorda anche che “La signora Tamano-Shata è membro della commissione incaricata di stabilire le nuove regole per le donazioni di sangue dei cittadini Etiopi e quindi sapeva esattamente di che cosa si trattava”.
In realtà la direttiva concerne chi abbia vissuto più di un anno in Paesi a rischio infezioni. Le linee guida del Ministero non includono infatti le donazioni di tutti gli oltre 120.000 Ebrei etiopi di Israele, ma solo gli 80.000 tra di loro che sono nati in Africa e migrati in Israele, la maggior parte nel 1984 e nel 1991. Non è di certo una direttiva esclusiva di Israele, nonostante farebbe piacere a molti lo fosse; dalla Croce Rossa americana, per esempio, nel merito leggiamo:
Non puoi donare se sei a rischio di contrarre l’HIV (il virus che causa l’AIDS): … Se sei nato o hai vissuto in Camerun, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Gabon, Niger, Nigeria, dal 1977.
La US Food and Drug Administration raccomanda altresì che tutte le persone che donano il sangue debbano rispondere a queste domande (hanno aggiunto alcuni paesi più di recente):
Sei nato in o hai vissuto in uno dei seguenti paesi dal 1977: Camerun, Benin, Repubblica Centrafricana, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Kenya, Gabon, Niger, Nigeria, Senegal, Togo, Zambia? In caso affermativo, quando?
Hai viaggiato in questi paesi dal 1977, hai ricevuto una trasfusione di sangue o un qualsiasi trattamento medico con un prodotto a base di sangue? In caso affermativo, quando?
Hai avuto contatti sessuali con chi è nato o vissuto in questi paesi dal 1977? In caso affermativo, quando?
Se Israele e l’America devono essere considerati razzisti per queste direttive, anche il Canada deve esserlo, poiché le sue domande sono ancora più generiche: ” Sei nato in o hai vissuto in Africa dal 1977? ”
Secondo l’OMS, 1,4 % . degli adulti in Etiopia, nel 2011, è malato di AIDS . Nel 2001 tale numero era superiore al 3 % . Il Niger , sulla lista degli Stati Uniti , ha solo una prevalenza dello 0,8 % di AIDS tra gli adulti . Quanti e quali Paesi nel mondo osservano restrizioni (più o meno giustificate) in merito alle donazioni di sangue, restrizioni che includono l’obbligo di rispondere (per esempio) a questionari circa le proprie abitudini sessuali? Algeria, Argentina, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Hong Kong, Ungheria, Irlanda, Giappone, Malta, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Portogallo, Filippine, Sud Africa, Slovenia e altre.
Tra le linee guida dell’Arabia Saudita, tra le altre (molte) domande per il test di ammissibilità alla donazione, c’è specificatamente menzionato: Hai contatti sessuali con qualcuno nato/vissuto in Africa?
Scrive Issac Ross, rappresentante del Ghana per il World Health Organization: AIDS, HIV, malaria, morbillo e tifo sono pericolosi e molto comuni in molti paesi africani e così è fondamentale che il sangue donato attraverso organizzazioni umanitarie non governative (ONG) come la Croce Rossa, la Mezzaluna Rossa, la Banca del Sangue del Ghana e molti altri centri di donazione in tutta l’Africa e il mondo sia analizzato in modo sicuro per fermare la diffusione di malattie mortali. Inoltre, molti cittadini e lavoratori dei centri di donazione non sono educati al controllo delle malattie, all’igiene personale e allo stoccaggio in sicurezza del sangue. E Allie Cobb, rappresentante del Sud Africa: Il Sud Africa ha recentemente concretizzato l’applicazione di nuove interviste sulla sicurezza del donatore, e ha chiuso centri di donazione in aree con elevato tasso di malattia. In questo modo il Sud Africa sta riducendo il tasso di infezione.
