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Chi ha bisogno del Diavolo?

Quanta resposabilità hanno i media nella percezione distorta di Israele? Lo abbiamo detto e ripetuto: moltissima. Tutte le “parole d’ordine” che ormai siamo abituati ad ascoltare a proposito dello Stato Ebraico non sono emerse spontaneamente un giorno, dal nulla: sono il frutto di una propaganda incessante, rivolta a indirizzare l’opinione pubblica occidentale. I fatti ovviamente smentirebbero questa retorica mortifera, se godessero della stessa capillare diffusione riservata alle bugie.

Parigi, Place de la Republique, 7 Ottobre 2000

“Israele sta operando la “pulizia etnica” del popolo  palestinese”. E’ la frase funzionale all’infame equazione: Israele/Ebrei=Nazisti. Lo leggiamo ovunque, perfino nei giornaletti di intrattenimento. Questo sondaggio è apparso nel documento Intolerance, Prejudice and Discrimination, A European Report:

Il bisogno europeo di paragonare Israele cioè, parafrasando Appelfeld, “cio’ che resta degli Ebrei” ai nazisti è stato analizzato, fra gli altri da Richard Landes, che lo ha associato alle  patologie derivate dal bisogno di liberarsi del senso di colpa derivato dalla Shoah. E’ un odio irrazionale, ossessivo, morboso, che non trova alcun riscontro nella realtà.

La Stampa, 3 Aprile 2002

Scrive Landes:

“…questa autorizzazione a scivolare nell’abuso di descrivere gli israeliani con i più sadici epiteti morali, in special modo come nazisti, è andata ben al di là non solo dell’ambito della Shoah e del tradizionale antisemitismo cristiano. Ha funzionato da appello fortissimo per quella che normalmente si pensa come laica (post-cristiana) sinistra progressista, un luogo nel quale non ci si aspetterebbe almeno questo tipo di odio-mercato e demonizzazione…;”

Durban, Agosto 2001

Tutte le statistiche in merito alla “pulizia etnica” ovviamente smentiscono questa narrativa e indicano una forte crescita della popolazione palestinese negli ultimi sessant’anni:

Dal 1949 ad oggi, la popolazione della West Bank è aumentata da 462.000 ai 2,5 milioni di oggi. Quella di Gaza, da 82.000 nel 1949 ai 1,7 milioni di oggi. Il numero di arabi uccisi nel conflitto arabo/israeliano dal 1920 è inferiore a quello degli arabi uccisi da arabi, in Siria soltanto, dal 2011. Di Ebrei (esclusi i giornalisti pro-palestinesi che vi risiedono) a Gaza e West Bank non ce ne sono praticamente più.

Nove Ebrei impiccati nella piùgrande piazza di Baghdad, nel 1969

Nel Medio Oriente arabo, la popolazione ebraica è passata da 850.000 nel 1949 a meno di 5000 oggi. Nonostante questo, i leaders arabi e palestinesi continuano a incitare al genocidio degli Ebrei ovunque essi siano, in Israele e nella Diaspora.

Scrive Barry Rubin:

“…Mai prima nella storia c’è stata una campagna concertata, sistematica, e viziosa per screditare e demonizzare Israele, soprattutto cercando di minarne il sostegno da parte della comunità ebraica nella Diaspora….Questi attacchi non possono essere presi a sé stanti e con ingenuità.. il politico britannico che accusa Israele di genocidio, un cartone animato che mostra Ariel Sharon mangiare i bambini palestinesi, il presidente egiziano che chiama gli Ebrei sub-umani, il giornale svedese che sostiene che Israele uccide i palestinesi per rubare i loro organi…”

E sionismo, Israele, sionisti, israeliani sono i termini che hanno preso il posto dell’inaccettabile “Ebrei”: “Gli ebrei vogliono conquistare il mondo.” No. “Israele vuole conquistare il Medio Oriente.” Va bene. “Gli ebrei usano il sangue dei bambini a Pesah per impastare il pane azzimo.” No. “Israele deliberatamente uccide bambini palestinesi”. Va bene.

Ariel Sharon visto da Latuff

Continua Rubin:

“Le categorie [di demonizzazione] includono, ma non si esauriscono, la falsificazione di fotografie e di fabbricazione di eventi; la distorsione della storia, la creazione di citazioni false; la pubblicazione di un numero sproporzionato di libri e articoli anti-israeliani; l’indottrinamento nelle scuole; il rifiuto del punto di vista comune israeliano e la travolgente enfasi di quello radicale, critico; l’eccessiva credibilità accordata alle fonti ostili, anche in merito a storie bizzarre (una per tutte, il falsa massacro a Jenin sulla base di un singolo informatore misterioso). Vi è anche la creazione di nuove categorie di “peccato” appositamente progettate come parte della campagna anti-israeliana e applicate solo a Israele, ad esempio il “pinkwashing” (il maltrattamento dei gay in un paese che è fra i più aperti al mondo) o quella della forza sproporzionata in tempo di guerra. A parte le ossessioni e il doppio standard è il desiderio, l’odio incontrollabile, la voglia di auto-giustizia, il disinteresse per l’equità e l’equilibrio, e la passione che mostra l’agenda nascosta di coloro che sono coinvolti. Essi sono indifferenti ai crimini di guerra reale, all’intolleranza e all’oppressione di tutti gli altri paesi del mondo…”

E l’uso del web ha di molto facilitato il diffondersi delle teorie demonizzatorie. Scrive Robert S. Wistrich:

