I negoziati di pace per tentare di risolvere il conflitto arabo/israeliano sono faticosamente ripresi. Il Segretario di Stato americano Kerry sembra seriamente impegnato nella sua missione diplomatica, ma c’è anche chi si pone decisamente al servizio delle forze politiche ostili ad ogni possibile normalizzazione.

Manifestazioni di giornalisti inscenate a Qalandia
E’ il caso del reporter palestinese Fadi Aruri, già impegnato con l’agenzia Reuters e con China’s Xinhua News Agency. Aruri, ufficialmente licenziato dalla Reuters, continua il suo sporco “lavoro” come free-lance. La campagna anti-normalizzazione non fa distinzione tra eventi politici, accademici o economici. Qualunque attività corra il rischio di normalizzare i rapporti con la “potenza occupante”, perfino quando si tratta di eventi sportivi riservati ai bambini, è ferocemente attaccata e boicottata. Cosi’, ad esempio, Fatah condanna gli incontri tra rappresentati dell’Olp e politici israeliani. Fatah controlla il sindacato dei giornalisti in Giudea Samaria e aderisce alla campagna anti-normalizzazione a proposito delle trattative di pace.
“Condanniamo la normalizzazione e chi la vuole. Tali riunioni (Olp/Israele) sono prive di contenuto politico e sono una perdita di tempo. Sono ingiustificate, a livello nazionale e politicamente “.
L’attività anti normalizzazione di Fadi Aruri si avvale, ovviamente, del suo “strumento del mestiere” , come mezzo privilegiato di propaganda. Le sue foto appaiono su AP, Apollo Images, Maan News e Al-Ayyam. Non tutti i giornalisti palestinesi sono d’accordo con questa posizione politica che rifiuta qualsiasi tentativo di pace, ma il loro dissenso lo esprimono in forma anonima, per evitare possibili ritorsioni. Cosi’, un giornalista palestinese ha raccontato a Honest Reporting i retro-scena di quelle che sono poi presentate al mondo come “legittime proteste”:
Il 17 luglio, “Aruri ed i suoi amici hanno organizzato una marcia di giornalisti palestinesi al checkpoint Qalandiya, dove hanno messo in scena uno scontro con i soldati israeliani,” ha detto l’anonima fonte.
“Gridavano contro i soldati in modo da poter ottenere foto vendibili. Guardando le foto, si nota come Aruri e gli altri si alternavano nel confronto con i soldati, in modo da potersi fotografare l’un l’altro. Non si trattava di vera protesta. Era un circo. ”
La Ma’an News Agency, con base a Betlemme, ha pubblicato in proposito quello che si puo’ definire un saggio fotografico. E la Federazione internazionale dei giornalisti ha denunciato l’IDF per le “dure restrizioni” e il suo “comportamento brutale.” Secondo la IFJ, sette giornalisti sono rimasti feriti durante la manifestazione. Ecco un esempio di una foto che Aruri ha scattato e postato su Facebook.
Nel maggio del 2012, continua la fonte
“il consolato degli Stati Uniti ha organizzato un evento a Ramallah, in occasione dell’International Press Freedom Day, e Aruri condusse la sua campagna contro gli americani. Non voleva palestinesi presenti alla manifestazione perché organizzata dagli americani. Aruri vede l’America come il nemico. Questo non ha nulla a che fare con Israele. Questo evento fu coperto dai media internazionali. Si tratto’ di un caso di stage, un evento costruito, inscenato dagli stessi giornalisti che poi ne diedero diffusione “.
Infatti, Al Aqsa Press, agenzia di stampa affiliata a Fatah, cito’ Aruri come uno degli organizzatori della protesta:
Fadi Aruri, uno dei giornalisti palestinesi, ha spiegato che i giornalisti hanno deciso di mettere in scena un sit-in di protesta contro la manifestazione organizzata dal consolato degli Stati Uniti. Egli ha osservato che il Sindacato dei giornalisti palestinesi, che rappresenta tutti i giornalisti di diversa estrazione politica, aveva chiamato al boicottaggio della manifestazione, in solidarietà con i prigionieri palestinesi.