Insomma, il problema esiste, in tutto il mondo. Che questi atti preventivi siano o no efficaci, tutti gli Stati del mondo si sono posti il problema. Come mai solo il sangue in Israele fa notizia?
I social network sono quelle “piattaforme” on line utilizzate in modo abituale, in tutto il mondo, per mezzo delle quali la socialità ha allargato i suoi confini. Tramite i social networks possiamo mantenere contatti giornalieri con “amici virtuali” che vivono a migliaia di chilometri da noi, conoscere le date dei loro compleanni, sapere tutto (o quasi) della loro vita quotidiana, avere sotto gli occhi le foto dei loro familiari, dei loro animali domestici, conoscere i loro gusti in fatto di musica, cinema, libri, arte.
Questi “legami a distanza” possono diventare talmente forti e veri da mettere quelli della “vita reale” tra virgolette. E’ la “realtà” che in qualche modo perde nel confronto con il virtuale. Perché cio’ che difficilmente si potrebbe comunicare a una persona in carne e ossa, conosciuta da poco, on line diventa facile, è la norma. Anzi! L’interazione sempre e comunque, fosse anche con un semplice “like” è richiesta. La comunicazione avviene in simultanea con più persone, che possono scrivere anche da continenti diversi ed in brevissimo tempo, quello che più o meno impieghiamo per formulare un pensiero ed esprimerlo nel “reale”, riusciamo ad avere il punto di vista di un numero di persone, differenti tra loro. E’ stata la rivoluzione sociale del secolo.
Questo accesso facile ad un gran numero di utenti non poteva che fare gola a chi ha necessità di propagandare razzismo, antisemitismo, apologia del nazismo e del fascismo, omofobia e tutte quelle ideologie che, apparentemente, cozzano con l’idea di una società democratica ed equa.
On line le teorie complottiste, ad esempio, sono assurte al rango di “idee”, punti di vista, “documenti”. Quel “sospetto” che si presentava insistente al cervello ma difficile da sostenere con “prove”, quel dubbio non espresso nel timore di provocare una reazione di scherno da parte dell’interlocutore, quel risentimento senza nome, provato per alcune “categorie” sociali, la sensazione che qualcosa di “misterioso”, segreto, alieno si svolga alle spalle di cittadini ignari, sui social network si libera, diventa possibile, accettabile, “reale”. Anzi, lungi dal suscitare riprovazione, tali esternazioni diventano caratteristiche di coloro che “sono svegli”, che non “si lasciano ingannare”, che non “si lasciano imbavagliare”. Segno distintivo positivo, piuttosto che il contrario.
i social network hanno una policy che dovrebbe, in teoria, impedire l’abuso del mezzo. Facebook per esempio, una delle piattaforme più popolari, ha un regolamento che vieta l’incitazione all’odio, al razzismo, la pubblicazione di immagini violente, l’istigazione al suicidio, all’autolesionismo, alla discriminazione per motivi etnici, religiosi, sessuali. Al capitolo 3 delle “Condizioni” leggiamo:
Ci impegniamo al massimo per fare in modo che Facebook sia un sito sicuro, ma non possiamo garantirlo. Abbiamo bisogno che gli utenti contribuiscano a tutelare la sicurezza di Facebook ovvero che si impegnino a:
Non pubblicare comunicazioni commerciali non autorizzate (ad esempio spam) su Facebook.
Non raccogliere contenuti o informazioni degli utenti, né accedere in altro modo a Facebook usando strumenti automatizzati (come bot di raccolta, robot, spider o scraper) senza previa autorizzazione da parte nostra.
Non intraprendere azioni di marketing multi-livello illegali, ad esempio schemi piramidali, su Facebook.
Non caricare virus o altri codici dannosi.
Non cercare di ottenere informazioni di accesso o accedere ad account di altri utenti.
Non denigrare, intimidire o molestare altri utenti.
Non pubblicare contenuti: minatori, pornografici, con incitazioni all’odio o alla violenza, con immagini di nudo o di violenza forte o gratuita.