“Non sempre la negazione della Shoah, il relativismo e l’inversione della realtà sono motivati da antisemitismo o dall’odio per Israele. Tuttavia questo è diventato un motivo centrale tra i negazionisti, soprattutto negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Australia, nonché in Francia, Romania, Austria e Germania. Un pioniere nello sfruttare il World Wide Web per questo scopo è stato il tedesco di origine canadese Ernst Zündel, un uomo di spettacolo incallito che, un tempo, gestiva un impero mini-multimediale a Toronto. Anche se alla fine estradato e incriminato in Germania, Zündel è stato in grado per vari decenni di promuoversi come eroico guerriero contro quella che ha definito “la menzogna del secolo.” Egli ha cercato di giustificare apertamente Hitler e i nazisti, presentandoli come diffamati da gli ebrei. Internet gli ha fornito (a lui e ad altri negazionisti) un modo efficace per aggirare la legislazione europea, progettata per punire propaganda neo-nazista e negazionisti. Circa venti anni fa, l’Istituto per la Historical Review con sede in California ha anche sviluppato i propri siti web per promuovere l’idea che la Shoah fosse stata una finzione “sionista”. Uno dei collaboratori americani più attivi dell’istituto nel 1990 è stato il libertario Bradley Smith, che ha sfruttato il Web come un prolungamento del suo “Progetto Campus” per promuovere la negazione della Shoah come storia “revisionista” presso college e università americane. Con la scusa di difendere il pluralismo e la libertà di parola, il suo obiettivo era quello di legittimare la negazione come una parte autentica di studio della Shoah. Le “verità” dei negazionisti sono, naturalmente, invenzioni pure che ignorano l’enorme massa di prove che va contro le loro conclusioni. I negazionisti di destra sono di solito impegnati a riabilitare il nazismo, il fascismo o la supremazia bianca razzista – uno sforzo in cui l’antisemitismo (mascherato da “antisionismo”) gioca un ruolo cruciale. Per i negazionisti di sinistra, l’odio per Israele è spesso il motivo più convincente. Ma è una prospettiva che coinvolge quasi inevitabilmente qualche variante della teoria di una cospirazione ebraica”.

Perché la società moderna ha ancora bisogno del Diavolo?

(Grazie a Cifwatch)

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Il terrorismo in una mostra a Parigi

Basta con l’incitazione all’odio! Basta con i messaggi razzisti sul web! Stop all’antisemitismo! Sono appelli che leggiamo ovunque. In un discorso pronunciato il 5 novembre  2012, davanti all’Assemblea generale dell’Onu, il relatore speciale per le forme contemporanee di razzismo e di xenofobia, Mutuma Ruteere, ha deplorato l’aumento del razzismo su internet a livello mondiale. “Il numero di incidenti implicanti violenze e crimini a carattere razzista, perpetrati sotto l’influenza di una propaganda incitante all’odio su internet, è in aumento, malgrado l’adozione di misure positive…”

Dopo la strage compiuta da Mohammed Merah alla scuola Ozar Ha Torah di Toulouse, la Francia si interrogava: siamo di fronte a una recrudescenza di antisemitismo? Come deve reagire il governo?

Che i “discorsi d’odio” non sono innocui lo sappiamo tutti, ci sono esempi sanguinosi nella storia recente. Conosciamo il ruolo che le trasmissioni della radio “Le mille colline” in Kenya e Rwanda, hanno avuto nell’incoraggiare al genocidio. Sappiamo quanto, nei paesi arabi, i sermoni di alcuni imam abbiano contribuito agli scoppi di odio etnico e settario. Le piattaforme sociali come Youtube o Facebook invitano a segnalare post, pagine e video dai contenuti che “incitano all’odio”.

Il 30 gennaio scorso, la commissione Giustizia del Senato belga ha approvato un progetto di legge che rende punibile l’incitazione indiretta al terrorismo, il recrutamento e l’addestramento di terroristi. Adottando in questo modo nella sua legislazione nazionale una decisione-quadro europea.

Ma allora, come giudicare il museo di Parigi, sovvenzionato dal governo francese, che ha inaugurato una mostra di foto di shahid (attentatori suicidi) palestinesi, che il museo chiama “combattenti per la libertà”?

una delle foto esposte

La mostra di 68 fotografie si intitola “Morte”, di Ahlam Shibli, inaugurata il 28 maggio al Jeu de Paume, museo di arte contemporanea di Parigi. Il sito web del museo descrive i kamikaze come “coloro che hanno perso la vita nella lotta contro l’occupazione”, e la mostra come “sforzo della società palestinese, per preservare la loro presenza.” Secondo il CRIF, l’associazione delle comunità ebraiche francesi, le foto commemorano appartenenti “alle Brigate dei Martiri di al-Aqsa ‘, alle Brigate Izz ad-Din al-Qassam [di Hamas] e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. “Tutti e tre sono designati dall’Unione Europea come gruppi terroristici”.

In una delle foto appare Osama Buchkar, un operativo FPLP che ha ucciso tre persone e ne ha ferite 59 in un attacco terroristico compiuto in un mercato all’aperto a Netanya, il 19 maggio 2002. La didascalia della sua immagine dice che “ha commesso una missione martire a Netanya.”

In una lettera al ministro della Cultura e delle Comunicazioni di Francia, Aurélie Filippetti, il Presidente del CRIF, Roger Cukierman, ha definito “particolarmente deplorevole e inaccettabile una mostra che giustifica il terrorismo, nel cuore di Parigi.

Come si concilia questa iniziativa con la lotta al terrorismo nella quale la Francia si dichiara impegnata? Una mostra del genere non fa parte di quell’incitamento all’odio, condannato unanimamente da tutti i paesi europei?

una foto della mostra

Mickey Mouse al veleno

La televisione si chiama “Al Aqsa TV”; è quella di Hamas. La ricorrenza è il sesto anniversario della trasmissione “Pionieri di domani“, un programmo destinato ai bambini, inaugurato nell’aprile 2007. I personaggi principali del programma sono Farfur, un Mickey Mouse in salsa terrorista, e Saraa, una ragazzina. Il programma insegna ai bambini di Gaza a pregare , spiega i benefici del consumare latte ogni giorno e propaga l’odio per Israele e gli Stati Uniti, nonché la necessità e i meriti della jihad.