Nonostante questo odio per gli Stati Uniti, Aruri ha ottenuto un incarico prestigioso, in seguito. Nel marzo 2013, l’Ufficio stampa gestito dall’Amministrazione palestinese, lo ha selezionato per il servizio fotografico in occasione della visita del Segretario di Stato americano, John Kerry, a Ramallah.
La settimana scorsa Mohammed Najib, un noto giornalista palestinese che lavora per la nuova stazione TV israeliana, I24 News:
“Stava lavorando nel centro di Ramallah a intervistare la gente per strada quando arrivo’ Aruri a incitare la gente contro di lui. Aruri diceva alla gente di non parlare con Najib perché lavora per un’organizzazione di propaganda israeliana. Diverse persone si radunarono intorno a Najib che non poté continuare le interviste per paura della sua vita “.
HonestReporting ha chiesto a Najib se intendesse presentare un reclamo formale ai servizi di sicurezza palestinesi e al PJS. L’appello alla “giustizia tribale tradizionale”, non ha fatto molta differenza:
“Vengono dallo stesso paese di Aruri e così agli anziani del villaggio è stato chiesto di mediare. Ma le scuse non faranno alcuna differenza, perché il danno è già stato fatto. E le scuse non aiuteranno il prossimo giornalista israeliano che sarà attaccato in Cisgiordania “.
Il giornalista israeliano Yoram Cohen era a Ramallah per una conferenza stampa, quando alcuni giornalisti palestinesi protestarono contro la sua presenza. In quell’occasione, il Jerusalem Post scrisse:
Il tentativo di Cohen per spiegare di aver ricevuto il permesso dal vice ministro dell’informazione dell’Amministrazione palestinese per coprire la conferenza stampa non ha convinto i giornalisti, che gli hanno chiesto di andarsene immediatamente. Il funzionario palestinese ha negato di aver concesso il permesso a Cohen.
Aruri fu uno degli ideatori della protesta.
Ed è sempre Aruri che ha condotto la campagna di boicottaggio contro l’apertura del punto vendita Fox, compagnia israeliana di vendita di abbigliamento, a Ramallah, boicottaggio che è costato ai palestinesi centinaia di posti lavoro persi. Dice Aruri in proposito:
“L’apertura di Fox a Ramallah è un macchia di disonore alla luce delle richieste di boicottaggio dello Stato di occupazione e dei suoi prodotti.”
Aruri ha anche accusato il Ministero dell’Economia dell’ Amministrazione palestinese di facilitare l’ingresso dei prodotti israeliani sul mercato palestinese, permettendo di lavorare nei territori palestinesi ad aziende israeliane e commercianti. E’ sempre la fonte di Honest Reporting a parlare:
“Aruri ha diritto alle sue opinioni, ma una volta diventato un vero attivista, è molto immorale per Xinhua, Reuters o qualsiasi altro mezzo di informazione, fare affidamento su di lui. Se è coinvolto in attività politiche, è un problema etico. Reuters avrebbe mai assunto un “colono” come suo corrispondente da Gerusalemme? “
Fadi Aruri ha irresponsabilmente offuscato il confine tra giornalismo e attivismo, sollevando interrogativi importanti per la comunità giornalistica. Perché Xinhua e Reuters continuano la loro collaborazione con lui? Qual è il vero motivo che spinge i giornalisti palestinesi schierati contro la normalizzazione a voler lavorare in Israele? Chi sono gli altri fotografi che hanno manifestato al checkpoint Qalandiya? E in quali agenzie di informazione sono impiegati? La Federazione internazionale dei giornalisti è pronta a condannare Aruri e gli altri fotografi con la stessa rapidità che impiega nel denunciare Israele? La comunità dei giornalisti è pronta a criticare Aruri? Come dovrebbero rispondere i giornalisti israeliani alle intimidazioni da parte dei loro colleghi palestinesi? Quanto sono affidabili i fotografi palestinesi? Possono i funzionari americani contestare le scelte del Palestinian Press Organization? E soprattutto, chi guadagna dalla non-normalizzazione del conflitto? Di chi cura gli interessi Aruri?
Grazie a Honest Reporting
Sulla manipolazione mediatica vedi anche
http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/09/20/la-raffinatissima-sensibilita-degli-esperti/
http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/07/11/fauxtography/
http://bugiedallegambelunghe.wordpress.com/2012/07/09/credimi-ti-sto-mentendo/
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