Non sviluppare o utilizzare applicazioni di terzi con contenuti correlati all’alcol, a servizi di incontri o comunque rivolti a un pubblico adulto (comprese le pubblicità) senza le dovute restrizioni di età.
Seguire le nostre Linee guida sulle promozioni e tutte le leggi applicabili se si pubblicizzano o propongono gare, offerte o concorsi a premi (“promozioni”) su Facebook.
Non usare Facebook per scopi illegali, ingannevoli, malevoli o discriminatori.
Non intraprendere azioni che possano impedire, sovraccaricare o compromettere il corretto funzionamento o l’aspetto di Facebook, ad esempio con un attacco di negazione del servizio o altre azioni di disturbo che interferiscano con il rendering delle pagine o con altre funzioni di Facebook.
Non favorire o incoraggiare alcuna violazione della presente Dichiarazione o delle nostre normative.
A questo proposito, ogni utilizzatore ha a disposizione la possibilità di segnalare post, foto e quant’altro ritenesse in violazione a queste norme. Nella realtà le segnalazioni Facebook che riguardano “hate speech”, antisemitismo e/o razzismo non sono mai prese in considerazione. Le sue pagine, private e pubbliche, rigurgitano di materiale antisemita e razzista che indisturbato resta a disposizione di un pubblico difficilmente quantificabile, ma comunque di proporzioni enormi. L’antisemitismo 2.0 è stato ufficialmente “sdoganato”, è diventato manifestazione accettabile.
Si è andata formando una “comunità” di utilizzatori mondiali che si ritrovano, si sostengono, si aggiornano, si incoraggiano tramite il social network. Ignorarne l’effettiva forza e l’efficacia sarebbe da stolti irresponsabili. Non si tratta più di casi isolati, non di alcuni “pazzi” che delirano tra di loro: è un fenomeno in costante crescita, supportato da pubblicazioni, forum, conferenze che spesso servono anche per incontrare di persona quelli che non si contentano di parlare sotto la maschera di un nick name.
Un esempio: vignetta apparsa nella pagina Facebook ‘Untold History’ e che viola palesemente la policy del social network; non rimossa
La pagina è gestita da un gruppo svedese, ma che pubblica su un server fuori dal paese, chiamato European Knights Project, partner dell’Institute for Historical Review. Nella Home page è scritto a lettere maiuscole che si tratta di un “sito storico e non politico”. In realtà la pagina è impegnata nella negazione della Shoah e presenta solo una storia falsa e/o falsificata, ma anche attribuisce agli Ebrei ogni più “classica” e vile tra le accuse della propaganda antisemita.
Utilizzando principalmente vignette con didascalie , immagini Photoshoppate e cartoons , la pagina ospita tutti i più famosi best sellers dell’antisemitismo: gli Ebrei controllano l’America e vogliono controllare il mondo , la Shoah non è mai avvenuta ; gli Ebrei sfruttano il mito della Shoah , gli Alleati hanno fatto molto peggio ai tedeschi , giapponesi e nippo- americani di quello che i nazisti hanno fatto agli Ebrei; Hitler era un grande uomo, difensore della civiltà cristiana; il comunismo è uno strumento ebraico; Israele è la fonte di ogni male nel mondo; il 9 /11 fu lavoro del Mossad. E poi, altro strumento privilegiato utilizzato da questo genere di pagine, le false citazioni, come quella fabbricato dall’evangelista americano Texe Marrs e attribuita a Menachem Begin :
“La nostra razza è quella Eletta, noi siamo gli dei divini su questo pianeta . Noi siamo diversi dalle razze inferiori come esse lo sono dagli insetti …. le altre razze sono bestie e animali , bestiame nel migliore dei casi. Il nostro destino è quello di governare le razze inferiori . Le masse ci leccheranno i piedi e ci serviranno come schiavi . ”
Ogni elemento possibile alla condivisione: video, vignette, citazioni false, storie, opinioni, petizioni, puo’ diventare strumento di una propaganda che non conosce soste. La foto sotto è stata segnalata da OnLine Hate Prevention Institute e da Elder of Zyon e si trova all’interno di una pagina Facebook. E’ un esempio di un altro mascheramento utilizzato dai gruppi antisemiti per diffondere la loro propaganda: il cosi’ detto “humor nero”, pagine che si presentano come satiriche, di un humor solo un po’ più cinico del solito e che invece sono spesso veri e propri manifesti di odio.