Farfur parla di Israele come “l’occupazione sionista di fronte alla quale i bambini di Gaza devono sollevarsi”

“Oh Gerusalemme, stiamo arrivando. Oh Gerusalemme, è il momento della morte. Oh Gerusalemme, non ci arrenderemo mai di fronte al nemico, e non saremo mai umiliati. E’ la nostra amata Palestina che ci insegna come dobbiamo essere. E’ lei che ci insegna a essere soldati del Signore».

Le genti sono salde, mentre cantano questo per voi…. La loro risposta è un AK-47. Noi che non conosciamo la paura, siamo i predatori della foresta”, Farfur canta cosi’, mentre mima il lancio di una granata e lo sparo di un fucile. La trasmissione non passo’ inosservata e fu ritirata dai palinsesti, lasciando il posto a nuovi programmi.

Ma come separarsi da Farfur? Non poteva essere in modo banale! Ecco allora che nella sua ultima apparizione, questo Mickey Mouse avvelenato diventa martire. Alla fine dell’ultima trasmissione, Saraa, la “spare partner” di Farfur annuncia:

“Si’ miei cari bambini, abbiamo perduto il nostro caro amico Farfur. Farfur è morto da martire, difendendo la sua terra, la terra dei suoi antenati e dei suoi padri. E’ stato ucciso per mano dei criminali, degli assassini, assassini di bambini innocenti. Gli stessi che hanno ucciso Iman Hijo, Muhammad Al-Dura, e tanti altri. “

E quindi: come insegnare ai vostri bambini a ammazzare gli Ebrei in modo ludico!

Articolo originale QUI

Signori razzisti: la Legge è servita

Com’era uno dei più famosi slogan nazisti? “Comprate ariano”, “Non comprate dagli Ebrei”. Il boicottaggio dei prodotti israeliani ha la stessa, violenta valenza. Solo i prodotti degli Ebrei sono “contaminati”, non quelli che provengono dalle più feroci dittature del mondo. Solo i prodotti degli Ebrei sono “macchiati di sangue”, secondo un macabro slogan in voga.

A parte il fatto che boicottare i prodotti ortofrutticoli israeliani è un’idiozia che toglie il lavoro a centinaia di palestinesi impiegati proprio nelle “famigerate colonie”, ( il 14,2% degli occupati, nel 2010) ben contenti di guadagnare il doppio di quello che guadagnerebbero lavorando nei Territori della West Bank, in regola e con gli stessi, identici diritti dei lavoratori ebrei, con la cultura come la mettiamo? Troupe di ballo, musicisti, scrittori…

Ora finalmente si comincia a chiamare il boicottaggio per quello che è: razzismo. E non sono agitatori pro-israeliani a farlo, ma sentenze di Tribunali. Nel 2009, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso una sanzione nei confronti di un eletto francese del Nord,  ricordando che “boicottare: è incoraggiare un atto discriminatorio.” La Corte rileva che l’interferenza con la libertà di espressione del richiedente è prevista dalla legge, perché si basa sugli articoli 23 e 24 della legge 1881 sulla stampa ed è motivata da una finalità legittima: proteggere i diritti dei produttori israeliani. La Corte rileva inoltre che, secondo il diritto francese, il ricorrente non si puo’ sostituire ai funzionari del governo, dichiarando il boicottaggio dei prodotti di una nazione straniera (…)

Violenza e razzismo negli inviti al boicottaggio

…Un cittadino o gruppo di cittadini non può sostituire una autorità di governo democratico, utilizzando mezzi di intimidazione e cercando di imporre il proprio punto di vista sulla società. Questo approccio è in contrasto con il diritto francese, europeo e in particolare con un valore democratico fondamentale: la rappresentanza del popolo attraverso la loro eletti.

Comunicato di Marc e Julien Bensimhon, avvocati presso la Corte, su questo argomento:

La lotta contro il razzismo e l’antisemitismo è stata ribadita dal Consiglio Costituzionale, a seguito di una denuncia penale, presentata dal National Bureau di vigilanza contro l’antisemitismo (BNVCA, presieduto da Mr. Sammy Ghozlan) nel contesto delle chiamate al boicottaggio delle merci israeliane.

In maniera dilatoria, gruppi filo-palestinesi che commettono questi crimini di incitamento all’odio razziale, distruggendo in ipermercati prodotti israeliani e diffondendo su Internet slogan come: “Questi prodotti provenienti da Israele, li getto per terra, puzzano di odio, puzzano di sangue. Vogliamo isolare lo stato terrorista. ASSUSS Israele! ” hanno cercato di fermare tutti i procedimenti contro di loro, prima che il tribunale penale di Francia agisse… cercando di indebolire l’arsenale giudiziario per combattere i reati xenofobi o razzisti.

Il BNVCA, attraverso i suoi avvocati, Mark Maint e Julien BENSIMHON ,  dinanzi al Consiglio costituzionale del 2 aprile 2013, ha protestato contro un simile tentativo. Intervenuti a fianco del BNVCA, la LICRA, il MRAP e SOS Razzismo. A seguito di questa audizione, il Consiglio costituzionale, la più alta corte di Francia, ha confermato, nella sua decisione del 12 aprile 2013, la legislazione in vigore, incaricata di combattere i reati di stampo razzista e xenofobo.  

In effetti, il Consiglio costituzionale ritiene che il termine di prescrizione di un anno ai sensi dell’articolo 65-3 della legge del 29 luglio 1881 sulla libertà di stampa (invece di 3 mesi), per l’accusa e condanna dei colpevoli di incitamento all’odio razziale, è perfettamente giustificata e proporzionata alla gravità di questi reati. L’affermazione di tale termine di prescrizione di un anno consentirà alle associazioni per la lotta contro il razzismo e alle autorità della comunità di combattere con forza ogni forma di razzismo di ogni tipo come crimini contro l’umanità, quali  diffamazione e insulti razziali e incitamento all’odio razziale. Cosi’, l’istituzione di protezione della nostra costituzione permette agli attivisti anti-razzismo di continuare la loro lotta contro chi nega la pari dignità di ogni essere umano.

La legge è servita, cari razzisti.

Il Kotel, l’ISM e la Ford Foundation…

Come sappiamo, le organizzazioni che si auto-definiscono “pacifiste” spesso sono tutto meno quello che la definizione lascerebbe sperare.  “Nascoste” dal termine magico, in realtà possono diventare vere e proprie “armi” di distrazione di massa. In un articolo apparso sul loro sito ufficiale in francese, l’ISM riporta di oscure macchinazioni ebree atte a “impossessarsi dell’ultimo settore restante del Muro Al Buraq, che loro chiamano Kotel, o Muro del Pianto”.

Anche se potrebbe sembrare ridicolo (e lo è infatti), il tentativo di far passare il Kotel per “diritto unico palestinese” è annoso. Il ministro dell’Autorità Palestinese per gli affari religiosi, Mahmoud Al-Habbash, ha recentemente dichiarato che tutta Gerusalemme e il Muro Occidentale sono “diritto unico dei palestinesi.” A sostegno di questo, non si è vergognato di affermare che “nessuna persona oltre i musulmani ha mai usato [il Muro Occidentale] come luogo di culto, durante tutta la storia, fino alla Dichiarazione Balfour, nel 1917.”  QUI

Fu il Gran Mufti’ di Gerusalemme, quel tristemente noto Hajj Amin, collaboratore e estimatore di Hitler, che diede il via alla leggenda del Kotel mai stato legato alla trdizione ebraica ed a incoraggiare sanguinosi scontri; Arafat continuo’ sulla stessa linea:

“Chi abbandona un solo centimetro di Gerusalemme non è né un arabo né un musulmano” (Voice of Palestine, Algiers, Settembre 2, 1993)

seguito a ruota da esponenti islamisti e dal mufti’  Ikrema Sabri:

“Non c’è mai stato un tempio ebraico ad Al-Aqsa [la Spianata delle moschee] e non vi è alcuna prova che ci sia mai stato un tempio” Mike Seid, “Western Wall was never part of temple,” (Jerusalem Post, Ottobre 25, 2007). QUI

I musulmani palestinesi rivendicano il diritto al Kotel perché secondo la tradizione, Muhammed ci lego’ l’asino Al Buraq, prima di prendere il volo per la Mecca. Se da una parte puo’ far sorridere, il fatto che sia una Ong, ufficialmente impegnata nella pace, a sostenerlo e alimentare la polemica, inquieta. Nel suo articolo, ISM parla di “tentativo di giudaizzazione di Gerusalemme” (!) avvalorando cosi’ le tesi islamiste più estreme  che sostengono Gerusalemme (e tutto Israele) proprietà assoluta musulmana.

il Gran Mufti’ di Gerusalemme, Hajj Amin, zio di Arafat

Cio’ che l’ISM chiama “espansione e tentativo di giudeizzazione” sono i lavori di scavi archeologici, che già nel 1864 i ricercatori britannici Charles Wilson e Charles Warren avevano suggerito, per riuscire a determinare   l’estensione totale del Kotel. Gli scavi veri e propri sono cominciati dopo la Guerra dei Sei Giorni ed hanno richiesto anni di lavoro, sotto la stretta supervisione di esperti nel campo dell’ingegneria strutturale. I lavori hanno portato alla luce importantissime testimonianze archeologiche, come una cisterna dell’acqua, datata a 3000 anni fa, nel periodo del Primo Tempio.

Al momento gli scavi sono prossimi a terminare. Ma quello che resta invece come un interrogativo più pesante delle rocce di Gerusalemme è: perché una Ong “non violenta e pacifista” avvalora certe tesi che già in passato sono state causa di morte e divisione? E allora diamo un’occhiata a questo ISM, chi sono? L’International Solidarity Movement (ISM) è una rete di attivisti anti-israeliani,  fondata nell’estate del 2001 da un gruppo di giovani di sinistra estrema Americani, ai quali si sono poi aggiunti attivisti palestinesi (soprattutto cristiani) e gruppi filo-palestinesi israeliani. I fondatori reclutano volontari provenienti da diversi Paesi occidentali, alcuni dei quali ebrei, su un programma di ostilità verso Israele e le sue politiche nei confronti dei palestinesi. L’International Solidarity Movement (ISM), ha ospitato terroristi noti e sostiene apertamente la violenza e la distruzione di Israele.

Al portavoce ISM, Raphael Cohen, è stato chiesto in una conferenza stampa nel maggio 2003 di definire “l’occupazione”. La sua risposta: “La presenza sionista in Palestina” (David Bedein “unità di supporto per il terrore,” Jerusalem Post, 25 giugno 2003.)

attivisti ISM in una foto ricordo con alcuni terroristi

Quando gli viene chiesto di esprimere la sua visione di pace, risponde, “una soluzione di stato unico”, intendendo la creazione di uno stato palestinese al posto di Israele. Sul sito ISM, la directory di Internet si chiama “traveltopalestine”. Il loro sito colloca anche l’aeroporto Ben Gurion in “Palestina”. Esso comprende un pacchetto di informazioni per i volontari che include una guida del paese “Palestina”. La guida elenca l’estensione della “Palestina” come “26.323 km2 = 10.162 miles2” – la dimensione cioè di tutto lo Stato di Israele, più la Cisgiordania e Gaza. La guida descrive i confini geografici della “Palestina”, compresi dal Giordano al Mar Mediterraneo, dal Libano ad Aqaba, cioè, ancora una volta incorporando tutto Israele.

Attiviste ISM “travestite” da ortodosse ebree

L’ISM non nasconde il suo incitamento alla violenza. Il suo sito web afferma che riconosce “il diritto palestinese a resistere alla violenza israeliana e l’occupazione tramite legittima lotta armata”. Cohen ammette che, il 25 aprile 2003, ospito’ un gruppo di 15 persone nel suo appartamento. Inclusi in questo gruppo erano Mohammad Asif Hanif e Omar Khan Sharif, cittadini britannici. In seguito parteciparono anche a varie attività programmate dall’ ISM.