JCPA org, Jerusalem Center for Public Affair, ci mette sotto gli occhi un conteggio spaventoso nel suo realismo: se prendiamo un gruppo antisemita, su Facebook, che abbia 32.596 membri iscritti ed immaginiamo che ognuna di queste persone abbia una media di 150 amici – da 150 a 200 sarebbe più esatto- questo gruppo sarà pubblicizzato a circa 4,9 milioni di persone! E per farlo non ha nemmeno bisogno di fare ricorso agli stereotipi antisemiti che abbiamo visto finora, basta sventoli tra le sue finalità – come osserva JCPA- poche “parole d’ordine”:
Questo gruppo non attacca qualsiasi gruppo o individuo . Il nostro obiettivo è quello di raggiungere una soluzione pacifica . Questo gruppo afferma semplicemente che Israele è un regime di apartheid . Questo gruppo condanna fermamente il razzismo e non lo tollera. Sostenere l’illegittimità all’esistenza dello Stato di Israele, non può essere considerato anti -semita , anche secondo la definizione di antisemitismo, accettata e adottata nel 2005 .
E’ la via più semplice e di sicuro effetto; se qualcuno potrebbe avere da ridire sull’immagine di Anna Frank utilizzata brutalmente, sull’illegittimità di Israele a esistere difficilmente saranno sollevate obiezioni, anzi! Colui che condividesse simili propositi potrebbe addirittura ammantarsi di “difesa dei diritti umani” ed esserne quindi nobilitato.
Eppure basterebbe prendere atto dell’evidenza: di nessun altro Paese nel mondo, neanche degli Stati più “canaglia” è messo in discussione il diritto all’esistenza. A nessun altro Paese al mondo è augurata la distruzione. Israele rappresenta gli Ebrei nell’immaginario collettivo del mondo e quindi di quello on line, Israele E’ gli Ebrei. Come entra la critica a un governo, in questo? E’ apparso su Facebook.
Gilles Barnheim, ex Gran Rabbino di Francia
E questo, del noto disegnatore antisemita Latuff, amatissimo e condiviso da milioni di utenti on line, la possiamo davvero chiamare “legittima critica”?
E questa, dello stesso autore?
C’è sostanziale differenza tra queste vignette mostrate sopra e la propaganda nazista anti ebraica di inizio Novecento?
Tutto questo ( e molto, molto altro ancora) per la policy di Facebook non viola i parametri imposti. Ma per aver pubblicato questa foto sotto, diversi utilizzatori hanno avuto chiuso il proprio account con la motivazione “scena di sesso esplicito”
Il Ku Klux Klan in America era dato per spacciato, morto, finito solo alcuni anni fa. Invece è bastato loro “spostare” di poco l’obiettivo per godersi una seconda vita: dal “negro”, semplicemente colpevole del colore della sua pelle, ai matrimoni gay, al “pericolo immigrazione”, alla delinquenza ed ogni altro allarme sociale, vero o percepito. L’attività del Ku Klux Klan in America è in aumento, di pari passo alla nascita di gruppi suprematisti bianchi e neo nazisti, con i quali collaborano. Naturalmente, l’elezione di un presidente Afro-Americano è stato un motivo ulteriore di indignazione e di mobilitazione per questi gruppi.