Cinque giorni dopo, i due eseguirono un attentato suicida in un pub popolare, accanto all’ambasciata americana a Tel Aviv, frequentato da personale dell’ambasciata. Hanif e Sharif erano entrati in Israele con il pretesto di essere “attivisti per la pace” e fare “turismo alternativo” – forse un riferimento al precursore dell’ISM, il “Gruppo turistico alternativo” (Andrew Friedman, “I Partigiani “neutrali “,” The Review, luglio 2003). ISM nega la responsabilità delle azioni dei kamikaze britannici.

Il 27 marzo 2003, l’ISM è stato sorpreso dare rifugio al terrorista della Jihad Islamica, Shadi Sukiya. Sukiya fu arrestato dall’esercito israeliano negli uffici ISM, dove fu trovata una pistola; due attivisti ISM stranieri, tra cui l’americana Susan Barclay, aiutarono Sukiya a nascondersi. Ms. Barclay cerco’ di impedire ai soldati dell’IDF di entrare negli uffici ISM, sapendo che c’era Sukia (Leslie Susser, “Israele: L’IDF contro l’ISM,” The Jerusalem Report, 13 giugno 2003), “Senior della Jihad islamica, terrorista arrestato mentre si nasconde negli uffici del Movimento Internazionale di Solidarietà a Jenin, “Ministero degli Esteri israeliano, March 27, 2003).

Il sito web ISM istruisce i propri volontari su come evitare i controlli di sicurezza israeliani. Ad esempio, ai suoi membri viene detto di mentire sulla loro affiliazione con ISM e la loro intenzione di visitare i territori. ISM istruisce anche i suoi affiliati a rimanere in contatto con gli attivisti locali, compresi capi di organizzazioni terroristiche come Hamas, Fatah e Jihad islamica, che considera “gruppi di resistenza.” Mentre il Movimento di Solidarietà Internazionale afferma di essere un’organizzazione umanitaria dedicata ai principi della resistenza non violenta, non ha dimostrato alcun interesse di pace verso gli israeliani. Come minimo, ISM ha agito come apologeta del terrorismo e, a volte, complice attivo dei terroristi. QUI e QUI

ISM fa parte di quella rete di Ong finanziate dalla Ford Foundation, cosi’ come moltissime delle Ong anti-israeliane che si auto definiscono “non violente e pacifiste”.  E cos’è la Ford Foundation?

Ford insignito della Croce dell’Aquila Germanica hitleriana, con Karl Kapp e Fritz Hailer

La Fondazione Ford (FF) è uno dei principali finanziatori di numerosi gruppi palestinesi ed israeliani, coinvolti nel delegittimare e demonizzare Israele, compresi i gruppi come LAW che trasformo’ la Conferenza delle Nazioni Unite contro il razzismo a Durban in un festival di odio antisemita.  Attraverso il suo ufficio del Cairo, Ford ha erogato più di 35 milioni di dollari in sovvenzioni a favore di 272 organizzazioni arabe e palestinesi solo nel corso del biennio 2000-2001 – gli anni più recenti per i quali sono disponibili i dati – oltre a 62 borse di studio a persone che ammontano a più di $ 1,4 milioni. ”

Le ONG palestinesi che ricevono sovvenzioni dal governo degli Stati Uniti d’America devono firmare un impegno che la loro organizzazione non si impegnerà nel supporto di attività terroristiche. La Fondazione Ford non ha bisogno di questo impegno e molte delle organizzazioni che finanzia hanno dichiarato che si sarebbero rifiutate comunque di firmare un tale impegno. I finanziamenti della Fondazione Ford  servono a:

* Organizzare boicottaggi contro Israele e il boicottaggio delle imprese americane che operano in Israele.

* Finanziare l’ISM

* Creare un sito Web dedicato a “mobilitare l’azione mondiale contro Israele e il sionismo”.

Del resto Ford è ben conosciuto per le sue ossessioni anti ebraiche e di appoggio al nazismo. Durante la prima guerra mondiale, Ford scrisse una serie di articoli ferocemente antisemiti  per “The Independent Dearborn”, che poi pubblico’ in forma di libro contro gli ebrei chiamato “The International Jew: The world’s foremost problem”, nel quale addossava agli ebrei la colpa per tutti i problemi del mondo. L’International Jew è ancora oggi ristampato, utilizzato e molto ammirato da neonazisti e suprematisti bianchi .

Nei primi anni 1920, questo libro fu pubblicato in Germania con il titolo L’Ebreo Eterno. Come riferito, ebbe una grande influenza su Adolf Hitler, che quasi certamente ne copio’ alcune per il suo Mein Kampf. L’ammirazione era reciproca. A seguito dell’ascesa di Hitler al potere, Ford  gli invio’ 50.000 marchi ogni anno, il giorno del suo compleanno.

E la storia continua…. Oggi la Fondazione Ford continua nel solco della tradizione, tracciato dal suo fondatore.

Prestami il tuo braccio

Quando la mistificazione non si fa scrupolo di utilizzare morti per attizzare l’odio. Oggi il web è stato inondato da una foto spacciata come quella di Abu Maysara Hamdiya, un prigioniero palestinese, morto questa settimana in un carcere israeliano, la morte del quale è stata presa a pretesto per scatenare una nuova ondata di violenze nella West Bank.

Hamdiya soffriva di cancro, e l’accusa è che egli non abbia ricevuto le cure mediche di cui aveva bisogno. La foto lo mostra ammanettato a un letto di ospedale e insinua che gli fossero stati inflitti trattamenti crudeli, inumani durante la sua pena detentiva.

 

La foto che gira sul web

Il portavoce israeliano del Prison Service, Sivan Weizman, ha spiegato che  erano state prese tutte le precauzioni necessarie per la salute di Abu Hamdiya, tra le quali il trasferimento in un carcere più vicino a strutture ospedaliere. Ricordiamo che Hamdiya in effetti è morto nell’ospedale di Bersheeva e non in carcere. Hamdiyah scontava l’ergastolo per omicidio, appartenenza a Hamas e possesso di armi.  Nella didascalia alla foto sopra si legge: “prigioniero, comandante e jihadista”, insieme a una foto di Abu Maysara Hamdiya. L’immagine implica che Abu Hamdiya fosse ammanettato ad un letto d’ospedale. In realtà, il braccio nella foto sopra è una porzione ritagliata di una foto scattata in Siria, di un ribelle in ospedale. La foto è stata originariamente pubblicata l’8 dicembre 2012.

la foto originale; quel braccio appartiene a quest’uomo

Visto come è facile dare una mano (o un braccio) all’odio?

Articolo originale QUI Grazie a Cristina per la segnalazione!

Chi sono i “giudici” di Israele?

Il 31 gennaio 2013, è stato reso noto un rapporto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha chiesto a Israele di fermare la costruzione di nuovi insediamenti in West Bank. Secondo lo studio, pubblicato il 31 gennaio a Ginevra, “i diritti dei palestinesi sono violati in maniera sistematica in ragione dell’esistenza delle colonie”. “Israele deve, secondo l’articolo 49 della quarta convenzione di Ginevra, interrompere tutte le attività negli insediamenti senza condizioni e cominciare a ritirarsi dai territori occupati palestinesi” si legge nell’inchiesta condotta dal giudice Christine Chanet.

Pakistan

Ancora una volta il dito dell’Onu si punta contro Israele. Come in quella assemblea Onu che il 10 novembre 1975 aveva adottato la risoluzione 3379 con la quale asseriva che “il sionismo è una forma di razzismo e di discriminazione razziale”. Allora fu Chaim Herzog a rispondere con un discorso che passo’ alla storia:

“Per noi, popolo ebraico, questa risoluzione è fondata sull’odio, sulla falsità e sull’arroganza ed è priva di qualunque valore morale o legale. Per noi, popolo ebraico, questo non è altro che un pezzo di carta e noi lo tratteremo così”.

Pronunciando queste parole Herzog strappò in due il foglio della risoluzione davanti all’Assemblea dell’Onu. La risoluzione “sionismo uguale razzismo” venne cancellata dalla stessa Assemblea Generale il 16 dicembre 1991.

India

Siamo abituati a sentir parlare dell’Onu e delle sue risoluzioni contro Israele; abbiamo metabolizzato il fatto che l’Assemblea Generale sia un organismo super partes garante dei Diritti dell’Uomo, delle libertà civili, religiose e politiche di tutti i cittadini del mondo. Ma chi siede nell’Assemblea Generale dell’Onu, lo sappiamo? Eccoli:

Afghanistan, Albania, Algeria, Andorra, Angola, Antigua e Barbuda, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Bahamas, Bahrain, Bangladesh,  Barbados, Bielorussia, Belgio, Belize, Benin, Bhutan,Bolivia, Bosnia Herzegovina, Botswana,Brasile, Brunei- Dar-essalam, Bulgaria, Burkina Faso, Burundi, Cambogia, Camerun, Canada, Capo Verde, Repubblica Centro Africana, Ciad, Cile, Cina, Colombia, Comore, Congo, Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Cuba, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Gibuti, Dominica, Ecuador, Egitto,  El Salvador, Guinea, Eritrea, Estonia, Etiopia, Fiji, Finlandia, Francia, Gabon, Gambia, Georgia, Germania, Ghana, Grecia, Grenada, Guatemala, Guinea, Guinea-Bissau, Guyana, Haiti, Honduras, Ungheria, Iceland, India, Indonesia,  Iran, Iraq, Irlanda, Israele, Italia, Jamaica,  Giappone, Giordania, Kazakhstan, Kenya, Kiribati,  Korea, Kuwait, Kyrgyzistan, Laos, Latvia, Libano, Lesotho, Liberia, Libia, Liechtenstein, Lithuania, Luxembourgo, Macedonia, Madagascar, Malawi, Malaysia, Mali, Malta, Marshall, Mauritania, Mauritius, Mexico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Marocco, Mozambico, Myanmar, Namibia, Nauru, Nepal, Olanda, Nuova Zelanda, Nicaragua, Niger, Nigeria, Norvegia, Oman, Pakistan, Palau, Panama, Papua Nuova Guinea, Paraguay, Peru, Filippine, Polonia, Portogallo, Qatar, Romania, Russia, Rwanda, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadines, Samoa, San Marino, Sao Tome e Principe, Saudi Arabia, Senegal, Serbia, Seychelles, Sierra Leone, Singapore, Slovacchia, Slovenia, Solomon Islands, Somalia, Sud Africa, Sud Sudan, Spagna, Sri Lanka, Sudan, Suriname, Swaziland, Svezia, Svizzera, Siria, Tajikistan, Tanzania, Thailandia, Timor-Leste, Togo, Tonga, Trinidad eTobago, Tunisia, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Uganda, Ukraina, Emirati Arabi, Gran Bretagna, America,  Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela, Viet Nam, Yemen, Zambia, Zimbabwe.

Turchia

Ecco, questi sono i paesi che giudicano e accusano Israele. Li vogliamo vedere un po’ più da vicino? Vogliamo vedere a che punto sono le libertà e i diritti umani in questi Paesi cosi’ intransigenti con Israele, cosi’ preoccupati della mancanza di diritti dei Palestinesi?

Afghanistan: corruzione, abuso di potere da parte della polizia, torture, stutture di detenzione segrete, femminicidi impuniti, matrimoni forzati di bambine, avviamento delle stesse alla protistuzione. La Shari’a prevede il reato di apostasia, punito con la morte.

il dramma delle “spose bambine” in Afghanistan

 Algeria: Assenza di libertà d’informazione, negazione di qualsiasi forma di opposizione, sparizioni forzate, rifiuto dell’abolizione della pena di morte.  Angola: violazioni dei diritti umani, tra cui uso eccessivo della forza ed esecuzioni extragiudiziali. Assenza di libertà di stampa nessuna collaborazione con Amnesty International. Antigua , corruzione, brogli elettorali, processi farsa. Argentina: Su 1464 imputati, accusati delle sparizioni dei desaparecidos, tra militari e civili, appena 75 hanno già avuto una sentenza, con 68 condanne e 7 assoluzioni. Sono appena 23 i processi per violazioni dei diritti umani arrivati a sentenza in Argentina. Azerbaijan: Assenza di libertà di espressione, diritti umani violati sistematicamente. Bahrein: Violazione sistematica dei diritti umani, dei diritti delle donne, l’applicazione della Shari’a prevede anche la pena di morte per blasfemia.