Albany è la capitale dello Stato di New York e capoluogo dell’omonima contea. A metà giugno, un affiliato a uno dei gruppi KU Klux Klan della zona è salito alle cronache per aver “inventato” un “raggio della morte”, capace di “distruggere i musulmani e i nemici di Israele” ed aver cercato di venderlo nelle sinagoghe della città. E’ stato arrestato.
Il giornale on line “Salon“, riporta la notizia utilizzando questa immagine:
Nessuna didascalia, nessuna spiegazione accompagna la foto. Quale potrebbe essere l’associazione di idee di un lettore, magari distratto e mediamente informato, messo di fronte a questa foto? Israele e il Ku Klux Klan sono in stretta connessione! Israele e il Ku Klux Klan marciano insieme! Mentre invece la foto si riferisce a una manifestazione avvenuta a Tel Aviv, nel dicembre 2011, dove gruppi di attivisti arabo-israeliani, africani ed ebrei, inscenarono una protesta contro il governo allora in carica, in occasione dell’anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani.
Il potere delle immagini e il loro uso strumentale non finisce mai di sorprendere! La redazione di “Salon” non aveva esitato a scegliere una foto simile per raccontare le gesta di un folle. Imperizia? Malafede? Come sempre difficile stabilirlo; “Salon” ha porto le sue scuse e cambiato la foto. DOPO.
Eh le sviste della stampa! Durante la campagna elettorale che precedette le ultime elezioni politiche in Israele, il 22 gennaio scorso, la maggior parte della stampa mondiale si era affannata a prevedere il “governo più a destra mai visto“, un “governo più aggressivo e a favore dei coloni”, “il governo più a destra e senza compromessi che il Paese abbia mai visto”….The Guardian fece poi ammenda: il mantra della decisa svolta a destra che aveva ripetuto per tutto il periodo pre-votazioni si era rivelato errato.
Peccato! Era cosi’ allettante l’idea di una Israele che sprofondava definitivamente nel baratro della destra estrema! Errori di calcolo, desideri irrealizzati. Ma oggi, 18 marzo, mentre Israele attende l’arrivo del Presidente americano Obama, The Guardian con il suo editoriale “Obama in Israele, aspettando Godot“, lamenta “oscure prospettive” per i colloqui di pace e ricade in un’altra svista: dimentica di citare un membro del nuovo Governo!
Raramente un capo di Stato americano in visita in Israele si è trovato al centro di simili aspettative. In contemporanea all’arrivo di Obama, il governo di Benjamin Netanyahu presterà giuramento. La coalizione è composta dal blocco Likud-Israel Beytenu, da Yesh Atid, fondato dal personaggio televisivo Yair Lapid e dal Jewish Home, un partito legato al movimento dei coloni della West Bank, guidato da Naftali’ Bennet. La coalizione sembra particolarmente adatta a trattare le questioni interne, come ad esempio l’esenzione dal servizio militare concessa agli ultra-ortodossi. Ma completamente inadatta a sbrogliare la questione dell’occupazione della Cisgiordania.
Forse l’impressione del The Guardian deriva dall’aver dimenticato uno dei partiti di coalizione? Tzipi Livni e il suo partito Hatnua sono sfuggiti all’articolista. Eppure proprio sul The Guardian del 14 marzo, Phoebe Greenwood riportava correttamente la lista dei partiti di coalizione.
La Greenwood aveva riferito che l’ex ministro degli Esteri del governo Olmert sarà a capo di un piccolo team che si occuperà proprio dei colloqui di pace israelo/palestinesi. Certo, ricordare la presenza della Livni avrebbe schiarito un po’ le fosche tinte con le quali The Guardian ha voluto dipingere questo incontro tra Netanyahu e il Presidente americano Obama. O forse è stata un’innocente dimenticanza. Del resto al The Guardian ogni tanto succede di confondersi. Come quado scrisse che la capitale di Israele è Tel Aviv.
Ma non stiamo a sottilizzare! Sono le sviste della stampa!