Bangladesh: uccisione dei sostenitori dei diritti umani, torture, arresti arbitrari, impossibilità di libertà di stampa. La Shari’a prevede l’arresto per blasfemia. Barbados: le uccisioni di gay, lesbiche e transgender sono cosi’ comuni da non essere nemmeno più riportate dagli organi di stampa. In Bielorussia gli oppositori al governo sono incarcerati, maltrattati e subiscono processi iniqui. Benin: detenzioni arbitrarie, situazione carceraria disastrosa, uso eccessivo della forza da parte della polizia. Bhutan: violazioni sistematiche contro le minoranze religiose e etniche; vietato il proselitismo, la pubblicazione di bibbie, la costruzione di scuole cristiane e l’ingresso ai religiosi. Continue accuse di violazione dei diritti umani, soprattutto contro dissidenti politici e minoranze etniche. Bolivia: A rischio l’indipendenza della magistratura, aumento del numero di aborti clandestini e gravidanze tra le adolescenti. Burkina Faso: situazione disastrosa dei diritti delle donne: aborti clandestini, mutilazioni genitali (70% delle bambine),  matrimoni forzati. Assenza di libertà di stampa. Burundi: rapimenti, stupri, bambini soldato, libertà di espressione negata.

Sono solo alcuni dei “giudici” di Israele che siedono all’Onu. Violazioni dei diritti umani, mancanza di libertà di espressione, violazione dei diritti delle donne e dei bambini, pena di morte, persecuzione delle minoranze etniche e religiose, persecuzione di gay e lesbiche, torture ripetute e sistematiche, situazioni carcerarie allucinanti, apostasia e blasfemia puniti con la morte, giustizia amministrata dalla Shari’a… e cosi’ via. Questi sono i Paesi che quando siedono all’Assemblea dell’Onu eleggono quel Bashar El Assad che sta macellando il suo stesso popolo nella Commissione Diritti Umani e prima di lui avevano eletto Muhammar Gheddafi allo stesso incarico. Gli stessi Paesi che hanno permesso al presidente sudanese Omar El Bashir, accusato di genocidio, di richiedere un seggio alla stessa Commissione.

Matrimonio di massa di appartenenti a Hamas, Gaza

“Lo specchio si groria forte tenendo dentro a sé specchiata la regina e, partita quella, lo specchio riman vile.” (Leonardo da Vinci)

Come diffamare un’intera nazione: calunniare un celebre scrittore che non può più difendersi

Ogni anno, all’avvicinarsi della Giornata della Memoria, il 27 gennaio, il web sembra impazzire, intasato da milioni di commenti anti ebraici, di false citazioni, di accuse degne della Spagna del XV° secolo. In quell’occasione i parallelismi tra i nazisti e lo Stato d’israele toccano il parossismo.

Uno dei mezzi più “eleganti” utilizzati il 27 gennaio, è mettere in bocca a personaggi illustri, meglio se Ebrei, ancora meglio se morti, frasi che confermano l’accostamento Ebrei ieri/Palestinesi oggi. La memoria di Primo Levi ne ha fatto le spese. A lui è stata attribuita la falsa citazione “Ognuno è l’Ebreo di qualcun altro; oggi i Palestinesi sono gli Ebrei degli Israeliani”. Questa bugia l’abbiamo vista ripetersi e ripetersi in tutte le pagine pro palestinesi, “pacifiste”, cattoliche terzo-mondiste…. Eppure la verifica sarebbe stata facile, il libro nel quale sarebbe pronunciata la fatidica frase esiste, non è affatto arduo consultarlo, eppure….

Pubblichiamo una nota di Vanni Frediani in proposito, scritta il 3 febbraio 2011:

Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987)

Premessa.

Da ‘Se non ora, quando?’, di Primo Levi – Einaudi

«Mendel trovò parole scarabocchiate col carbone su una parete, e chiamò Edek perché le decifrasse.

– Sono tre versi di un nostro poeta, – disse Edek. – Dicono così:

Maria, non partorire in Polonia, Se non vuoi vedere tuo figlio Inchiodato alla croce appena nato.

– Quando li ha scritti, questo poeta? – chiese Gedale.

– Non lo so. Ma per il mio paese, qualunque secolo sarebbe stato buono.

Mendel taceva, e si sentiva invadere da pensieri smisurati e confusi. Non noi soltanto. Il mare del dolore non ha sponde, non ha fondo, nessuno lo può scandagliare. Eccoli qui, i polacchi, i fanatici della Croce, quelli che hanno accoltellato i nostri padri, e hanno invaso la Russia per soffocare la rivoluzione. E anche Edek è polacco. E adesso muoiono come noi, insieme con noi. Hanno pagato, non sei contento? No, non sono contento, il debito non si è ridotto, è cresciuto, nessuno lo potrà pagare più. Vorrei che non morisse più nessuno. Neppure i tedeschi? Non lo so. Ci penserò dopo, quando tutto sarà finito. Forse ammazzare i tedeschi è come quando il chirurgo fa un’operazione: tagliare un braccio è orribile, ma va fatto e si fa. Che la guerra finisca, Signore a cui non credo. Se ci sei, fa’ finire la guerra. Presto e dappertutto. Hitler è già vinto, questi morti non servono più a nessuno.