Sparsi per il web si trovano numerose pagine di “Citazioni sioniste” che mostrano il sionismo come un male, una cospirazione razzista. Molte delle citazioni sono false, bufale e invenzioni. Le citazioni sono realizzate per screditare Israele, il sionismo e gli ebrei. Non informano o illuminano nessuno. L’intento delle citazioni manipolate è quello di “dimostrare” che “il sionismo è razzismo”. e che i ‘sionisti’ avevano previsto il trasferimento degli arabi dalla Palestina fin dall’inizio.
Come si fabbrica una falsa citazione?
In vari modi:
Presentare un falso come fatto –
Una “intervista” satirica e immaginaria con un generale israeliano è stata presentata come una vera e propria intervista rilasciata da Ariel Sharon a Amos Oz.
Supposizione –
Secondo Benny Morris, Ben Gurion scrisse a suo figlio “Dobbiamo espellere gli arabi.” Queste parole non sono mai state trovate nel testo ebraico delle sue lettere, ma a quanto pare in una versione in lingua inglese.
Citando fuori contesto –
Una parte di un discorso o una lettera, una frase detta ironicamente o con un intento evidentemente innocente è citata come a sé stante .
Tralasciando frasi chiave –
ad esempio la frase “Abbiamo comprato le terre dagli arabi” è stata omessa da una citazione Moshe Dayan per far sembrare che avesse ammesso che i sionisti avevano rubato tutto il paese.
Un esempio: il caso di Tziporah Menache
Questa citazione fabbricata è egregia, perfino i nazisti ammettono che è un falso. Potete cercarlo sul sito Web di Stormfront, dove è anche smascherata. Non c’è mai stata evidentemente nessuna persona a nome “Tziporah Menache” nel ruolo di portavoce israeliano. Non era di sicuro portavoce nel 2009.
“Sai molto bene, e gli americani stupidi sanno altrettanto bene, che controlliamo il loro governo, a prescindere da chi siede alla Casa Bianca. Vedi, io lo so e tu lo sai che nessun presidente americano può essere in grado di sfidarci anche se facesse l’impensabile. Che cosa possono (gli americani) fare contro di noi? Controlliamo il Congresso, controlliamo i media, abbiamo il controllo dello spettacolo, e controlliamo tutto in America. In America si può criticare Dio, ma non si puo’ criticare Israele. ” Portavoce israeliano, Tzipora Menache 2009
E’ apparso per la prima volta presumibilmente in un sito Web pakistano, ma non è più rintracciabile. Non è stato smascherato da sionisti, ma da antisemiti e siti web anti israeliani, a quanto pare perché la pagina Web conteneva un virus.
Dopo una attenta ricerca condotta da molti membri della comunità ATS si è concluso senza ombra di dubbio che questo thread è una bufala. La stessa citazione proviene da una singola fonte che ha dimostrato di essere di fantasia. Inoltre, un’attenta ricerca ha dimostrato che la sola menzione del nome del portavoce, non appare mai in articoli relativi a questa dichiarazione presunta. In breve, non siamo nemmeno in grado di stabilire se la donna esiste davvero.
Su “Rense.com” il paranoico razzista Dick Eastman scrive:
Oggetto: E’ una bufala, una trappola Fw: israeliana Tzipora Menache: “Noi controlliamo gli americani stupidi” La citazione dell’inesistente “Menache Tzipora” – fa cadere chi cerca con la parola-chiave: Israele in una ricerca dove trova un download di virus. E’ roba fabbricata apposta per noi. L’obiettivo è quello di convincere la gente a cercare con Google “Tzipora” -per far trovare un link che scarica un virus. La citazione è come una bambola finta usata come esca, attaccata al grilletto di una mina – chi indaga l’influenza di Israele tenterà di dare la caccia a Manache Tzipora e cadrà nella trappola.
Anche gli antisemiti si vergognano di questa fabbricazione grezza.