Accanto a lui, in piedi come lui nell’erica sporca di sangue e fradicia di pioggia, Edek terreo in viso lo stava guardando.- Preghi, ebreo? – gli chiese:

ma in bocca a Edek la parola “ebreo” non aveva veleno. Perché? Perché ognuno è l’ebreo di qualcuno, perché i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi. Perché Edek è un uomo mite che ha imparato a combattere; ha scelto come me ed è mio fratello, anche se lui è polacco e ha studiato, e io sono un russo di villaggio e un orologiaio ebreo. Mendel non rispose alla domanda di Edek, e Edek continuò: – Dovresti. Dovrei anch’io, e non sono più capace. Non credo che serva, né a me né ad altri. Forse tu vivrai ed io morrò, e allora racconta quello che hai visto sui monti della Santa Croce. Cerca di capire, racconta e cerca di far capire. Questi che sono morti con noi sono russi, ma sono russi anche quelli che ci strappano il fucile dalle mani. Racconta, tu che aspetti ancora il Messia; forse verrà per voi, ma per i polacchi è venuto invano.

Sembrava proprio che Edek rispondesse alle domande che Mendel poneva a se stesso, che gli leggesse nel fondo del cervello, nel letto segreto dove nascono i pensieri.

Ma non è così strano, pensò Mendel; due buoni orologi segnano la stessa ora, anche se sono di marche diverse. Basta che partano insieme.»

Istruzioni per riscrive la storia in quattro semplici passi:

1) Prendere la frase che recita: «ognuno è l’ebreo di qualcuno, perchè i polacchi sono gli ebrei dei tedeschi e dei russi».

2) Riscriverla nel seguente modo: «ognuno è ebreo di qualcuno, oggi i Palestinesi sono gli Ebrei di Israele».

3) Attribuire la frase così paradossalmente trasformata ad un’intervista a “La Stampa” che sarebbe stata rilasciata da Primo Levi in un imprecisato giorno del 1969.

4) Aspettare il poco tempo necessario affinché si diffonda a macchia d’olio scivolando sull’istintiva e ossessiva avversione a Israele.

Risultato:

L’effetto del clamore e del paradosso si trasforma magicamente in fatto assodato, ovvietà notoria, conoscenza condivisa, luogo comune. L’uomo che morde cane diventa regola universale: gli uomini mordono i cani, si sa. Una leggenda metropolitana entra così a far parte a pieno titolo del senso comune.

Questa frase, in particolare, viene roteata come una clava per zittire chi osi solamente dubitare delle proporzioni che intercorrono realmente tra gli effetti di un genocidio e quelli di un conflitto armato (trascurando con leggiadria sul dettaglio di chi sempre l’abbia voluto e di chi sempre l’abbia subito).

Si ottiene così l’inversione dei ruoli tra perseguitati e persecutori. I discendenti dei sopravvissuti alle persecuzioni sono additati alla riprovazione e al disprezzo a causa degli effetti, veri, presunti o almeno ingigantiti, della loro cocciuta e ostinata propensione alla sopravvivenza, arrivando fino alla diretta invocazione di un odio presentato come doveroso. Contemporaneamente i continuatori delle ideologie e delle pratiche dei carnefici vengono spacciati per innocenti, vittime della “ben nota” perfidia dei primi.

Provare per credere:

La frase corretta: 4 distinte pagine web

La calunnia: circa 1600 distinte pagine web

Riassumendo il punteggio, verità-calunnia, uno a 400: questa è internet, oggi. Ma le bugie non hanno solo il naso lungo, hanno anche le gambe corte. Dall’inizio della diffusione di questo hoax ad oggi qualcosa è cambiato: pochi mesi or sono la prestigiosa testata di Torino ha messo on-line tutte le pagine dell’intero archivio storico dal 1867 a oggi.

E’ possibile quindi ricercare parole e frasi nei titoli e nei testi degli articoli. Com’era immaginabile le uniche tracce rinvenibili della frase “ognuno è l’Ebreo di qualcuno” sono solamente due articoli intorno al romanzo, pubblicati nel 1982 e nel 1995, che riportano la frase correttamente, cioè in relazione ai polacchi. Marcia verso l’Eden, La Stampa 19.05.1982 – numero 103 pagina 3

Commemorazione privata per Auschwitz, La Stampa 29.01.1995 – numero 28 pagina 4

Nel 1969 naturalmente di quella frase nessuna traccia. Nessuno stupore: allora del ‘popolo palestinese’, giusto da un paio d’anni, si stava più che altro pensando a come inventarlo. Attribuire quella infame frase a Primo Levi non dimostra solo una spaventosa ignoranza circa il suo reale pensiero (e fino a qui… se il sapere è un diritto, lo è purtroppo anche l’ignoranza).

La sua ossessiva ripetizione è invece un’aperta istigazione all’odio (in questo caso razziale) che non può più rimanere né incontrastata né impunita.

Come ti sensibilizzo il francese…

Per ricordare la nakba in Francia, un paese dove vivono più di cinque milioni di musulmani, ci voleva un evento “forte”. Ma, come ben sappiamo, i pro palestinesi europei sono pieni di inventiva e anche in questo caso non hanno sfigurato. L’associazione “Génération Palestine” ha avuto la “bella idea” di mandare i propri attivisti per le strade francesi, travestiti da soldati israeliani e mostrare “en direct” agli ignari passanti, quali e quante atrocità devono subire ogni giorno i “poveri palestinesi”.

Un ignaro bambino coinvolto nella “rappresentazione delle atrocità sioniste”

I francesi si sono cosi’ trovati implicati in una messinscena di violenze a donne e bimbi, simulazioni di stupri, umiliazioni. A giudicare dai commenti “a caldo” l’azione ha avuto l’esito sperato. Questa tecnica è sempre più utilizzata dai gruppi propalestinesi; abbandonate le noiose conferenze, sono passati direttamente all’happening. Se vi doveste imbattere in queste foto, niente paura: proprio come fu per la famosa foto della bimba schiacciata da un soldato, non si tratta di israeliani. Siete solo di fronte ad una campagna d’odio. Repliche in tutto il Paese.

Qui articolo originale e tutte le foto della “manifestazione” in PDF

Articolo già apparso sul blog Bugie dalle gambe lunghe